venerdì 16 novembre 2012

Cinque cose che proprio basta nei cosplay

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L'effetto "Salve, sono monsieur Déjà Vu, vuole essere mio amico?"

Una dei casi più eclatanti di personalità multipla inversa; tanti corpi per una sola.









La libertà di interpretare qualsiasi cosa è sacrosanta, ma non sarebbe male ogni tanto avere più originalità
della tremillesima puntata in replica di Beautiful. Sarà che io già mi imbarazzo quando qualcuno ha la mia stessa maglietta o lo stesso paio di scarpe – mi succede raramente, grazie al mio gusto sopraffino quanto un porchettaro aperto alle tre di notte – ma l'idea di vedere un mio clone in giro per una fiera mi farebbe affogare in un tempestoso mare di paranoie apocalittiche. E se il suo costume è più fico? E se io somiglio meno alla mia fonte d'ispirazione? E se lui poi ci fa le mossette e le smorfie più convincenti? E se la gente ora crede che sia banale e scontato? E i bambini? Nessuno ci pensa ai bambini?
Per questo mi si stringe il cuore quando vedo le foto di gruppo con cinque Joker abbracciati, le sterminate truppe di giovani con i pastrani da tifosi del Milan dell'Akatsuki o gli Ezio Auditore in fila per tre col resto di uno. Quest'ultimi, poi, sono quelli che ora mi spaventano di più. Al nono che incontro nel giro di mezz'ora in una fiera inizio a sentire una sensazione straniante, come se stessi rivivendo lo stesso ricordo ancora e ancora, fino a saturare i sensi. Probabilmente è un loro modo per ricreare l'ambientazione di Assassin's Creed e io nemmeno lo so.
Insomma, un po' di estro, perdiana; è impossibile che in una sconfinata produzione letteraria e visiva non ci sia niente che ispiri più di un fiorentino che zompa per i tetti, di superamici shinobi o della tintura verde ai capelli.

L'effetto "Oh, c'è gente travestita, dev'essere carnevale!"

Ah ah ah, divertente. Ora torna nel 2006, per favore.
Su, siamo seri. Indossare un costume fuori tema in fiere e convention di cosplay, per quanto possa essere ben riuscito e brillante, è come recitare Prévert a un ritrovo di alcolisti anonimi: bella prova, per carità, ma che diavolo c'entri non si sa.


Costumi prêt-à-porter

Visti i numeri, è attualmente il cosplayer più prolifico del mondo.

Diciamoci la verità: metà del divertimento del cosplaying è il lavoro sartoriale e di modellazione del costume. Ricreare vestiti, protesi e oggetti scenici esteticamente appaganti con materiali comuni (e possibilmente economici) è una delle sfide più interessanti per un appassionato. Come per ogni opera artigianale, l'emozione che si prova dopo ore di progettazione e lavorazione è semplicemente indescrivibile. E infatti non la descrivo perché chi se ne frega, in fondo.
Eppure c'è a chi 'sta cosa proprio non piace. Di impegnarsi, intendo. Dopo aver deciso quale sia il personaggio più fico e carismatico da interpretare, ricercano nell'interwebs un venditore che offra loro tutti i pezzi già pronti per essere indossati, per quanto questi siano più vicini a una produzione di serie che a una creazione vagamente unica.
A mio modesto avviso, la differenza fra uno spartan con un'armatura Mjölnir da seicento pleuri e una ragazzetta che compra la mise da diavolessa zozza su eBay è solo economica e non di significato.
E le poppe, ora che ci penso.
È un errore madornale scordarsi che il punto non è avere il costume più bello di tutti, ma avere il più bel costume si possa creare con le proprie mani.

Il metodo Stanislavskij


Un vero cosplayer sa che l'interpretazione è importante quanto il costume, altrimenti si rischia di sembrare soltanto il modello di un ottimo lavoro di sartoria.
Giustissimo calarsi nella parte, certo. Dare vita al personaggio che si ama, ovvio. Rimanere coerenti alla filosofia dell'opera da cui si è tratto ispirazione, indubbiamente.
Ma insomma, santiddio, non è importante prendersi costantemente sul serio. Qualche risata anche con i comuni mortali, qualche foto e video spiritoso non penso che rovinino la street cred che avete maturato in dieci anni di carriera con i sandali giapponesi ai piedi.
È importante crederci abbastanza per essere il De Niro dei cosplayer, ma crederci troppo rischia di trasformarti nel De Niro di Vi presento i nostri.
Sono certo che l'ultima ragazza vestita da Sasuke che ho visto stia ancora fissando con rabbia e acrimonia un platano, con i denti serrati e le labbra increspate in un ghigno malefico.

Eroi in sedici noni

Il noto Super Saiyan 4 formaggi.

Ecco, ora si va a toccare un punto estremamente sensibile, da giostra di schiaffi. Lo dico? Lo dico: anche con un costume splendido e un'interpretazione efficace, ci vuole un certo phisique du role per essere convincenti. Uff. Mi sono levato una bella pietra dallo stomaco.
Attenzione, non si tratta di bruttezza o ciccia in eccesso, ma di affinità fra il cosplayer e il personaggio. Se sei una pertica di due metri, lascia perdere Wolverine. Se hai delle sopracciglia così nere da divorare la luce che vi si riflette, Cloud non è adatto a te. Se i tuoi bicipiti sono scolpiti come soufflé alla crema, stai lontano da Akuma.
Ci sono semplicemente dei limiti che il trucco e gli effetti speciali non sono capaci di nascondere, nessun buon sentimento da comunità coesa riuscirà a cambiare le cose. Ma non vi è motivo di disperare: ci sono migliaia e migliaia di personaggi disponibili che rispondono alle più svariate caratteristiche estetiche ed è statisticamente improbabile non ce ne sia uno per ogni sesso, etnia, struttura fisica e lineamenti. È per questo che quando vedo un Naruto che ha sfruttato la tecnica della moltiplicazione dei corpi per magnarseli tutti, mi chiedo se sia un problema di scarsa consapevolezza del proprio corpo o di pigrizia culturale.
E già sento la mia vocina interiore con un debole per il volemosebbene.
M-m-ma il cosplay è divertimento e condivisione!
Oh, lo so. Infatti mi diverto da morire a osservare e condividere la foto di un Kenshiro rachitico che agita i pugnetti minacciosamente.
M-m-ma se uno si sente bene, a suo agio e gratificato dall'esperienza!
Meglio, vuol dire che quando laggente brutta gli farà notare che è ridicolo non si scomporrà più di tanto.
M-m-ma è importante la buona volontà!
Non siamo in uno shojo manga. Anch'io ci metterei tanta buona volontà nel volare sbattendo le braccia, ma so che è una pessima idea.
M-m-ma così ci sono persone, magari sovrappeso, che non potranno mai fare cosplay!
E perché mai? Uno dei cosplay più gradevoli e ispirati che abbia mai visto era Ursula de La Sirenetta, e l'ultima volta che ho controllato faceva ancora parte della categoria delle ciccione. Se poi uno vuole vestire i panni di Tifa Lockhart nonostante centordici chili di troppo, deve essere capace di reinventare il personaggio perché sia spiritoso a sufficienza da non scadere nel grottesco.

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4 Response to Cinque cose che proprio basta nei cosplay

Portinaio
4 luglio 2013 alle ore 15:16

Oh Mio Dio!! Questo post fa al caso mio! Goku ai 4 formaggi lo vorrei come amico! Comunque attento ad insultarli...io sono il blogger più odiato dai Cosplayer! Bello qui!!!!

Lokeebot
4 luglio 2013 alle ore 16:27

Ma non li voglio insultare, a dir la verità. Siamo andati spesso alle fiere a fare i cretini e abbiamo un ottimo rapporto con loro.
Semplicemente siamo parecchio ortodossi su certi argomenti :D

Portinaio
4 luglio 2013 alle ore 20:25

Tranquillo lo so! Io ho dato loro aggettivi coloriti e si è scatenato l'inferno...un inferno rosa! :-P

Lokeebot
4 luglio 2013 alle ore 20:26

Ti sono vicino :D

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