venerdì 29 marzo 2013

Buoni e Cattivi: Superuomini con Superpoteri idioti che pestano come fabbri ferrai



Oggi ho deciso di accompagnarvi oltre il velo del mistero.
Celate al nostro sguardo, forze indefesse si combattono senza requie per la prevalenza dell'Ordine o del Caos, plasmando il quotidiano tran tran delle nostre piccole e incasinate vite.

Avevo in mente un'introduzione pomposa, epica e a effetto, in cui si parlava di eterna lotta tra il Bene e il Male, di manichea divisione del mondo tra bianco e nero, tra luce e ombra, tra buoni e cattivi.

Poi mi sono ricordato di quando ho provato una demo di Drako a Ludica Roma, e della spiegazione che un meraviglioso omino con occhialetti tondi e capelli lunghi ci ha fatto delle regole, che principiava grossomodo così: «'nzomma, uno fa 'r drago e uno fa i nani…», e ho rimembrato che il più vero e profondo Epos risiede nella scarna essenzialità.

Insomma, ci stanno i Buoni e ci stanno i Cattivi, e se le danno di santa ragione.
A colpi di micidiali arti marziali, studiate con diligenza e dedizione e raffinate nel corso degli anni, al fine di pestare doverosamente i bulli che li scherzavano per i loro superpoteri ridicoli e imbarazzanti.



I Buoni



Asterisk Neglecter

Descrizione: atletico, piccolo e scattante. Dietro al suo sguardo guizzante e penetrante si nasconde una mente rapida ed efficiente. Porta i capelli rasati a pelle, non ha alcun piercing, tatuaggio, non indossa alcun ninnolo. Nel suo sobrio costume, un completo underware termico da sport estremi acquistato alla Decathlon, incarna il principio estetico del trionfo della funzionalità sull'orpello.
Stile di combattimento: sin dalla tenera età ha praticato con ferrea convinzione e fredda efficacia il Krav Maga, ispirato dalla propria fede nel pragmatismo: provocare nei bulletti molesti che lo scherzavano la maggior dose di pedagogico dolore con il minimo sforzo.
Superpotere: amante dell'informatica e smanettone per vocazione, si è accorto già in tenera età della sua capacità prodigiosa. Aveva undici anni. Sul monitor di fronte a lui soltanto il form di registrazione lo separava da una quantomai formativa sessione masturbatoria a base di amateur threesome. Quel maledetto asterischino rosso accanto al campo "numero carta di credito", unico ancora non compilato. In un frustrato, rassegnato ed impotente atto di sfida, egli premette comunque Invio. E fu allora che l'impotenza si tramutò in potere: la registrazione fu completa, l'orgasmo assicurato. Ma ben più grande era il valore di quell'attimo: un nuovo superuomo era nato, con il Potere Di Ignorare L'Asterisco Del Campo Obbligatorio E Completare La Compilazione Del Form Lo Stesso.
Attività: trascorsi i primi anni dell'adolescenza ad ammazzarsi di seghe a surfare libero attraverso le maglie della rete, malmenando i bulli a suon di dolorosissime chiavi articolari di israeliana origine e ordinando in seguito a loro nome interi container di bambole gonfiabili dagli USA da pagare in contrassegno, la sua vita fu sconvolta un sabato pomeriggio. Dalla visione del primo Spiderman di Sam Raimi apprese che grandi poteri comportano grandi responsabilità. Da allora aiuta la povera gente a superare gli ostacoli alienanti e frustranti con cui la plutocratica burocrazia della rete vessa i suoi sudditi.


D-Layer

Descrizione: volto perennemente rubicondo e paonazzo, capelli fluenti ma ineluttabilmente scarmigliati. Di bell'aspetto, ma con un non so che di costantemente fuori posto. Non indossa un costume specifico, in quanto le sue strategie sono basate sulla mimesi e sulla dissimulazione.
Stile di combattimento: all'età di otto anni, dopo l'ennesimo ritorno a casa in lacrime per aver subito il furto della merenda, corredato di pestaggio superficiale (qualche scappellotto, spintone e pedata nel sedere, il kit base, insomma) da parte dei ragazzini più grandi, la mamma decise di iscriverlo ad Aikido, più per rimpolparne l'autostima che per creare una macchina di morte. Le conseguenze non erano previste. Il corso era il lunedì, mercoledì e venerdì dalle cinque alle sette. Lui non smise mai. Adesso è istruttore, insegna ai bambini.
Superpotere: lo stesso D-Layer non saprebbe dire quando si è reso conto della sua facoltà sovrannaturale. È qualcosa che ha sempre fatto, da quando ha memoria. La sua prodigiosa capacità è ciò che gli permette di dribblare con stile e maestria una larga fetta di imbarazzi sociali. Egli ha il Potere di Far Ritardare La Gente Con Cui Ha Un Appuntamento Se Anche Lui È In Ritardo Fino A Che Non È Arrivato.
Attività: ha raffinato in segreto la propria capacità per anni, arrivando a poter ritardare l'arrivo di persone che erano già partite nel momento in cui lui veniva invitato all'appuntamento in questione. Il raggiungimento di questo grado di maestria lo ha spinto a mettersi al servizio del prossimo, regalando a molti bravi cittadini preziosi minuti di tempo extra, con cui poter salvare situazioni di vitale importanza.
Eroe dei fidanzati distratti e degli esaminandi, è la nemesi giurata di Warden-Summoner.


Squatter Parker

Descrizione: che dire? È un samoano di centottanta chili. Altro? È ricoperto di tatuaggi, dalla fronte al prepuzio. Veste sempre un elegante blazer blu, sul quale indossa un mantello con su un'enorme P bianca in campo blu, ma è difficile vederlo, dal momento che passa la maggior parte della propria esistenza dietro vetri fumé.
Costantemente alla guida della sua Hummer Limo, sfreccia come un missile tra le anguste vie dei centri storici delle più antiche città europee.
Stile di combattimento: di corporatura mingherlina, verso i dodici anni sviluppò una viscerale passione per il Sumo, arrivando a far proliferare la propria massa corporea a livelli fisiologicamente insostenibili, pur di seguire la via del guerriero divino. Non si ha notizia di una sua sconfitta sul ring.
Curiosità: forse l'unica persona al mondo di cui ci si bullava da magro ma non più da obeso…
Superpotere: sfrecciando per le vie di Samoa a bordo della Fiat 127 del nonno, si accorse a un certo punto che qualcosa non tornava. Decise di approfondire lo studio di questa stranezza, che pareva sovvertire le leggi della statistica, fino a che non giunse a comprendere di possedere una capacità paranormale che lo rendeva, di fatto, il più potente dei Buoni: il Potere Di Far Liberare I Parcheggi.
Attività: da quando ha riconosciuto l'enorme potenziale racchiuso nella propria natura, sentendo bruciare forte in sé il fuoco dell'onore e del dovere, è partito per la sua personale crociata. Da allora sfreccia per i centri storici delle più antiche città europee, liberando parcheggi per quegli onesti automobilisti stremati dal traffico urbano che hanno l'enorme fortuna e il raro privilegio di incrociare, inconsapevoli, la sua strada.





I Cattivi



Crumbshifter

Descrizione: è alto e magro, rosso di capelli e dalla carnagione pallida e lentigginosa. Non è bello di lineamenti, ma nel suo sguardo arde una fierezza spavalda che spinge chi lo osserva a prenderlo sul serio. Il suo costume unisce le divise di un venditore da chiosco e una cameriera da hotel. Spinge sempre un carrello portavivande, come quelli che vengono usati su treni e aerei, carico di toast, fette biscottate, biscotti secchi, patatine, salatini e snack asciutti assortiti.
Stile di combattimento: pratica la Boxe dai tempi delle medie. Non c'è molto da dire, tranne che tira delle cartelle nei denti che lasciano tanto dolore e pochi denti.
Superpotere: scoprì di essere dotato di capacità sovraumane all'età di tredici anni, al campeggio estivo. Il fastidio che provava per i rumorosi e grossolani compagni di camerata era pari soltanto a quello per le briciole che ricoprivano di un marrone strato croccante ogni superficie dopo la colazione a base di gallette. Non fu facile fare il collegamento. Le briciole erano sparite, una mattina, di punto in bianco. Al contempo i suoi compagni di camerata avevano iniziato ad impiegare un tempo infinito per addormentarsi. Si rigiravano nei letti per intere mezz'ore, emettendo gemiti di infastidita scomodità.
Solo alla fine comprese: aveva sviluppato il Potere Di Teletrasportare Le Briciole Che Produci Mangiando Direttamente Nel Tuo Letto.
Attività: una volta scoperto il mirabolante talento che padroneggiava, la sua anima nera non conobbe più sazietà.
Crumbshifter gira il mondo, la sua meta luoghi di vacanza e relax, o dormitori e abitazioni di studenti universitari. Lì inonda i loro letti con tutte le briciole che essi sono in grado di produrre, per il solo piacere di esercitare il Potere e saziare la fame di malvagità del proprio animo corrotto.


Warden-Summoner

Descrizione: è basso, esile, con le spalle a gruccia e la testa a palla. È praticamente privo di mento e il riporto che gli copre la generosa stempiatura sta sempre ritto da un lato, come animato da una costante folata di vento inesistente.
Il suo costume è composto da un abito nero sgualcito, sotto cui indossa una camicia bianca e una cravatta brutta col nodo storto e fatto male. Porta sempre con se una cartelletta, logora sugli angoli e di color grigio indefinitezza.
L'accessorio che subito salta all'occhio, suo simulacro, è uno smartphone satellitare del valore di qualche migliaio di euro.
Stile di combattimento: Warden-Summoner non ha iniziato troppo presto lo studio delle arti marziali. Tuttavia l'impegno metodico gli ha permesso agevolmente di colmare ogni lacuna, portandosi in breve al pari dei propri nemici ed alleati in quanto a micidialità.
Egli pratica il Wing Chun, specializzato in una micidiale tecnica: la penetrante raffica di pugni a catena, la cui potenza distruttrice non origina dalla forza bruta bensì dalla pervicace pertinacia.
Superpotere: le prime avvisaglie si ebbero a quattordici anni, quando studiava per il compito in classe di diritto dell'indomani, mentre il figlio dei vicini metallaro ci dava dentro di brutto con gli Iron Maiden. In seguito, il suo temperamento, pignolo e intollerante al contempo, lo mise ben presto nella condizione di constatare che quanto avveniva aveva del sovrannaturale.
Egli comprese così di possedere il Potere Di Chiamare I Vigili E Farli Arrivare Davvero.
Attività: nella sua malvagia e delirante bramosia di ordine distopico, Warden-Summoner si aggira indefesso per i centri delle più grandi città del mondo, manipolando la forza pubblica per rivolgerla contro l'inerme cittadino che essa stessa ha giurato di proteggere.
Nelle sue scorribande fa spesso coppia con Ticket-Trickster, mentre la sua nemesi giurata è D-Layer.


Ticket-Trickster

Descrizione: è estremamente basso, magro ai limiti del rachitismo. Ha naso, mento e orecchie allungati e appuntiti, capelli lunghi e scarmigliati. Procede curvo e con le ginocchia un po' flesse, sfregandosi di continuo le mani una con l'altra. Sul viso ha il sorrisino beffardo di chi ha l'aria di sapere qualcosa che gli altri non sanno.
Insomma, assomiglia a un goblin. Tant'è che il suo costume è un completo casacca e calzamaglia verde (in realtà è un costume da Robin Hood comprato da Toys'r us).
Stile di combattimento: studia il Ninjutsu da quando è bambino. Incantato come tutti i membri della sua generazione dai protagonisti dei cartoni giapponesi, è stato uno dei pochi ad avere la tanto rara doppia fortuna: vivere in una città in cui aveva sede una scuola della un tempo scarsamente diffusa arte e avere dei genitori che ritenessero la sua intenzione di praticarla quanto di più ragionevole e legittimo.
Divenne famoso tra gli sboroncelli del quartiere per la sua abilità di infliggere dolorosissimi e pruriginosissimi taglietti tra le dita e agli angoli della bocca con lanci mirati di figurine Panini shuriken.
Superpotere: abitando davanti a una rinomata pasticceria, non trovava mai parcheggio per il motorino, perché gli innumerevoli avventori che andavano e venivano, con in mano immani vassoi di paste, parcheggiavano costantemente nel parcheggio dei motorini.
I vigili facevano il loro dovere, quando passavano di là, ma per Ticket-Trickster ciò non era abbastanza. In lui l'odio covava e non aspettava altro che un pertugio attraverso il quale riversarsi all'esterno.
Fu ascoltando stralci di conversazioni alla pasticceria sotto casa, lamentele di automobilisti indignati, che comprese che il proprio odio non fluiva invano. Seppe in quel momento di aver acquisito il Potere Di Far Sparire Le Multe E Fartele Arrivare Poi Tutte Insieme A Casa Con Le Maggiorazioni Del Caso In Cartella Esattoriale Di Equitalia.
Attività: chi infrange il codice stradale deve pagare. Sempre. Comunque. Di più. Questo è il nero credo di Ticket-Trickster.
Egli si aggira per le vie delle città del mondo, alla ricerca di trasgressori multati a cui appesantire magistralmente la pena.
Poiché, tuttavia, la forza pubblica si dimostra spesso negligente e inefficace, tende a fare coppia con Warden-Summoner, per massimizzare i nefasti effetti della sua battaglia personale.


Rotter

Descrizione: alto e longilineo, di corporatura esile. Ha lineamenti scavati, naso aquilino, espressione arcigna. Porta i capelli lunghi con la divisa in mezzo, il cui color corvino contrasta fortemente con la pelle bianca.
Indossa sempre un abito elegante di fine ottocento e non si separa mai dal suo fedele bastone da passeggio, che nasconde in un'estremità un pennarello e nell'altra un bianchetto.
Stile di combattimento: versato nella Scherma come pochi, che pratica impugnando il suo solido e inseparabile bastone, eccelle anche nel Karate Kyokushinkai, di cui rispecchia la durezza e la severità.
Superpotere: Rotter ha studiato per lunghi anni al fine di padroneggiare il potere. Il suo talento non è frutto di un inconsapevole risveglio celato nel sangue o nell'anima. Deriva invece dalla dedizione con cui ha percorso la via della conoscenza.
Discepolo del Maestro Put-Off, a sua volta discepolo del leggendario Gran Maesto Post-Pon, egli raffinò per due decenni l'Arte segreta della Procrastinazione.
Nel monastero si narravano grandi leggende sul Maestro Put-Off. Si diceva che fosse stato in grado di ritardare di mesi la scadenza di bollette sia del gas che della luce, e persino dell'ADSL.
Del venerabile Post-Pon si raccontava addirittura che fosse riuscito a rimandare sessioni di esami universitari di intere settimane e a non far pagare il Sette e Quaranta a tutto il villaggio del Borsello Cadente per cinque lunghi anni, fino alla fine della crisi dell'euro.
Tuttavia, dopo anni di studio e dedizione, Rotter era sì padrone dell'Arte segreta della Procrastinazione, ma non dei tumulti del proprio animo.
La malvagità crebbe potente in lui e lo spinse a rivoltare quanto appreso, cedendo al lato oscuro. Egli sviluppò così il Potere Di Anticipare La Data Di Scadenza Degli Alimenti.
Attività: Rotter ora gira per il mondo, introducendosi nelle case della gente e facendo scadere con due soli colpi precisi di bianchetto e pennarello interi frigoriferi di roba. Predilige le case di studenti universitari, forse invidiando loro gli anni spensierati che lui al monastero non ha mai vissuto, e rendendosi causa di amicizie infrante per sempre e memorabili dissenterie.

giovedì 28 marzo 2013

Spam per amore - Pierre non esiste


Fino a pochissimo fa, il sottoscritto era considerato un addetto ai lavori dell'editoria italiana. Probabilmente l'avevo già detto, ma sapete, l'età. Curavo una collana di narrativa, mi occupavo di editing e selezione dei manoscritti. Sì, potete mostrarmi un bel cartello con su scritto "chissenefrega", ma la cosa più importante, oltre a giustificare questo cappello introduttivo, è che avevo le mie meravigliose mani da pianista ben immerse nel fangoso reame della piccola editoria. Un mondo al contrario, à la Bizzarro della DC Comics, in cui sono gli autori a investire su se stessi e gli editori sono poco più di agenti redazionali che lavorano a pagamento, azzerando il rischio d'impresa e, soprattutto, qualsivoglia forma di merito culturale.
Chiunque scriva per passione sa cosa significa: se non hai un manoscritto di un genere che tira quel semestre o non sei un ex alcolizzato finito in galera per omicidio plurimo, difficilmente vedrai il tuo lavoro pubblicato senza scucire ennemila euro. E c'è chi ti chiede anche di ringraziarlo per aver creduto in te, poi.

Vero, non sembra una bella situazione. Non lo è, del resto. Però sono una persona ottimista e ho una fiducia immensa nella mia generazione e in ciò che può fare, a dispetto di tutto. I nostri padri, per quanti danni possano aver fatto e continuino a farne con la loro miopia e inadeguatezza al cambiamento, non potranno fermare la passione di persone che hanno ancora il coraggio di cambiare, nel loro piccolo, le regole del gioco.
Fra queste persone ci sono Lorenzo Vargas, Matteo Stella e Annamaria Dassori. Stanno preparando un libro. Una cosa apparentemente semplice, un romanzo. Pierre non esiste, per l'appunto. Il primo scrive, il secondo illustra e la terza si occupa della grafica editoriale e del progetto di copertina.
Anche soltanto cinque anni fa avrebbero dovuto chinare il capo e spedire il loro lavoro in giro per l'Italia, sperando che qualcuno avesse almeno la decenza di rispondere, anche soltanto come pura forma di educazione. Solo cinque anni fa si sarebbero impuntati sull'importanza di avere il marchio di una casa editrice sul piatto e sul dorso della coperta, di avvalersi di una distribuzione libraria attraverso canali canonici, con il suo bel codice ISBN in quarta. Cinque anni fa si sarebbero tuffati nel tritacarne del publishing tricolore e chissà come ne sarebbero usciti fuori.
Ma siamo nel 2013 e i tre se ne sono accorti, fortunatamente. Mentre certi soloni che hanno il coraggio di parlare di cultura continuano a pubblicizzarsi in televisione con il sol scopo di spillare soldi a scrittori ingenui, loro hanno deciso di percorrere un'altra via, quella del self-publishing attraverso indiegogo, una delle più importanti piattaforme di crowd funding al mondo.


Se tutto andrà secondo i piani, a maggio presenteranno il loro progetto ai potenziali lettori e lasceranno che siano loro, con il loro denaro, a decidere se il manoscritto meriti di essere pubblicato o meno. Niente contratti con percentuali di ricavo sul venduto ridicole, niente anticipi di tasca propria, niente SIAE, niente gestione quasi decennale dei diritti da parte di terzi, in genere troppo scemi per saperne cosa fare; se abbastanza persone saranno interessate all'opera riceveranno una copia fisica, altrimenti pazienza, si vede che non era cosa.
Detto così sembra poco, ma trovo sia un'approccio onesto, democratico ed economicamente sostenibile alla soluzione del problema di cui parlavo nel primo paragrafo. Sembrerà una frase da collettivo politico universitario, ma è ora di mostrare che un altro mondo editoriale è possibile.

Sono stato troppo enfatico? Probabile. Ma ho toccato un argomento che mi sta molto a cuore e, comunque, state tranquilli che ora segue l'intervista di rito, in cui mi sono reso più ridicolo del solito.

Les damoiselles de l'Indiegogo, A. "Mepheesto" Dassori, Pierre su Tela.

Nedo: Eccoti le domande, più o meno scritte alla brasiliana. No, non nel senso che giocano a pallone bene per sei anni e poi vengono beccate sovrappeso, strafatte di cocaina in compagnia di trans, ma, diciamo, con ordine fantasioso.

Lorenzo: E io che pensavo che le domande alla brasiliana fossero scritte dopo l'epilazione integrale.

Per quanto tu ci tenga a sottolineare come il romanzo sia farina del tuo sacco e chi prova a toccarlo sono botte fortissime e calci e sputi sonici nei bulbi oculari, apprezzo l'idea del progetto come uno sforzo collettivo di anime dal background culturale (pardon, rigurgito milanese da brunch la domenica mattina, non lo faccio più) eterogeneo. Come vi siete incontrati e, soprattutto, da cosa è nata l'idea di mettervi in gioco come team?

Improvvisazione, in realtà. A seguito della sciagurata notte in cui è stata partorita l'idea per l'intero bailamme, mi sono chiesto semplicemente se conoscevo delle persone adatte al mestiere e sono stato estremamente fortunato a beccare due così bravi artisti. Di fatto questo manoscritto ha almeno un paio d'anni in più di quanti ne dimostri e originariamente copertina e illustrazioni le avevo fatte da me. Nel momento in cui, però, ci si affida al pubblico, con un'opera che si sovvenziona quasi sulla fiducia, non me la sentivo di dare, a fianco al testo, un lavoro grafico non altrettanto degno. In soldoni, ripeto, è stata una questione di culo. Matteo è il mio coinquilino e Annamaria un'amica. Il fatto che loro siano dell'Accademia e io di Giurisprudenza si spiega facilmente coll'irrefrenabile istinto della fuga nei confronti della mia facoltà.

Pierre non esiste è stato riassunto da qualcuno come «La Coscienza di Zeno sotto acidi». A parte mecojoni, ché veder paragonare una propria creatura al capolavoro di Svevo non è mica roba da pizzicagnolo che si segna il sommerso su carta oleata, vorresti spiegarci un po' più nel dettaglio di cosa tratti il romanzo? O anche le sue tematiche, per dire. O i personaggi. Boh, vedi tu. Hai però l'obbligo di utilizzare le seguenti parole all'interno della tua risposta, dando loro un senso compiuto: salice, trivella, Zagabria, curcuma. Hai dieci minuti, poi passo a ritirare il foglio.

In realtà la definizione non era intesa riguardo la statura qualitativa del romanzo. Ok, è figo, ma dopo certe soglie di considerazione tocca attendere il giudizio dei posteri. Il fatto è che La Coscienza di Zeno è caratterizzata da questi lunghi svarioni di filosofia più o meno pratica che accompagnano la narrazione fattuale. Solo che lì è Zeno che si ammazza di pippe mentali, qui si tratta di vere e proprie allucinazioni alla A beautiful mind o ancora meglio alla scena del trippone lisergico ne Il Grande Lebowski, magari un po' più tragica. La storia in sé parla di un uomo che dall'infanzia soffre di una grave allucinazione paranoide che si autoidentifica col nome Rho. Attraverso tutta una serie di quesiti (*cough Accademia della Crusca*) escatologici, l'allucinazione se lo porterà per la manina in un percorso conoscitivo che avrà poi conseguenze piuttosto gravi sulla realtà stessa. Anche il personaggio del resto, ha un che dell'inetto di Svevo, ma così sto facendo lo sborone. Lasciamo un po' di suspance.

Non vedo le parole che avevo richiesto. Ti darò un tre sulla fiducia.
A differenza dei nostri ospiti della scorsa settimana, avete deciso di saltare direttamente la strada della pubblicazione "canonica", sfruttando un canale di crowd funding per racimolare i fondi necessari alla stampa. Siete arrivati a questa soluzione dopo aver preso una notevole musata contro l'ottuso mercato editoriale italiano o è una scelta etica con un ragionamento a monte? Ci tengo a sottolineare che, qualsiasi sia la risposta, gradirei che ripetessi anche tu "ottuso mercato editoriale italiano". Grazie.

Premetto che Annamaria e Matteo sono subentrati di recente, quando ancora non c'era l'idea del crowd funding. Sì, ho sbattuto a mo' di mosca sul vetro contro l'ottuso mercato editoriale italiANO, più e più volte. Reiteratamente. Fino al masochismo borderline. Alla fine mi sono (mi si perdoni il francesismo) fracassato le palle. La questione è che il sistema in realtà ha regole molto più chiare di quanto si voglia far pensare, ma non si possono tarpare le ali a un potenziale capolavoro (non necessariamente il mio) solo perché non si vogliono rischiare i due pippi della stampa del volume. È una cazzata. San Internet ci fornisce questo magggico magggico strumento di democrazia e allora tanto di guadagnato. Non stiam mica qui a condire i salici di Zagabria con la curcuma usando impratiche trivelle. Eh. Tocca combattere con ciò che si ha per le mani.
Certo, lo sbattone è immenso, ma sai come ci spariamo le pose dopo?
Con tutti i migliori auguri a Nerdheim, per altro, se tutto andrà bene, l'esperienza della pubblicazione per crowdfunding si rifarà col mio prossimo libro e sarei onorato se gente di belle intenzioni come quella partecipasse come uno dei romanzi da pubblicare.

Ah, vedo che hai provato un salvataggio in extremis. Le darò allora un sei, ma si prepari prima la prossima volta.
Posso affermare che sei un giovane scrittore, per giunta senza sembrare Scalfari che dà di pischello anche al mio bisnonno morto nel Sessantuno. Non so se posso rivelare quanto giovane, ma diciamo che alla tua età avevo ventun'anni. Non molti under venticinque hanno un intero manoscritto pronto per la pubblicazione, ancor meno sono quelli con una tale fiducia nel proprio lavoro da volerne fare un libro, a dispetto di tutti. Quand'è stato il momento in cui ti sei guardato allo specchio (possibilmente nudo) e hai capito che, forse, avevi qualcosa di tuo da dire al mondo? E quali sono stati i tuoi zii putativi, per quanto riguarda la letteratura? Ah, Bukowski non vale. Occhei essere hipster, ma insomma.

Secondo me non è vero. Ho ventun'anni e sto al mio quarto romanzo, ma non sono mica Superman. Sono sicuro che se ne cade lì fuori di ottimi autori italiani, che però non possono pubblicare perché eh, ti avevamo lasciato un posto in scaffale ma è arrivato l'ultimo di Pippo Franco, disdetta!
Credo molto in questo libro. Quello che tento di fare è raccontare qualcosa senza scrivere libracci pieni di significati ma poco comunicativi. Scrivo perché la gente mi legga e non per far vedere quanto enorme sia il mio sapere (leggasi: "Pene", leggasi: "salve, sono Umberto Eco"). In senso meramente cronologico, l'idea di questo progetto è arrivata a un anno e mezzo dal completamento dell'ultima correzione del romanzo dopo un'orrenda notte insonne.
I miei zii putativi. Ti dirò, Bukowski mi piace, per carità, lo trovo molto poetico, ma preferisco García Márquez (Dell'amore e d'altri demoni), Emmanuel Schmitt (Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano) e sopra a tutti, con tanto di aureola, c'è Neil Gaiman, un uomo che riesce a fare di tutto, dai fumetti (Sandman), ai romanzi (American Gods), ai posaceneri di terracotta e viene sempre una mostruosa figata. Tanto sborone che pure sua moglie è la mia musicista preferita. Bah.

Ultima domanda, la più importante: ti chiami Lorenzo Vargas davvero o è uno pseudonimo? Nel primo caso, posso provare dell'invidia per la naturale attinenza del tuo cognome a un lavoro estremamente artistico?

Sì, mi chiamo davvero Lorenzo Vargas. Invidia pure, del resto non ti sei sentito mai chiamare all'appello di un'esame di diritto con un nome da pornoattore tipo Vergas. Da un grande potere derivano grandi responsabilità!



Se volete seguire il progetto da vicino e sapere quando partirà la campagna di crowd funding, potete iscrivervi alla loro pagina ufficiale.
Se volete un sunto della trama, il blog di Lorenzo contiene una scheda del romanzo e il primo capitolo integrale di Pierre non esiste.
Se avete letto da giovani un sacco di libri game, avete scelto di acquistare la mazza splendente di Krog-Hamar e volete usarla contro il Meta-Drago Krakrakrikrekr, andate a pagina 78 (SPOILER: morirete).


Ricordatevi che l'iniziativa "Spam per amore" è sempre disposta ad accettare le vostre proposte. Se non vi ricordate o non sapete come funziona, seguite questo link.

mercoledì 27 marzo 2013

12 copertine assurde, improbabili e tarocche made in Siria

Per quelli della mia generazione, a passo spedito verso i trenta con il Telepass montato per esser certi di arrivarci senza fare la fila, il discorso sulla pirateria nei videogiochi non si esaurisce con le delizie pescate nei torrenti o trainate dai muli, né con la barbosa dialettica se sia giusto o sbagliato usufruire di un prodotto senza pagare il costo di una licenza ai legittimi proprietari. 
Sembra pazzesco a ripensarci ora, ma per i pischelli armati di Commodore 64 o Amiga, il concetto di "copia originale" era fumoso come un'oppieria nell'ora di punta, con negozi di informatica ed edicole che vendevano videogiochi dotati sì di scatola e manuali, ma che erano prodotti clandestinamente in qualche scantinato o in una losca impresa a delinquere della bassa Calabria. 
In quel momento, però,  non ci sembrava strano, ché la distribuzione delle copie legittime sul suolo nazionale era orrenda e potevi passare la tua intera vita di bamboccio delle elementari senza vedere con i tuoi occhi una confezione originale di un videogioco per home computer.

La pirateria era certamente un meschino metodo per arricchirsi con il lavoro altrui, ma nondimeno offriva un servizio a noi giovani virgulti, la cui domanda di giochini spettacolosi non era soddisfatta da un'offerta adeguata e capillare sul territorio. 
Senza le copie tarocche, probabilmente non avrei mai giocato a Turrican o Speedball 2, più per limiti logistici che economici (i giochi piratati non li regalavano, ve l'assicuro).
Dopo il boom dei venditori ambulanti con le copie di titoli per la prima Playstation (ci vorrebbe un articolo solo per questo...), in Italia la situazione si è più o meno normalizzata nell'ultimo lustro, con i pirati che piratano e il resto del mondo che può acquistare le proprie licenze praticamente ovunque, sia nelle catene d'informatica di consumo sia nelle miriadi di negozi online. Il fine artigianato tarocco dello Stivale è praticamente scomparso, un ricordo nebuloso, perso nelle sottili nebbie di Last Ninja.

Ci sono però Paesi che tengono ancora alto il vessillo della copia illegale. Paesi che non si piegano a sciocchezze come "legalità", "decoro", "stile", "coerenza". Paesi come la Siria, per esempio, e la sua fantomatica "Syrian Games", massima produttrice di taroccate del Medio Oriente.
Non solo promuovono e vendono giochi pirata, come se fosse la cosa più naturale al mondo. No. Ne modificano le copertine, per venire incontro ai gusti raffinati del loro mercato di riferimento. Ed è qui che le cose si fanno davvero interessanti. E per "interessanti" intendo "completamente fuori di capoccia".

«Nedo, ci stai dicendo che oggi te la cavi con una carrellata di copertine tarocche improbabili?»
«Sì. Non si capiva dal titolo? Basta con le domande, stupida voce nella mia mente, ché devo principiare suddetta carrellata.»



Chi non si ricorda quella parte di GoldenEye in cui Hannibal fuma il sigaro e sbotta spesso con un «Adoro i piani ben riusciti»? Nessuno? Sicuri? E dire che ero convinto del contrario.



Ora si spiega perché tutti fanno fatica a trovare Carmen Sandiego; certe operazioni fanno miracoli, oggigiorno. Nathan Drake l'ho sempre detto che era un po' ambiguo, comunque.



Qua hanno provato a metterci effettivamente Snoopy, ma poi, si sono chiesti: «Perché non aggiungere un 75% di panda in più sulla copertina? Tutti amano i panda, anche quando sono parte di un'orribile chimera che mi darà incubi per gli anni a venire».



Il canale HBO non è innovativo solo nelle sue serie televisive e nei suoi format; la loro boxe prevede l'uso di nunchaku, gilet d'Ali Baba e copiose quantità di gel.


Il catalogo Syrian è pieno di versioni fantasiose (in genere moddate a caso) di GTA: San Andreas. Ma una roba che guarda. Menzione d'onore per 3 in 1, in cui puoi percuotere prostitute con un dildo gigante impersonando Mario, Sonic e Spongebob.  
Non male, va detto, anche l'iterazione supereroistica, con l'opzione di muoversi per San Andreas nei panni di SUPERMTAN, Batman, Spiderman, The Mask e... Zorro. In Siria va ancora di moda il nobilotto con il baffo da pornoattore? Seriamente?



E niente, c'è anche San Andreas con Kirk Douglas come protagonista. Mi fa male la testa solo a pensare a chi possa interessare una cosa del genere. Zorro ora sembra cinema post-moderno, in confronto.



Questa è un'opera d'arte. Non credo di meritarmi un commento.



 Un bellissimo gioco sul safari, in cui il canguro di Tekken ti prende a crocche fortissime in faccia. Qua si supera la frontiera del realismo. Con i documenti falsi.



Se non c'è dolo qua, non so più cosa significhi il termine. A meno che non sia un gioco inedito in cui l'Universo di Star Wars viene invaso da quello di Star Trek. No. Pulitevi la bavetta, sapete bene essere una pessima idea.



Questa cosa non ha nessun senso compositivo, cromatico e financo filologico, ma sono disposto a firmare una petizione per avere Geralt al posto del Nino D'Angelo sotto steroidi.



«Di cosa parla questo fps?» «Di un tipo che spara un sacco.» «E il gioco si chiama Black?» «Sì." «Perfetto. Mettici un negro con un fucile e smarmella roba colorata dietro. Dà quell'effetto "Crisi a Nairobi" che piace a tutti.»


Ma ce ne sarebbero milioni di altre. Ma che dico: MIGLIONI. Purtroppo, il sito della Syrian Games è stato chiuso dai suoi proprietari, forse per non rischiare che qualcuno dalle risate passasse a napalm e stupri rituali.

Sul sito della Gameological Society, però, ne troverete un altro bel mucchio. Lacrime ridarelle assicurate.

martedì 26 marzo 2013

Mamma, internet mi ha rotto Magic!

Alzi la mano chi di voi non ha mai fatto almeno una partita, anche solo dimostrativa, a Magic
Pochi, come immaginavo. 
Ora alzi la mano chi non ha mai nemmeno sentito parlare di Magic. 
Voi due, in ultima fila, andate subito dal vostro negoziante di fiducia e fatevi fare una demo; qui non si può stare a parlare di fantastico senza essere informati sull’esistenza del capostipite di un genere ludico diffuso come i Giochi di Carte Collezionabili (GCC).

Bene, voialtri spegnete i cellulari e prestate attenzione, qui oggi si parla di storia del GCC. Dovete sapere che il vostro insegnante ha iniziato nel lontano 1995, quando sugli scaffali dei negozi c’erano ancora Ice Age e 4° edizione.
Cos’è quel mormorio tra i primi banchi? Avete comprato la prima busta il giorno della release nel 1993 e pensate di saperne più di me? Probabilmente è così, fatevene una ragione, succede anche nelle scuole classiche.
Dov’ero rimasto? Ah sì, diciamo che posso definirmi a tutti gli effetti un giocatore piuttosto datato. Da che mondo è mondo, i giochi di carte tirano fuori il lato più competitivo delle persone, basti guardare l’effetto “circolino di paese”. Ognuno pensa di saperne più di quell’altro, si urla allo scandalo quando si scivola in una giocata sbagliata o presunta tale e gli sfottò sono all’ordine del giorno. Un grande classico è “ma che vuoi saperne tu, io gioco a Magic da prima che tu nascessi”. 
Le abitudini, si sa, son dure a morire e mi è capitato anche di recente di rispolverare l’ormai desueto repertorio.
Ragazzino-trovato-al-negozio: «Secondo me Vattelapesca è meglio di Sbiringuda in questo Metagame.» [minigioco: una delle tre parole con la maiuscola non è un banale Antani.]
 Io: «No no, gioca quattro Sbiringuda. Dai retta, gioco a Magic da prima che tu nascessi.»
Giocatore-che-pare-abitare-nel-negozio-da-quanto-tempo-ci-passa: «Deo [no, non ero a Livorno: ho solo scelto uno pseudonimo fraintendibile] ma tu da quando giochi?»
Io: «Eh, dal 1995.»
Ragazzino-di-prima: «Eh, io sono nato nel 1997.»
Gelo. Sono rimasto fermo lì, investito in pieno dal treno della vecchiaia, nemmeno avessi detto “I like trains”.


Il tempo trascorso a giocare è letteralmente volato. Si dice che non ci si accorga del passare del tempo finché ci si diverte; probabilmente è così. Ma non è l’unico luogo comune a trovare conferma in queste righe. Ci buttiamo dentro anche un “i primi periodi sono sempre i più belli”. In articoli futuri ci occuperemo anche di altre tematiche d’attualità come “non esistono più le mezze stagioni”.

Se avete iniziato a giocare abbastanza tardi da non esservi resi conto che il layout grafico delle carte è cambiato, se pensate che Mishra e Urza siano i nomi di due animali domestici (conosco peraltro almeno un esemplare per specie, rispettivamente un gatto e un cane, che vanificano suddetta frase) e se pensate che i primi planeswalker siano stati inseriti nella storia di Magic da Lorwyn in poi… be', sono sinceramente dispiaciuto per voi.
Mi dispiace che non abbiate passato ore ed ore a pensare quali fossero le combinazioni migliori delle carte trovate nelle buste aperte avidamente il giorno prima, mi dispiace che non abbiate scoperto carte nuove a ogni partita fatta con un avversario diverso, mi dispiace che non siate stati giorni a convincere i vostri amici/parenti/conoscenti a scambiare con voi quella carta che ommioddiostarebbecosìbenenelmiomazzomanonlatrovodanessunaparte per poi scoprire che ne esistevano ennemila versioni migliori con costi di lancio più economici.

In sostanza sono costernato dal constatare come oggigiorno gli aspetti migliori del tanto amato padre del GCC siano scomparsi con l’avvento di internet, impietoso araldo dell’era dell’informazione.
Niente più alone di mistero attorno alla nuova espansione, un click e saprete con un dettaglio quasi imbarazzante l’effetto di ogni singola carta contenuta in essa, persino giorni prima di poterla comprare. Con un click avete accesso alle liste dei mazzi più giocati, tanto da arrivare ad aspettarvi quali carte giocherà l’avversario a seconda della prima terra messa in campo. I click hanno tolto la magia a Magic.

Nel 1995 le cose erano diverse. All’epoca internet non era nemmeno vagamente diffuso come lo è ora. Erano gli anni in cui il 486 surclassava il 386, in cui si urlava al miracolo con l’avvento del 56k, più che un modem un mito!
Si faceva a gara per andare a giocare dall’amico troppo super stragifo con la connessione decente, quando decente voleva dire metterci solo un'ora per vedere un video di dieci minuti.
Ora però si trova una connessione ad alta velocità in ogni casa, un hotspot wi-fi a ogni angolo. Che dobbiamo fare quindi, arrenderci e farci prendere nella rete delle reti? Giammai!
Fortunatamente Magic è così vasto da fornirci quel che ci serve per costruirci la nostra macchina del tempo, per tornare a giocare senza il demone della conoscenza. Di seguito vi propongo tre tecniche di viaggio nel tempo, provare per credere.

Inventare formati for fun

Al termine “for fun” tanti associano il formato Commander, nato dall’idea di un judge americano per divertirsi, appunto, riscoprendo delle carte solitamente snobbate nella concezione di gioco più tradizionale. Essendo però una modalità di gioco ormai piuttosto diffusa è diventata vittima, a mio modesto parere, dello stesso morbo che contagia le altre varianti classiche.
I Generali che si vedono in determinate combinazioni di colori sono sempre gli stessi, c’è un certo numero di carte considerate “irrinunciabili” per ogni singolo mazzo come per esempio Mind’s Eye, Sol Ring e Oblivion Stone ecc…
L’idea alla base è la stessa, prevede solo di interrompersi prima che il morbo prenda piede e rovini il divertimento. Inventatevi nuovi formati, restrizioni nella costruzione dei mazzi fantasiose che costringano le persone a cimentarsi nell’antica e oramai quasi dimenticata arte del deckbuilding.
Va bene qualsiasi cosa: mazzi mono colore con almeno trenta creature, tutte dello stesso Tipo (demone, elfo ecc…); solo comuni con limite massimo di una copia per carta; carte provenienti dallo stesso blocco e ogni giocatore porta un mazzo che rappresenti un blocco diverso, e via così. L’unico limite alle possibili varianti è la vostra immaginazione.
Propossibilità pressoché infinite di creare varianti sempre nuove; potenzialmente molto economico; da un senso alle vostre scatole da scarpe piene di carte considerate inutilizzabili nascoste negli anfratti più bui.
Contronecessità di persone che vi seguano nella vostra proposta; va cambiato ciclicamente per non entrare nei circoli di conoscenza viziosa precedentemente elencati.

No, non è classificabile come "nuovo formato", spiacente.

Limited di varie espansioni

Non solo il costruito è caduto vittima del sapere, anche sealed e draft possono essere corrotti dalla carenza o abbondanza di informazioni in mano a uno dei contendenti. Ma cosa succederebbe se si provasse a mischiare tra loro dei set non appartenenti allo stesso blocco?
Certo, le meccaniche di gioco non sarebbero le stesse e nessuno ha impiegato ore del proprio tempo a playtestare che siano particolarmente divertenti o bilanciate assieme. Ma questo è anche il suo bello: non avendoci pensato ancora nessuno, non troverete articoli su articoli che vi spiegano quale comune di Ravnica è da considerarsi primo pick dopo una busta di Frammenti di Alara seguita da una di Apocalisse.
Pro: formato improvvisabile; facilmente modificabile.
Contro: dopo un po’ che si usano le stesse espansioni si torna al circolo vizioso iniziale; anche se non si conoscono le interazioni tra set si potrebbero conoscere a memoria le carte contenute in essi, rovinando parte dell’ottica iniziale; non è sempre facile procurarsi espansioni uscite anni fa.

Il Cubo

Questo è, con buona probabilità, il mio sistema di viaggio nel tempo preferito. Si tratta, né più né meno, di assemblare a tavolino un pool di almeno trecentosessanta carte tutte diverse tra loro, per poi simulare un draft usando quindici di queste carte alla volta invece della bustina solitamente utilizzata.
Le regole sono quelle di un normale draft, l’esperienza di gioco invece sarà completamente differente: dipende interamente da chi ha composto il Cubo e con che criterio. Anche in questo caso gli unici limiti sono quelli che ci si impone da soli: l’uso di determinate espansioni, la presenza o meno di carte multicolore, il bilanciamento dei vari colori tra loro (consigliabile) ecc…
Pro: a seconda di come si monta un Cubo si possono ottenere molteplici effetti; un Cubo ben costruito può essere giocato molte volte prima di diventare ripetitivo.
Contro: colui che monterà il Cubo sarà l’unico a conoscenza, almeno per le prime volte, delle carte contenute in esso e avrà l’onore e l’onere di mettere le sue carte a disposizione del gruppo.

Ehm non per forza così letterali
Nonostante tutto è inutile negare che, per quanto ci sforziamo, ci rimarrà sempre un po’ di nostalgia per quel che è stato. Trovo normale rimpiangere i cari vecchi tempi quando c’era ancora un po’ di gusto per l’ignoto, quando non bastava googlare qualcosa per saperla, quando avere memoria contava ancora qualcosa.
Le cose cambiano, e continueranno a farlo, che ci piaccia o no. Ma curiosamente un mito è rimasto lo stesso, solo il motivo che lo rende tale è cambiato.
Un mio caro amico è arrivato a stamparselo su una maglietta, ma non negli anni Novanta, bensì pochi anni fa, e lo stimo infinitamente per questo:

Navigo col 56k.
Per scelta.




Deo Divvi, non pago di bloggare a vanvera, è anche impegnato in 2 progetti largamente attinenti al mondo del fantastico: un serial book fantasy dal nome "Il Cubo di Enascentia" e Thy Shirt, un sito di magliette nerd.

Collabora inoltre con Cultura Ibrida, il blog della casa editrice Lettere Animate..

lunedì 25 marzo 2013

Terra- N

Un pezzo in onore di Multiversity di Grant Morrison, una miniserie che richiede un atto di fede nella sua data d’uscita.

Su terra-N (la N sta per nerd) la vita è molto più semplice: prima di tutto essere nerd non è una stigma sociale, ma un obbligo culturale: più sei nerd, più sei figo.
Su terra-N non conoscere la differenza tra Marvel e DC è considerato un crimine al pari dell’apologia di fascismo, su terra N la campagne elettorali si basano non tanto su destra o sinistra ma su rebootisti (che considerano le modifiche drastiche a un fumetto una cosa sana e giusta) e conservatori (che vogliono che tutto rimanga in continuity).
Su terra-N Alan Moore è considerato al pari di una divinità egiziana (ma forse è così anche da noi), Warren Ellis un fine intellettuale e Grant Morrison l’equivalente di un filosofo come Kant o Socrate.
Su terra-N la televisione non produce reality inutili il cui unico scopo è abbassare il quoziente intellettivo di chi li guarda, ma ci sono programmi di approfondimento su GDR Live, tornei di D&D e videogiochi in diretta (sì, lo so che sembra un po’ la Corea, ma che ci volete fare).
Su terra- N conoscere Crisi sulle Terre Infinite è una cosa che affascina il genere femminile (ma anche quello maschile), e le coppie si lasciano soprattutto perché lei /lui pensa che One More Day sia stata un svolta eccezionale per l’Uomo Ragno (quantomeno io mollerei la mia ragazza per una cosa del genere) [io mollerei anche la ragazza di un altro per questo, fai un po' tu NdNedo].
Su terra-N le action figures rimangono rigorosamente nella confezione, al sicuro dalla polvere e dall’entropia, e nessuno ti guarda come una specie di sociopatico per una cosa così. Su terra- N la religione crede che dal cielo sia giunto un uomo che è morto per salvarci in un grande momento di Crisi e che poi sia resuscitato: il suo nome è Kal-El ed è l’ultimo figlio di Krypton. Esistono comunque altre fedi: chi crede in Capitan America, risorto sette volte, chi in Barry Allen e la Forza della Velocità.
In Terra-N l’arte esiste, ma il fumetto è considerato al pari del resto e a scuola ti insegnano i Malavoglia e lo Swamp Thing di Alan Moore, Arisa ha vinto Sanremo con il suo pezzo Continuità (dedicato all’ennesimo reboot DC), Benigni declama testi di Grant Morrison e al cinema Truffaut ha prodotto un film ispirato alla Golden Age.

In  terra-N nelle cene eleganti (no, non quelle ad Arcore) il cosplay è considerato al pari di un abito da sera (mi ripeto, quello da infermiera o da suora non conta).
Su Terra-N invece di croci celtiche si usa il simbolo di Rorschach di Watchmen, invece della falce e martello si usa una freccia verde, invece della bandiera americana uno scudo con a stelle e strisce, l’Iraq si è rinominato Qurac e gli All Blacks non fanno la danza Maori ma citano il discorso di Theoden.

Alla fine di tutto terra-N esiste, lo sappiamo, e no, non risiede nel cuore di ognuno di noi: ha una vera e propria sede fisica: il San Siego Comicon.
Per cui, se foste così generosi da pagarmi un biglietto, vi prometto di usare il mio spazio su Lokee per pubblicizzare le vostre cagate, ad esempio se volete scrivere “Lara Ti Amo, by augusti 69” oppure se avete un’azienda di prosciutti o se siete candidati con un partito qualsiasi. contattatemi in privato su seint83mercenarioperilcomicon@gfail.com.
Ci vediamo in Terra-N, sarà un piacere!

venerdì 22 marzo 2013

Tre discepoli di Lokee e la rocca di un negromante

Capita, no, che ogni tanto qualcuno ti scriva sulla bacheca di Facebook per farti una domanda. In questo caso Jacchan chiede al sottoscritto Nedo qualche spunto per un oggetto da far trovare ai suoi deliziosi giuocatori di Rolemaster.

Una conversazione che parte normalmente, ma poi sbucano senza essere stati invitati Seint83 e Big Cat e, guarda tu il caso, da breve scambio d'opinioni diventa un mare di idee fuori di testa, assurde, bellissime, da aggiungere tipo ORA alle vostre partite, ché, voglio dire, se non hai un Pugnale del Comehaidettochesichiama? dove sei vissuto fino ad ora?


Insomma: mica possiamo solo fare gli screen ai commenti dei grillini, no?
Buon fine settimana e, lo premetto, aspettatevi qualche bella sorpresa settimana prossima. K? K.

EDIT

V.D. ha letto il pezzo di oggi e ha ritenuto importante mostrarmi il suo disappunto per non averlo chiamato direttamente in causa.


In che mani vi siete messi. No, davvero.

giovedì 21 marzo 2013

Spam per amore: Nerdheim


Chi ci segue sulla pagina da un po' di tempo sa che noi siamo gente che ci piace la gente. Non tutta, per carità, mica siamo Orsetti del Cuore, ma in linea di massima teniamo tutti gli utensili per spazzare i pavimenti lontani dal nostro orifizio più sacro. Se qualcuno arriva e ci chiede un favore che non sia un espianto di organi vitali senza anestesia, siamo sempre disponibilissimi, ma roba che abbiamo un sorrisone da venditore di stufe in Alaska.
Per questo motivo, mesi fa, avevamo portato avanti l'iniziativa "Spam per amore" in cui chiedevamo ai nostri meravigliosi utenti di mandarci i link dei loro progetti personali, legati in qualche maniera al fantastico, in modo da poterli promuovere allegramente su Nerd Bloc e farli generare un po' di traffico aggratis.
Perché lo facevamo? Come dice il nome della cosa, per semplice amore. Non quello lungo lungo vietnamita, quell'altro, quello legato alle passioni, allo sforzo creativo di persone (straordinariamente) comuni che decidono di mettersi in gioco e mostrare fieramente una parte intima di sé.

Nonostante le adesioni non siano mancate, l'iniziativa è durata poco per i limiti strutturali di Facebook, ma ora che il nostro blogghettino piccino picciò inizia a macinare numeri relativamente discreti (a proposito: grazie, giovini, per apprezzare le nostre boiate da venerdì sera sbronzi), abbiamo pensato di rispolverare il progetto e dargli uno spazio più ampio di un'immaginetta e un link in mezzo al mare magnum della bacheca di quel social network là.

Avete un fumettino, un romanzo, un disco, un sito di miniature, un progetto ludico, un happening, un Nicholas Cage in groppa a uno squalo alato, insomma, un qualcosa di fantasticamente fico che volete mostrare a tutti? Be', mandate una mail a redazione.lokee[chiocciolachenonmettobruttispammerrussi]gmail.com o un messaggio privato sulla nostra pagina e vedremo di fare qualcosa per voi.

Ci sono solo poche regole da rispettare:

  • Niente attività commerciali. Potete promuovere un libro presente su amazon, un EP su bandcamp, un canale YouTube con la partnership o un sito che si sostenta con la pubblicità, per esempio, ma niente negozi fisici, aziende-che-operano-nel-campo-di-sticazzi  o biechi tentativi di viral-marketing-travestiti-da. Siamo abbastanza furbi, vi sgamiamo subito e poi vi beccate il carbone per Natale.
  • Inviate, insieme a una presentazione che ci renda fieri di voi, un link che sia possibilmente esterno a Facebook, in modo da poterci mettere le zampette sopra e farci un'idea più chiara di quel che fate.
  • L'aggeggio che volete promuovere deve essere, per così dire, una vostra proprietà intellettuale. Non legalmente registrata, ma insomma, ci siamo capiti: niente roba ciulata di qua e di là con un watermark truffaldino spiaccicato sopra. Sembra banale, ma voi non sapete cosa arriva tutti i giorni nei messaggi privati. No, davvero: paiura.
Una precisazione poi, specialmente per chi parteciperà più come lettore e meno come parte attiva al progetto: le nostro promozioni non saranno basate sul amici di o affiliati di o ci scambiamo i link o una mano lava l'antro. Vero, siamo facilmente entusiasti delle cose che ci proponete, ma vi assicuriamo sempre la buona fede.

Ma basta con i preamboli e veniamo alla ciccia di oggi. Per rispolverare l'iniziativa, partiamo subito con un progetto figo, epico e demenziale allo stesso tempo, fuori di cocomero, pieno di gente muscolosa e puzzolente che si mena. No, niente American Gladiators, anche se

NERDHEIM - La Leggenda Leggendaria degli Eroi Epici



Metti tre persone appassionate di fantastico in una stanza. Falli confrontare sulle loro visioni del genere. E poi, chiedi loro di creare un romanzo collettivo. Il 99% delle volte si uccideranno a vicenda dopo quindici minuti, accoltellandosi con cucchiai di plastica.  In quel misero 1%, fortunatamente, rientra il collettivo di scrittori Nerdheim.
Sono giovani perbene, vi assicuro, che apprezzano le cose sane e semplici della vita, come spade, dragoni, avventure, bikini in cotta di maglia e one-liner sparate al momento giusto, di quelle che anche lo Schwarzy di Commando avrebbe preso appunti.
È per questo che da un paio d'anni si sono cimentati in un'impresa titanica, una delle più dure che uomo possa affrontare, ovvero la stesura di una saga fantasy chiamata La Leggenda Leggendaria degli Eroi Epici. Lo sentite il testosterone? Io sì, m'ha pure mandato un messaggio su WhatsApp per essere sicuro l'abbia recepito.
Il primo volume della trilogia (e che volevate? Un solo libro? Per una saga fantasy? Seriamente?) è completo, redatto e pronto a essere pubblicato dalla prima casa editrice che vorrà porre fiducia nel loro lavoro.

Avevo richiesto ai ragazzi di mandarmi un passaggio significativo della loro opera, ma per le regole cervellotiche e italianissime su cosa sia inedito o meno nei concorsi letterari, non è possibile e, insomma, vi dovete accontentare del loro manifesto di intenti, presente anche sul loro blog.

Riporto fedelmente, a scanso d'equivoci:




NERDHEIM
Il nostro Credo, in undici punti e mezzo

1. Noi vogliamo cantare l'amore per le (dis)umane epiche gesta, le palle di fuoco come se piovesse e le spade bastarde fino al midollo.
2. Birra, sganassoni e mutande di pelo saranno elementi essenziali della nostra opera.
3. In anni recenti la narrativa fantastica ha esaltato tardo-adolescenti che si atteggiano a depressi, ribelli della domenica e fighetti impomatati: tutti costoro saranno sepolti dalla nostra tracotante risata. Gli Eroi che noi esaltiamo mangiano pietra, bevono piombo fuso e cagano asce bipenni.
4. Noi preferiamo il ferro alla plastica, la ruggine alla muffa, la puzza al cerone, i baffi folti e i petti villosi all'empietà modernista della depilazione maschile.
5. Schiacciare i nemici, inseguirli mentre fuggono e ascoltare i lamenti delle femmine. Questo è bene.
6. Noi glorifichiamo la taverna, la piazzaforte, la torre, la battaglia campale, il labirinto, il dungeon, il boss di fine livello e specialmente i Draghi.
7. Noi vogliamo narrare le peripezie degli Eroi dimenticati – barbari dal ventre orgoglioso, stregoni dalla memoria di groviera e mezzadri di multiforme ingegno – che loro malgrado si ritrovano a vivere vite terribilmente normali.
7bis. E non dimentichiamoci dei Signori Oscuri e altri aspiranti tiranni, vittime di pregiudizi millenari.
8. Noi crediamo che la forza di un Eroe non risieda (solo) nel suo bicipite, ma in primo luogo nella battuta sprezzante che pronuncia prima di affondare il maglio da guerra nel cranio del mostro.
9. Noi crediamo, tra le altre cose, nel congiuntivo e nella gloriosa tradizione grammaticale italiana.
10. I nostri Maestri, gli inarrivabili Giganti sulle cui spalle si abbarbicano anelanti le nostre naniche membra, rispondono ai nomi immortali di J.R.R. Tolkien, R.E. Howard, H.P. Lovecraft, A. Dumas padre, D. Adams, J.H. Brennan e prima ancora Ariosto, Rabelais, Snorri e Omero.
11. Noi crediamo che epos e commedia siano espressioni complementari di un medesimo sentimento. Perciò riteniamo che il miglior modo di omaggiare i Maestri e Giganti non sia imitarli – giacché noi non siamo che pulviscolo e sporco delle unghie ai loro augusti piedi – bensì Ridere: e specialmente Ridere CON loro.


No, che volete di più? Seriamente. Metterebbe allegria e donerebbe vigore anche a un non-morto.
Se vi ho già convinto (ma direi: se vi hanno già convinto), seguite le loro gesta sulla loro pagina di Facebook, Nerdheim, che fra l'altro produce copiosi poster di ridere come questo qua sotto.




Se invece siete di quelli che non sono convinti perché sì e hanno altri dieci minuti da buttare, ora segue un'intervista informale con uno dei triumviri di Nerdheim, il disponibile e genuinamente ganzo Massimo.
No, voglio dire: il nostro scambio epistolare è avvenuto su Steam. Cioè. Una roba che per il karma dei nerd, domani mi deve arrivare l'anello come miglior giocatore di Magic anche se non ho un mazzo dal 1999.

Ha pure l'avatar di Guybrush, da The Secret of Monkey Island. No, dico.

Nedo: Allora, procediamo con le domande che ovviamente non mi sono scritto, perché sono brillantissimo, bellissimo e sagace. Così almeno dice sempre mia mamma quando mi taglia ancora le unghie dei piedi. Prima di tutto: vuoi dire ai nostri lettori il tuo nome di battesimo o preferisci uno pseudonimo, giusto per crearti l'aura da scrittore di un collettivo à la Wu Ming?

Massimo: Più che "collettivo" in senso stretto, vorrei riuscire a trasmettere ai lettori quanto Nerdheim sia di fatto una specie di hivemind dal quale si distinguono tre diverse manifestazioni individuali: Marco, Massimo (il sottoscritto) e Riccardo. Rigorosamente in ordine alfabetico.

L'idea di mente collettiva, per quanto inquietante per gli entomofobi, è in effetti interessante, specialmente rapportata alla scrittura creativa, un processo in genere considerato estremamente personale e introspettivo. Visto che anch'io, con il buon V.D., tento di scrivere un romanzo a quattro mani e in genere finisce che ci incontriamo, fumiamo novecento sigarette, beviamo due piantagioni di caffè, completiamo la campagna di Vampire: Bloodlines per l'ennesima volta e buttiamo giù non più di tre righe stitiche, come siete riusciti a creare un intero romanzo, per giunta parte di un saga più ampia, con così tante dita?

Ti dirò, la cosa ci è venuta naturale, con grande stupore iniziale da parte di tutti e tre. È proprio per questo motivo che parlo di hivemind quando mi riferisco a Nerdheim. Ognuno di noi è riuscito a trovare il proprio spazio all'interno di un meccanismo che è andato ben oltre le nostre mere capacità individuali. Tutto questo senza stabilire o forzare dei ruoli aprioristicamente. La vedo come questione di sintonia, favore divino e semplice culo. Anzi, paradossalmente abbiamo prodotto molto meno (l'eufemismo ha dimensioni planetarie) lavorando per conto nostro che non tutti assieme.

C'è dell'invidia in me, ma la tengo nei pantaloni per non spaventarti. Mi puoi parlare di Nerdheim come se io fossi un alieno che proviene da Marte e si è infilato per sbaglio un cacciavite nel naso? I lettori si meritano delle risposte chiare in merito (ho sempre sognato di scriverlo, almeno una volta)!

È curioso che tu formuli la domanda in questi termini, perchè in effetti puoi immaginare Nerdheim come se fosse un alieno che viene da Marte e si è infilato un cacciavite nel naso… Ma non per sbaglio: Egli ha un disegno preciso. Comunque, caro alieno, eccoti una breve descrizione di chi siamo: "Al tempo degli Dèi dell'Urban Fantasy, del Paranormal Romance e dei vampiri sbrilluccicosi che spadroneggiavano su un'editoria in tumulto, il genere umano invocava il soccorso di un eroe per riconquistare il piacere di leggere. Finalmente arrivò Nerdheim, l'invincibile collettivo guerriero forgiato dal fuoco di mille birre e salsicce. La lotta per il corretto uso del congiuntivo, le metafore a cazzo, i personaggi blandi, l'assenza di mutande di pelo furono affrontati con indomito coraggio da coloro che, soli, potevano cambiare il fantasy" (semicit.).



Ecco, ora mi si è gonfiato qualcosa nei pantaloni e mi tocca spostare l'invidia da un'altra parte. A quanto mi avevi detto in separata sede, siete ancora in ricerca di un editore che abbia una lungimiranza superiore a quella di un lemming davanti a un dirupo. Facendo finta che io non sappia niente di questo mondo (magari), in che stato di decomposizione avete trovato l'editoria italiana di genere? Puzza? È già caduta la carne dalle cartilagini? Ma soprattutto, come fanno dei giovani scrittori a presentare un romanzo fantasy, per quanto sui generis, agli editori italiani?

Diciamo che dall'editoria italiana abbiamo ricevuto, nella stragrande maggioranza dei casi, solo un inquietante silenzio. Non siamo certi che sia tombale, ma i casi sono due: o qualcuno ha pestato una merda, o qui l'odore non è dei migliori a prescindere. Vabbe', si sa, cèccrisi. Oggi le strade per uno scrittore fantasy esordiente sono due: partecipare a concorsi o pubblicare digitalmente per proprio conto. Noi le stiamo percorrendo entrambe. Siamo in attesa dei risultati del premio Odissea 2013, dei quali siamo orgogliosamente finalisti. In caso di vittoria, pubblicheremo per via tradizionale con la Delos, che cura il concorso. In caso di sconfitta è molto probabile che punteremo tutto sulla seconda strada. Entrambi i casi offrono delle possibilità interessanti e, da bravi manigoldi di 20° livello quali siamo, abbiamo più di un'ascia bipenne nella manica da tirare ancora fuori. Vedremo!

Ah, sì. Noi aspettiamo qui, buoni buoni, e se poi non esce niente vi veniamo a prendere a casa con le roncole affilate. Il buon V.D., settimana scorsa, ha parlato sul nostro blog di quanto sia insopportabile la seriosità e rigidità del fantasy moderno, inchiodato su stilemi arcaici, piatto e rigido come una professoressa di tedesco in menopausa. Da tizio che ha sterminato un villaggio di pacifici elfi con uno tsunami di gelato alla vaniglia in una campagna di ruolo, non posso che essere d'accordo. Ma la cosa che mi stupisce e mi colpisce è che Nerdheim è dello stesso avviso; quali influenze vi hanno convinto che Epico e Scemo vadano più a braccetto di quanto si pensi?

Abso-fucking-lutely, siamo decisamente dello stesso avviso. Tragedia, commedia ed epica sono tutte espressioni dell'emotività umana e vanno inevitabilmente a braccetto. Senza una fragorosa risata come paragone, la tragedia non avrebbe alcun significato. E cosa sarebbe l'epicità priva di una sana dose di esaltazione (leggi: "ho il cazzo di adamantio e sto piangendo magma") o di profonda tristezza verso i caduti? La piattezza non fa veramente per noi. Riguardo alle nostre influenze: Dumas padre è sicuramente un nostro punto di riferimento. I Tre Moschettieri è il perfetto esempio di come commedia e tragedia possano dare vita, insieme, a un capolavoro. Ma basta anche guardare film come i vari Indiana Jones, la trilogia (l'unica) di Star Wars o i film d'azione anni '80 per capire come l'ironia, il non prendersi mai troppo sul serio, sia una delle ragioni che ce li fa amare così tanto. Menzione d'onore va, inoltre, all'anime Tengen Toppa Gurren Lagann, dispensatore di epic boners e manly tears come non se ne vedevano da molto, molto tempo. La lista potrebbe continuare a lungo, ma mi fermerò qui.

Ci dobbiamo fermare qui anche noi, visto che sta per venire fuori il post più lungo nella nostra breve carriera di blog e laggente già ci trova prolissi. Un'ultima domanda, però, IMPORTANTISSIMA: visto che siamo su Steam e la lista giochi è praticamente pubblica, secondo te in DOTA 2 è più sgravo Phantom Lancer o Anti-Mage?

Ora come ora Phantom Lancer mi fa rageare come non mai, mortacci sua e di tutte le sue cazzo di illu. Anti-Mage ha perso un po' di smalto. Poi ci hanno fatto così tanti meme che ormai mi sta simpatico anche se THE FUN ENDS HERE

… AT THREE AM. Grazie Massimo e grazie Nerdheim. Non rimane che dirvi "in culo al lupo", ché in bocca son capaci tutti!

Grazie a voi, ragazzi! "Speriamo che non crepi" troppo in fretta. Vogliamo divertirci.



Occhei, ora il pezzo continua per tredici fogli protocollo di battute buffe sul fantastico.
No, scherzo. Potete andare. Davvero.
Ah: mandateci la roba per la rubrica "Spam per amore", mi raccomando!

mercoledì 20 marzo 2013

Retrogaming: i fantastici anni Novanta (Part III)

Questo articolo è il proseguimento della rubrica iniziata la settimana scorsa. Seguendo il comodo link, potete leggervi l'intro generica e i primi tre anni del nostro decennio (più o meno) preferito. I rimanenti sono invece qui.


1996 – DIABLO 

Conosco varie persone cadute nella rete, nella Battle.net per essere più precisi, del terzo e più recente capitolo della serie. Grafica ai massimi storici, le ormai immancabili Imprese, più note come Achievement, e continui update disponibili tramite internet. Si evince facilmente che se qualcuno si dovesse approcciare ora alla serie, non lo farà certo partendo dal primo capitolo.
Eppure questo titolo si trova qui ugualmente.
Sì, perché nel 1996 ha de facto sdoganato un genere, non per forza inventato, magari esisteva già un gioco simile diffuso in soli cinque quartieri sud coreani, non ne ho idea. Ma da quel momento in poi, l’enorme quantità di cloni partorita dall’industria videoludica è sempre stata additata come “ah, stile Diablo”, e a ragion veduta.
Quindi in sostanza il 1996 è suo perché glielo dobbiamo. E un po’ perché è un ottimo momento amarcord; quando ho sentito per la prima volta il caprone belare «Pleeeease, no huuuurt, no kiiiiill», mi son emozionato molto di più rispetto a scoprire che, sopresa sorpresa, il bamboccione era in realtà Belial (che fosse il signore della menzogna non era già un significativo aiutino?), per non parlare del vero autentico brividino lunga la schiena nel primo «Ah, fresh meat!» dell’ormai storico Butcher, paragonato al sorrisino melanconico di quando si è risentito a distanza di anni.
Introdurre il concetto dei livelli generati casualmente nello stesso titolo che vede per primo il supporto di Battlenet arrivare a cifre record non può rimanere taciuto. Quindi? Quindi niente, abbiamo fatto quel che andava fatto. Se non lo avete giocato quand’è uscito rimarrete per sempre parzialmente incompleti. Ma niente di grave, infine.


1997 – DUNGEON KEEPER


Altro anno, altro ispiratore di masse. Un giorno alla Bullfrog, un tizio qualunque di nome Peter Molyneux se ne viene fuori con un’idea un tantinino geniale: «Ma perché in ogni singolo gioco fantasy sono sempre gli eroi a dover entrare nel dungeon e sconfiggere i mostri? E se si sviluppasse un gestionale di dungeon in cui bisogna impedire agli eroi di aver la meglio sui propri mostri?».
Eh, il mondo è fatto così: ci sono persone afflitte da scelte fondamentali quali l’accostamento degli abiti o la scelta di cosa mangiare a pranzo; poi ce ne sono altre in grado di abbattere le precedenti frontiere dell’intrattenimento con una singola domanda. Capita.
Anche qui siamo di fronte ad un capolavoro, uno dei tanti che consacra la Ranatoro a miglior casa videogiochesca di sempre, quantomeno nella mia chart personale. Il cambio di prospettiva apre tutta una serie di tematiche che il giocatore medio non aveva mai affrontato prima: la difficoltà nel piazzare una trappola, la fatica di estrarre l’oro ogni santo giorno, il costo di mantenere gli affamati abitanti dei propri tunnel… per non parlare dei loro repentini cambi di umore! Ma la soddisfazione di sconfiggere incauti avventurieri a grappoli non ha prezzo.
Quando parlavo di ispiratore non mi riferivo solo a videogiochi similari, che comunque esistono in larga misura, ma anche dell’influenza esercitata su altri generi ludici, di cui l’apprezzatissimo gioco da tavolo Dungeon Lord ne è un chiaro esempio.


1998 – ZELDA: OCARINA OF TIME



Quando nel 1997 uscì il Nintendo 64 con Super Mario 64 annesso, tanti pensarono di aver raggiunto l’apice dell’esperienza ludica nintendiana, sottoscritto compreso. L’assenza del gioco nella rubrica deriva unicamente dall’aver già menzionato un altro capitolo della saga idraulica e non voler rimanere monotematici, ma è stata indubbiamente una svolta.
“Non c’è verso che i giappi riescano a superare uno standard così alto, hanno proprio tirato fuori il coniglio dal cilindro”. Macché, nemmeno un anno ed estraggono un cavallo dallo stesso cilindro. Un equino di nome Epona, per l’esattezza.
Ocarina of Time è il mio gioco preferito di sempre per console, top 3 indiscussa nell’Olimpo del videogioco in generale. L’uso del pad non raggiungerà mai più vette così alte. C’è tutto: platform, puzzle, combattimenti, livelli segreti, viaggi nel tempo, colpi di scena e sicuramente tanto altro che adesso non mi viene in mente. L’idea di percorrere mano nella mano la vita di un Link bambino, dalle vicende che riguardano la sua foresta alla salvezza di Hyrule, passando per le varie età del protagonista è un punto di partenza già molto, molto alto. Poter saltare da un’età all’altra dipanando i misteri che le caratterizzano è superlativo. Cambiare il mondo che ti circonda con l’uso di canzoni sbloccate con l’avanzare della storia è indescrivibile. Input lanciati in precedenza si incastrano alla perfezione con nuovi spunti inseriti nell’avanzamento e a ogni giro di Hyrule in sella a Epona si scoprono nuovi angoli di mondo non ancora esplorato, custodi di chissà quali nuovi segreti.
Se non siete stati ammaliati da questo capolavoro non avete un cuore. Se invece avete avuto la fortuna di giocarci scrupolosamente ne avrete attorno alla ventina. Questo è il classico titolo a cui bisogna aver giocato una volta nella vita; stavolta non ci sono successori che mantengono le stesse caratteristiche migliorandone solo alcuni aspetti, come può essere per altri titoli citati qui sopra. Quello per 3DS non è un seguito, piuttosto un remake, nonché un ottima occasione per rimettervi in pari nel caso non l’aveste ancora fatto.


1998 – BALDUR'S GATE


Eh sì, non c’è niente da fare: la seconda metà degli anni Novanta è decisamente la più calda. Così calda da farmi infrangere la regola di “un titolo ogni anno”. In questo e nel prossimo mi sarà semplicemente impossibile, non me la sentirei a relegare nessuno di questi mostri sacri a una semplice menzione d’onore. Se Zelda rappresenta l’apice del Nippo videogioco, Baldur’s Gate apre la strada ai meravigliosi mostri sacri del gioco di ruolo su pc. E lo fa in gran stile, usando le regole della seconda osannata versione di D&D, l’Advanced Dungeons & Dragons.
Combattimento in tempo reale per i giocatori più diretti o pigri, gestibile con pause tattiche per chi preferisce avere il controllo su tutto. Sì, io appartengo ovviamente all’ultima categoria.
Party da sei personaggi con ampie scelte di razza e classe, divenuti finalmente concetti separati nel corso degli anni, ottima caratterizzazione dei comprimari e incisività dell’allineamento sul coesistere di alcuni elementi con altri. Non sarà facile convincere un tanto spietato quanto folle caotico malvagio a non estrarre la spada in presenza di un paladino legale buono, solo perché quest’ultimo non lo ritiene “giusto”.
La trama, nonché i momenti a essa dedicati, sono ben bilanciati con i combattimenti, sia come quantità che difficoltà. Insomma, un vero must per i videogiocatori di ruolo, un bel titolo per i videogiocatori in generale. Tra l’altro se vi trovate a volerlo giocare ora per la prima volta, consiglio caldamente l’Enhanced edition, rilasciata negli ultimi mesi dello scorso anno, per la presenza di una modalità di gioco aggiuntiva, l’arena, e la presenza di nuove razze e classi giocabili, sia per il vostro personaggio che a livello di png reclutabili durante l’avventura [O, se non vi spaventa qualche installazione in più, acquistate il pacchetto completo da GOG e usate questi mod per renderlo ancora più strafichissimo della versione Enhanced. NdNedo].
A tal proposito non si può non menzionare la presenza di quello che probabilmente è il personaggio più famoso di tutto il Faerùn: Drizzt Do’Urden. Che poi questo si ritrovi a essere una stereotipata mosca bianca, candida rosellina nata suo malgrado in un giardino di sole spine, è un altro discorso. Se siete tra coloro che lo odiano, pescando la vostra dal sacchetto delle molte validissime motivazioni, per esempio aver ispirato tutta una schiera di giocatori che scassano i loro master per giocare altre eccezioni senza rendersi conto di creare un paradosso col termine stesso, sappiate che potete anche voltare le spalle alla reputazione del vostro party e farne brandelli sanguinolenti. Son soddisfazioni.


1999 – FINAL FANTASY VIII


Affrontiamo subito la questione, prima che si formi inevitabilmente nelle vostre menti: sì, c’è l’VIII e non c’è il VII. Perché? Principalmente perché faccio un po’ quelchediavolomiparebwahahaha, ma anche per il fatto fatto che lo preferisco enormemente al predecessore della stirpe.
Sì, lo so, è pieno di Cloud fan lì fuori, ma lasciatemi spiegare, ho una teoria a riguardo. Parlando con molti amici della faccenda è venuto fuori un fatto: un buon 90% degli interessati concorda nel consacrare a miglior capitolo della serie il primo giocato in ordine cronologico, il che non coincide per forza col primo uscito in tale ordine. Io per esempio ho giocato prima all’VIII, per motivi che non sono mai riuscito a spiegare razionalmente, una serie di coincidenze astrali che il mio subconscio non manca di rimuovere costantemente dalla mia memoria.
Approcciare il Japan RPG per eccellenza porta a due reazioni codificate: abbandonare per sempre il genere o innamorarsene perdutamente, dedicando un posto speciale nella stanzina dei ricordi superpiù a quel titolo che ci ha fatto innamorare, ossia per l’appunto il primo giocato.
E poi la storia. La trama è qualcosa di inspiegabile a parole, estremamente cervellotica nonché intrecciatissima, di quegli intrecci che solo nel Paese del Sol levante sanno tessere, così zeppa di colpi di scena da dover consultare i propri genitori sul quale sia il vostro stesso nome, al termine del gioco non sarete più tanto sicuri nemmeno di quello.
Quindi si procede in direzione del gameplay. Anche qui i passi svolti con Junction e Guardian Force sono giganteschi, donando longevità e caratterizzazioni smisurate. Alcuni hanno trovato noioso assimilare 100 unità di ognuna delle 32 magie esistenti. Io mi ci sono buttato a capofitto, ignaro di essere già irrimediabilmente destinato alla dura vita del farmer. Insomma bello, bello, bello in modo assurdo. Da giocare assolutissimamente.
Ah, per inciso, la saga Final Fantasy è tristemente deceduta dopo il X. Qualsiasi titolo con numero romano progressivo oltre a quello è una volgare imitazione, nonostante il simbolo del copyright, il marchio registrato e la casa produttrice rimasta la stessa. Punto e basta.

1999 – PLANESCAPE: TORMENT


Ultimo della fila ma primo in classifica, questo è, signore e signori, il mio videogioco preferito di sempre. Capolavoro assoluto, a 360°.
Ormai avrete capito che per il sottoscritto la trama è importante in un gioco. Qui siamo davanti ad un’opera invidiata dai migliori scrittori di romanzi in circolazione. Che sistema di regole avrà mai potuto usare? Ma AD&D ovviamente, come il già citato Baldur’s Gate. E cosa ti scelgono come ambientazione? No, niente di che, semplicemente la capitale del Multiverso Planare: Sigil!
Vabbe', allora mettetemici anche PNG arruolabili disseminati nei mondi (il plurale è voluto) di gioco, ognuno altamente personalizzato con una sua storia fatta su misura. Ah, ci sono? Sì, d’accordo, ma sarà il classico titolo che ti affascina solo per poi abbandonarti a una ventina d’ore di gioco scarse. No, qui ne conta cento e non sono nemmeno lontanamente vicino ad averlo completato del tutto.
Difetti? Probabilmente ne avrà, ma non chiedetelo a me perché sono troppo accecato dai pregi per poterli cogliere. Nonostante sia dell’ormai, ahimé, lontano 1999, non voglio dirvi molto di più per non addentrarmi in terreno di spoiler. Questo perché se non l’avete ancora giocato ma siete tra coloro che apprezzano un gioco in cui sapersi destreggiare tra dialoghi insidiosi ha maggior rilevanza rispetto alla semplice capacità di menare le mani, siete moralmente obbligati a gustarvi tale preziosa perla.
Se siete tra i fortunati, malinconici ex residenti di Sigil sentitevi più che liberi, anzi invitati, a condividere con noi tutti orfani del Nameless One i vostri dolci, dolci ricordi che lo riguardano, voi che potete averne. Anche qui sotto nei commenti se lo volete, abbiate solo la bontà di avvisare con un gradito Spoiler Alert coloro che si avventureranno qui sotto ignari di tutto ciò. Dopotutto riconoscere il 1999 come lontano non è poi così destabilizzante.
Ma solo perché questo vuol dire poterci rigiocare beneficiando del naturale effetto Neuralizzatore del tempo, il miglior Man in Black attualmente in servizio.

SPOILER ALERT - Stavolta troverò il modo di toglierti da quella dannata locanda e aggiungerti al party, dannato Ignus!!! [Liberato alla prima partita. All'uscita del gioco. Quando ero un pischello. E a malapena capivo i dialoghi in un inglese sporcato dai dialetti. Di' la verità: ti faceva piacere il suo teporino mentre sorseggiavi una bibita allo Smoldering Corpse Bar! NdNedo].


Si conclude così il nostro viaggio nei meravigliosi anni Novanta, sperando di avervi fatto venire almeno metà della voglia di giocare che mi sono messo addosso da solo. Sì, lo so, ci sono grafiche spettacolari là fuori... ma vuoi mettere ...


Deo Divvi, non pago di bloggare a vanvera, è anche impegnato in 2 progetti largamente attinenti al mondo del fantastico: un serial book fantasy dal nome "Il Cubo di Enascentia" e Thy Shirt, un sito di magliette nerd.

Collabora inoltre con Cultura Ibrida, il blog della casa editrice Lettere Animate