mercoledì 23 gennaio 2013

Mr Croup e l'Umanità tutta

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Il nulla dove galleggiavo da anni era incresciosamente noioso, vi assicuro.
Non era buio, né tantomeno freddo. Era principalmente mancanza assoluta di materia, una condizione piuttosto peculiare lo ammetto; converrete quindi con me su quanto sia improbo tentare di spiegare la irritante sensazione che si prova ad esistere nel non esistente sapendo di dover esistere, specialmente a signori robusti e concreti come voi.

Dopo tanto tedio, ho trovato rinfrancante notare che la realtà che vi circonda abbia pensato in maniera assolutamente autonoma a darmi piccole soddisfazioni al mio ritorno.
Quando sono caduto in quello sventurato portale, il vostro mondo di Sopra faceva già ribrezzo in maniera spaventevole. Io provo, tuttavia, ribrezzo all'incirca per qualsiasi creazione dell'umano intelletto, quindi non trovavo la cosa in qualsiasi modo anomala.
Ma ora siete stati capaci di disgustarmi, profondamente.
La vostra società non è pura. Oh, non lo è affatto se chiedete il mio parere.
Non è nemmeno corrotta nella usuale maniera, vi manca la lucidità e il coraggio per accollarvi responsabilità e collusioni. È come una triste ciotola di porridge mescolata con il cucchiaio rigorosamente in senso orario per non richiamare il Diavolo. Tutte queste premure nonostante quest'ultimo sia stato già invitato sovente a colazione.
Un'impastata e anonima zona grigia, senza alcuna tonalità a spiccare nell'uniformità. Eroi soffocati da cravatte e smog, canaglie nascoste dietro doppiopetti e sorrisi compiacenti. Nessuno che abbia più la voglia di partecipare alla lotteria della storia come protagonista del proprio tempo. Nessun signor Ozymandias, nessun signor Adolf.

Che triste opera incompiuta che è l'uomo. In possesso del prezioso dono del libero arbitrio, ma incapace di fronteggiarne le conseguenze, né parimenti abbracciare l'istinto e il magico.
Il magico, già, l'invisibile. Che fine hanno fatto nelle vostre vite? Il progresso del pensiero razionale e positivista è a dir poco impressionante. La capacità con cui chirurgicamente l'uomo abbia asportato qualsiasi traccia di mythos dagli studi ufficiali ha quasi tratti paranormali. E perdonate l'involontaria contraddizione in termini.

Rimat-Ninsun, la Grande Regina dell'Uruk bagnata dalle fertili acque dell'Eufrate. Ninsun la Dea-Sacerdotessa, madre dell'eroico Gilgamesh.
Un giorno quest'ultimo entrò nel Palazzo Eccelso, per poter discutere con la madre a proposito di sogni che lo avevano turbato profondamente le notti precedenti.
La prima notte vide il firmamento di Anu deriderlo dal cielo. Gilgamesh provò a sollevarlo sicuro della sua forza, ma senza alcun risultato. Nel secondo sogno il firmamento divenne una enorme ascia che violentemente si scagliava contro il Re-Sacerdote. Anche in questo caso cercò di sollevare l'oggetto, non riuscendo nel suo intento.
In entrambi i sogni, il firmamento e l'ascia si trasfiguravano in un essere umano dall'aspetto selvatico. Gilgamesh lo abbracciava come un fratello, sentendolo suo gemello.
Rimat-Ninsun sorrise alle parole del figlio e capì che era una profezia, così cristallina da essere considerabile un vero e proprio manifesto del destino. Sorrise, perché capì che Gilgamesh avrebbe trovato una persona dalla forza straordinaria, l'unica creatura capace di potersi rapportare con il Re da suo pari.
Predisse l'arrivo di Enkidu ed Enkidu arrivò. E con lui l'inizio del viaggio per l'immortalità.
Rimat-Ninsun riconosceva l'importanza dei presagi, il potere divinatorio del subconscio. Ninsun discerneva la differenza fra un buon sogno e un cattivo sogno, fra un semplice fantasticare e la realtà superna che si palesa con il suo linguaggio durante il riposo.
Regina di Uruk, vessillo del mythos.
Passano i secoli, si susseguono Re e Governatori ingannevolmente eletti. Raggiungete il Novecento scordandovi di Uruk, gradevolmente calpestata con eserciti e bucherellata con proiettili in svariate occasioni, e di Rimat-Ninsun.
Arriva il 1962 ed ecco giungere Walter Bonime. Un uomo fra gli uomini, psicologo di grande fama accademica. Pubblicò un libro, chiamato Uso Clinico dei Sogni.
Lo lessi a Vandemar, gli descrissi la teoria secondo la quale i sogni sono un autoinganno volto a preservare e a rafforzare un modello di vita, poiché la personalità ha una forte componente sociale e comportamentale.
Per le Nove Porte dei corrispettivi Nove Cerchi, il mio compagno di sventure sogghigna ancora ogni volta che allevio il suo mutismo con il numero del "Sogno come autoinganno".
Sono costretto ad impalare crudelmente un cucciolo umano ogni volta, per cercare di non perdere parte del mio contegno durante l'esilarante passaggio sulla "personalità dalla forte componente sociale".

Perché se non riconoscete il valore della vostra mente e nemmeno l'importanza della vostra anima, non rimane che ridere.

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