Il testo c’era, le immagini pure e si svolgeva anche la temporalità delle gesta. Se questo è un fumetto, be'… lo stesso si potrebbe dire delle vetrate istoriate delle cattedrali gotiche, o dei codici miniati medievali ma perfino greci e latini, ma anche i cartelloni dei cantastorie che gironzolavano fino a qualche decennio fa per le fiere.
Allora tutto ciò ha un antesignano più blasonato nel Paese che ha dato origine a tutto, secondo i libri di storia, fisica, chimica, informatica, di Roberto Giacobbo: l’antico Egitto.
Sono proprio i nostri amici egizi che hanno creato il fumetto nelle rappresentazioni all’interno delle tombe del terzo millennio a.C.: scene di vita quotidiana, caccia, pesca, allevamento, accompagnate dalle parole dei singoli protagonisti, talvolta anche con qualche battuta!
Sì, perché, una volta che lo scriba si era appropriato del nuovo mezzo di comunicazione, per quanto esso fosse rigidamente sotto il controllo dello stato, controllo che si esemplificava nella ripetizione di formule e di tipologie che non sembravano ammettere eccezioni, ecco che lo stesso scriba si lasciava scappare qualche battuta.
Le scene in questo modo prendono
realmente vita anche se la scelta stilistica dell’arte egizia sembra, agli
occhi più sprovveduti, rinunciare a un qualsivoglia accenno di movimento. Ma
non è così in realtà. Se nelle scene principali, quelle che sicuramente
dovevano passare al vaglio del committente (e sottolineo committente perché gli
operai venivano pagati per il loro lavoro!), ogni tanto in qualche registro si
notano accenni che debordano l’ortodossia voluta dalla corte: animali che si
accoppiano, scambio di male parole tra giovani e vecchi operai, accenni a un
tentativo di dinamismo nella scena, tutto un “rituale” quotidiano che essendo
considerato caotico doveva essere taciuto o ben celato. E quale miglior modo di
nascondere una cosa che metterla sotto gli occhi di tutti? Uno spirito da crime
story e già la moderna intuizione che per quanto lo stato possa effettuare un
controllo sulla popolazione, con l’ironia figurata si poteva, non scardinare,
ma dare una salutare spallata a un sistema granitico. Ed è ugualmente
straordinario che i primi esempi di favole (per tacer del fantastico) in Egitto
e sempre nell’ambiente scribale, dimostrando ancora una volta che l’erudizione
non sterile produce le migliori forme di arte e letteratura (tra cui il
fumetto): animali che parodiano occupazioni e attività umane, il mondo alla
rovescia…siamo di nuovo alla satira!
Ma anche alla favola! E dai
pochi documenti sopravvissuti si nota che i canoni moderni della definizione di
favola sembrano essere tutti rispettati: animali con comportamenti e difetti
degli uomini, presenza di una “morale”, benché sottintesa e forse nemmeno così
centrale nella storia.
Ieri come oggi, a seconda del
target che si voleva raggiungere il disegno e il sottinteso si facevano più
complessi. Si tratta dello stesso passaggio a cui abbiamo assistito negli
ultimi decenni nel mondo del fumetto contemporaneo: tra il «Corriere dei piccoli» e le ultime rivisitazioni Marvel o DC Comics il divario è enorme.
La
discriminante ieri come oggi è stata quella di aver finalmente concepito il
fumetto non come opera ma come linguaggio comunicativo a trecentosessanta gradi, un percorso reso
possibile dalla stessa evoluzione culturale degli stessi lettori.
Se ancora in
Italia il fumetto è considerato settore di nicchia o infantile, in altri Paesi siamo anni luce avanti. Prova di questo paradosso fu l’arrivo in Italia delle
opere di E.P. Jacobs.
Come podromo alla pubblicazione nei classici dell’audacia del “Mistero della grande piramide”, il
maestro fece un’introduzione di due tavole sulla scoperta della tomba di
Tutankhamon cercando di far comprendere come il fumetto non fosse solo un
passatempo infantile (sì, lo so; ho scelto un esempio da un fumetto che parla
dell’Egitto, perdonatemi… potrebbe essere la scusa per scrivere un articolo
sull’Egitto nel fumetto, che ne dite?).
E ovviamente si trascende anche nell’erotico, esacerbando le
capacità amatoriali e sottolineando il ridicolo dell’uomo rispetto alla donna.
È lo stesso taglio ironico di
alcuni classici italiani del fumetto erotico, dove il protagonista rispetto ad
altri comprimari spesso e volentieri non raggiunge il traguardo prefissato,
oppure ne vengono raccontate le imprese in maniera del tutto ironica (si pensi
al divertente Lando), esagerando gli attributi dei personaggi fino ad una vera
e propria esasperazione, come è possibile ritrovare in alcuni capitoli dei
manga stile Hentai con la connotazione europea del significato.
Interessante
fatto che il materiale egizio di questa tipologia ci è giunto da un ambiente di
cultura elevata: vuoi vedere che gli antichi abitanti della terra del Nilo
avevano scoperto che del sesso si può anche ridere? Oppure, possiamo aggiungere
guardando il personaggio, che il potente di turno, vecchio satiro, poteva
utilizzare il suo potere per godere di giovani fanciulle ma nella realtà le
scene che si verificavano erano di un “contemporaneo” ridicolo e il saggio
scriba decise di metterlo alla berlina?
Ma forse gli egiziani fecero qualcosa
di più (e già non sembra poco tutto questo).
Inventarono il concetto di
narrazione visiva in sequenza, potremmo dire strisce e tavole. Ne è prova ben
conosciuta da tanti il cosiddetto Libro dei Morti (ma in realtà qualsiasi
rituale egizio è rappresentato in sequenza con fumetti e testi esplicatori). Si
tratta di quel lunghissimo rotolo di papiro con centinaia di formule che
dovevano garantire la sopravvivenza delle diverse anime del defunto, che aveva
una delle sue scene centrali nella famosa psicostasia o pesatura del cuore (che
tutti dovremmo ricordare).
E anche se si chiama psicostasia, si tratta della pesatura del cuore, per gli antichi egizi la fonte dell’energia
e del giudizio, dove albergava il libero arbitrio dell’uomo: e per questo motivo
è il cuore, nella bilancia del giudizio dei morti, a contrapporsi alla piuma
della Maat, la verità, la giustizia.
Era talmente importante in questa fase di giudizio che sullo scarabeo, detto del cuore perché posto sopra di esso durante la mummificazione, si scriveva questa formula: «Cuore mio di mia madre, cuore mio della mia esistenza sulla terra. Non levarti contro di me come testimone, non ti opporre a me nel tribunale, non agire contro di me davanti agli dei, non mostrarmi ostilità davanti al grande dio, signore dell’Occidente… cosicché io possa essere durevole sulla terra, possa non morire nell’Occidente, possa essere là uno spirito glorioso per l’eternità».
Era talmente importante in questa fase di giudizio che sullo scarabeo, detto del cuore perché posto sopra di esso durante la mummificazione, si scriveva questa formula: «Cuore mio di mia madre, cuore mio della mia esistenza sulla terra. Non levarti contro di me come testimone, non ti opporre a me nel tribunale, non agire contro di me davanti agli dei, non mostrarmi ostilità davanti al grande dio, signore dell’Occidente… cosicché io possa essere durevole sulla terra, possa non morire nell’Occidente, possa essere là uno spirito glorioso per l’eternità».
Questa scena è preceduta da tutta
la coreografia del funerale, fino al momento i cui il corpo del defunto
abbandona il mondo dei vivi e tra le braccia di Anubi entra nel mondo dei
morti, della sopravvivenza ai pericoli dell’aldilà; ed è seguita dal
raggiungimento del cosiddetto paradiso.
Ogni formula del testo è quindi
preceduta da un disegno che la esplica, ma che messo in sequenza con gli altri
ne è un valido sostituto: quindi una storia con morti, demoni, divinità, dove
l’uomo deve lottare per la sua salvezza, usando anche la magia, fino al lieto
fine.
Siamo in piena definizione del fumetto di McCloud che descrive il medium come «immagini e altre figure
giustapposte in una deliberata sequenza, con lo scopo di comunicare
informazioni e/o produrre una reazione estetica nel lettore».
E difatti il
proprietario del Libro dei Morti poteva capire ciò che lo aspettava dopo la
morte guardando le vignette (anche se analfabeta), mettendo a fuoco le delizie
di una vita postuma assieme alla certezza della morte definitiva nel caso il
suo comportamento in vita fosse stato esecrabile. Chissà quanti spin off a livello di favola nacquero
nelle case egizie, raccontati dai padri ai figli, che andavano oltre rispetto
all’originale testo, e chissà quante varianti grafiche furono create (una di
sicuro è La veglia di Sandman del nostro Neil Gaiman). Purtroppo
l’archeologia ad oggi non ci ha reso niente che possa rispondere concretamente
a questa domanda.
Nell’ultima parte della storia
egizia opere di questo genere sono testimoni della lenta morte della cultura
egiziana.
Nel corso del primo millennio a.C., quando l’Egitto è ormai un paese sotto
controllo di faraoni stranieri (persiani, greci, romani), i sacerdoti e gli
scribi, portatori della cultura, scelgono di salvare questa riempiendo i muri
dei templi con tutta una serie di testi, rituali, immagini.
Il tempio diviene
libro, ma essendo esso precluso alla maggioranza della popolazione, la cultura
implode in se stessa decretando la morte della civiltà egizia. Le sole figure,
i fumetti a mo’ di glossa ormai non bastano più a far comprendere un testo,
anche perché la stessa lingua si è evoluta e documenti vecchi ormai di tre
millenni sono difficilmente intellegibili.
Esplode la simbologia egizia e il
mito dell’Egitto esoterico che ancora oggi arricchisce scrittori poco etici,
associazioni più o meno in ombra, e programmi tv di bassa lega. E un saggio
egizio nel III secolo fece questa profezia: «[…] O forse non sai, o Asclepio,
che l’Egitto è un’immagine del cielo, o, il che è più vero un trasferimento e
una discesa di tutto quel che è governato ed esercitato nel cielo? E se bisogna
dire con più verità, il nostro paese è il tempio del mondo intero. Eppure,
poiché bisogna che il saggio tutto preveda, non vi è lecito ignorare questo:
tempo verrà in cui apparirà che invano l’Egitto abbia con instancabile
religiosità onorato piamente la divinità; e tutta la santa venerazione degli
dèi cadrà vanificata. Dalla terra, infatti, la divinità si ritirerà al cielo,
ed abbandonerà l’Egitto: e quella terra che era stata la sede della religione
perderà la sua gloria, vedovata della presenza degli dèi… Allora questa terra
santissima sede di sacrari e di templi sarà piena di sepolcri e di morti. O
Egitto, Egitto! Della tua religione solo sopravvivranno le favole, ed anche
quelle incredibili ai tuoi posteri, e solo avanzeranno le parole incise sulle
pietre che narreranno le tue pie imprese».
Ma siamo arrivati alla fine e
quindi, possiamo ribaltare tutto questo pedante discorso di mummificata
erudizione e dire che il fumetto è nato nel secolo scorso con Yellow Kid, o le
opere di Barks o degli autori Marvel e DC o Bonelli, e perché Gaiman no?!?!? O
le vignette sui giocatori di Magicche della ragazza di ciccioriccio?!?!
Gli
antichi egizi inventarono un nuovo linguaggio, dopo secoli di letteratura
orale: alle immagini sublimarono il testo scritto, delle quali non fu solo un
supporto, ma unendosi insieme portarono l’uomo a fare un passo in un mondo più
vasto.
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