martedì 30 aprile 2013

Salve, vorrei un libro da leggere mentre metto i soldi da parte per la prossima armatura.


Ascoltami bene, mortale! È mio desiderio che tu ti erga a mio vessillo terrestre e svolga per me un annoso e importantissimo compito: devi sapere che l'orco Nomakk-Aso era stato incaricato di sterminare la legione di non-morti capitanati dal malvagio duo di lich Keessen e Phrega; ebbene, costui ha stipulato con quelle infami carogne un patto altrettanto infame: in cambio del comando di una legione di quei cadaveri ambulanti, grazie al qual- [Suono incessante di una barra spaziatrice]
Oh!
Mortale, come osi?
No, davvero, non c'è modo di saltare questa mia premessa, ma poi perché dovresti? Avresti l'ardire di interrompermi, o per dirla in linguaggio runico, skippare questa introduzione, vanificando così il lavoro di sceneggiatori e doppiatori e...
Come dici? Vuoi semplicemente sapere, una volta appreso il nome di quello da corcare de mazzate, quale sarà la tua ricompensa? Ha! Mortali! A volte mi scordo di quanto siate gretti e materialisti: la ricompensa a cui tanto ambisci è un'arma che ti aiuterà a dissipare tanto i colpi inferti dall'acciaio quanto [Suon inc-] vabbe', vedo che ricominci a premere cose: è uno scudo che riflette le magie, ora levati di torno.

Diciamoci la verità: tante volte le trame dietro ai videogiochi non sono un granché – e lo dico io che considero l'intrattenimento videoludico la vattelapesca arte, dopo il cinema e la fotografia. Ci sono ovviamente molte felici eccezioni, grazie a Dio*, come per l'appunto Metal Gear Solid (la mia conoscenza arriva fino a Peace Walker per PSP, una meraviglia direi), i cui personaggi ti sparano battute fulminanti come quella di Revolver Ocelot: «A voi americani piace troppo il suono della vostra voce per dire la verità», oppure il toccante dialogo fra i due protagonisti, sempre nel secondo episodio:

Raiden: Snake, ti sei mai divertito ad uccidere qualcuno?
Solid Snake: Di che cosa stai parlando?
Raiden: Non sono sicuro. A volte è difficile capire lo differenza tra realtà e finzione.
Solid Snake: Hai un senso ridotto della realtà vero? È dovuto all'addestramento in RV.
Raiden: No. È stato l'addestramento nel campo quando ero bambino. Ho mentito Snake. Ho esperienza di campo da vendere. Non è lo RV che mi sta dando questa sensazione.



Scusate, ma questa io la chiamo Arte, Poesia, Bla bla bla ma Fatto Bene!
Tra gli altri che salverei ci sono senz'altro Final Fantasy VII, VIII e X, seppur assurdamente contorti nella loro “giapponesità”, titoli occidentali come Torment e in misura minore i "recenti" Dragon Age, Bioshock e molti altri che non mi vengono in mente e per la cui dimenticanza verrò prontamente bacchettato da voi, fini conoscitori, con commenti quali «Appendi la tastiera al chiodo, ti sei dimenticato di Chatterbox 3, il gioco in cui si parla e basta!!!». In effetti ci spero...

Ma in alcuni giochi, insomma, verrebbe da dire agli sceneggiatori «non voglio che ti sforzi troppo».
Sarcasmo!
Un paio di esempi, e già che ci siamo indovinate pure da quali GdR sono presi (facilissimissimo).



Salve, persona armata pesantemente che passi di qui parlando con tutti. Una donna che manco conosci né ha alcun senso per la trama o altro si è persa nel bosco, andresti a indagare?
Aspetta un attimo che equipaggio l'anello Desty Catzy...

Oppure:

Il re vuole che tu vada a uccidere questo gigante, prendere o lasciare, niente domande. In cambio ti daremo ciò che guadagneresti vendendo più o meno due spade di ferro.

Perché, scusate, POVERO GIGANTE? No, perché quello mi sembra pure vagamente antropomorfo, e se ne sta sempre lì a pascolare le sue bestiole con le quali fa addirittura il formaggio! Chi potrebbe voler uccidere un gigante che fa il formaggio? [In realtà qualcuno in redazione potrebbe volerlo fare davvero...]



Insomma, dài, videogame, tienimi sveglio, dammi una ragione, fammeli odiare 'sti cattivoni, sennò mi sembra di giocare a Tamagochi Spade & Bòtte:
  • missione preceduta da qualche bla bla bla 
  • botte da orbi (cioè tra guerci?) 
  • torni in città, vendi tutto quello che hai raccattato e SOLO DOPO QUESTO
  • prendi la ricompensa
  • uh, fa cagare! 
  • la rivendi 
  • cerchi un nuovo cattivoNE...zzz...
Come fuga dalla realtà mi sembra un po' misera. E sì, mi sono divertito taaaaanto con Diablo II e soprattutto Path of Exile (giochi che io chiamo “del Corriere Armato”: vai, ammazza ogni cosa, riempiti l'inventario, torna in città, vendi e chissenefrega della trama: voglio la Spada +tutto), ma ci sono titoli che senza un minimo di struttura narrativa mi cadono come pere flosce dall'albero. E non mi piacciono le pere flosce. E neanche gli alberi, a esser sincero.

Ma basta parlare di me, parliamo di voi: qual è il gioco che ommammasantissima che storia vi ha colpito di più e quale invece del tipo ommassantissima che storia (brutta) vi ha fatto pentire di vivere in questo mondo triste e grigio?


* Hideo Kojima.

lunedì 29 aprile 2013

Non portateci rispetto (nei fumetti), siamo italiani!

Italia: mafia, pizza e mandolino. Questa è l’opinione internazionale sul nostro Paese e il mondo del fumetto non si tiene lontana da questa visione. Anche se è vero che nei comics molte volte si ragiona per stereotipi, non si può negare che mentre le comunità latinos vengano ogni tanto recuperate con qualche eroe,  il nostro Bel Paese gode di meno considerazione del centro Africa che quantomeno ha un eroe come Batwing.

Partiamo dagli eroi: nei Batmen di tutte le nazioni, l’Italia viene rappresentata dal Legionario, un vigilante vestito da antico romano che combatte con una lancia, usata anche per il salto con l’asta. Anche nel suo massimo splendore, diciamo che è abbastanza ridicolo.
Il buon Grant Morrison, ce lo fa incontrare di nuovo durante la preparazione di Batman Rip, presentandocelo come un ciccione corrotto e pervertito, l’unico del club che è venuto a mancare ai suoi doveri e che sembra senza alcuna possibilità di redenzione.
Appena proviamo a stendere un velo pietoso, ci pensa il  reboot a dare una nuova immagine dello Stivale con una nemesi di Hawkman, St. Bastion, un fanatico cattolico integralista che combatte contro i peccatori (non abbiamo diritto neanche ad avere un cacciatore di demoni).
Sul settore supercriminali la situazione non va tanto meglio: oltre ad avere i soliti mafiosi à la Padrino con Fedora e vestito elegante, possiamo vantarci di avere Charlie Caligola, un boss mafioso che ha provato a imitare il Joker diventandone uno squallido rip-off (parole di Batman) e che picchia la gente con un pesce, il senatore Fishy. Grazie DC, o siamo mafiosi o siamo patetici.

La Marvel, un po’ più educata rispetto alla sua controparte, ci propone la “Maggia” (sic) con Silvermane (un vecchio in un corpo cyborg) e Testa di Martello, un mafioso che prende la gente a capocciate.
Questa piccola carrellata ci serve solo per capire che in fondo è questo che siamo agli occhi degli altri: un Paese corrotto, privo di eroi onesti o di grandi ideali, tolta la parentesi degli anni della resistenza (ma nessuno pensa a un eroe basato sui partigiani?), un piccolo popolo che si arrabatta copiando qua e là, ricordando con nostalgia idee e principi vecchi come l'Impero.
Insomma, o ci ispiriamo agli antichi romani o veniamo dal New Jersey, con il solo Leonardo da Vinci come "figura pop" positiva, ma, si sa, Leonardo è Leonardo e il genio travalica i confini nazionali (ringrazio dio per Assassin's Creed che, pur avendo tutti i difetti del mondo, ha dato almeno un po’ di lustro nel mondo nerd a gente come i Borgia e Machiavelli e ci ha permesso di avere uno come Ezio Auditore a rappresentarci nel settore).
E qui arriviamo al caso più eclatante, dove è sorta la maggiore polemica negli ultimi anni.
No, non sto parlando di Mario Monti al vertice ONU di Spider-Man, ma piuttosto della miniserie di Huntress ambientata a Napoli. La nostra bella cacciatrice, sulla scia di un mafioso (ma guarda un po’) implicato nella tratta delle prostitute, arriva in una delle nostre città più belle, ma il suo primo commento è sull’odore di spazzatura e sul degrado, causato secondo lei dalle “distrazioni” del suo premier, tale Silvio Berlusconi. E qua, temo mi dovrò lavare con la candeggina dopo averlo scritto, devo aggiungere una cosa: ma com’è possibile che nel mondo DC il presidente degli USA non è mai quello ufficiale (tanto che lo sono stati anche Lex Luthor e Pete Ross) anche quando è una macchietta guerrafondaia come Bush Jr., mentre noi non abbiamo neanche la dignità di un nomignolo? Chiamatelo almeno Bernasconi!
Insomma, c’è speranza per noi italiani di vedere un qualcosa nel mondo del fumetto americano che ci possa quanto meno far dire “Forza Italia” (ah no, meglio di no ora che ci penso) o dobbiamo essere costretti ad essere sempre, e qua torno all’inizio, il Paese di pizza, mafia e mandolino?

Le cene eleganti dell'ex presidente sono in continuity. Sul serio: ma scherziamo?
PS: No, non vi preoccupate, di Terra 2 post reboot non mi sono dimenticato, ma lì il problema lo hanno risolto alla radice trasformandoci in un cratere fumante. 

mercoledì 24 aprile 2013

Un D&D a mo(N)do mio – Parte 1


Arriva il momento nella vita di un master (e credetemi, ho masterizzato per diciassette anni) in cui si cerca qualche sfida in più, in cui le ambientazioni classiche ormai hanno stufato (sì, Forgotten Realms, sto parlando con te) e si sente la voglia di creare qualcosa di diverso.
Chiamatela crisi di mezz’età, ma a un tratto ho sentito il bisogno di staccare dal classico e buttarmi in qualcosa di pazzo, e da questa pulsione è nata la mia campagna: Bihar (il nome cercatelo su Google translate, ma non vi dico la lingua).
Oggi ho intenzione di offrirvi qualche spunto che ho sfruttato per la mia ambientazione, così che vi facciate un'idea del suo feeling generale e, perché no, possiate darmi qualche idea nei commenti. O insultarmi, vedete voi.

Tanto per iniziare, gli dèi sono tutti morti stecchiti. Oh sì, lo so già che alcuni di voi chiederanno: e i chierici? Be', signori, esistono comunque, semplicemente seguono delle scuole di filosofia piuttosto che un'entità sovrannaturale; nel tempo si è scoperto che il potere di un sacerdote non deriva dagli dèi ma dalla sua fede nei princìpi in cui crede (cosa già permessa dalle regole, ma poche volte usata), tanto da venir chiamati teosofi più che chierici..
Ecco qua una breve spiegazione tratta dal mio personale e segretissimo documento:

Quando gli dèi morirono, i più colpiti da questo furono di sicuro i chierici. Il legame spezzato con la propria divinità portò alcuni a perdere i propri poteri, altri a impazzire, molti a morire e, i più sfortunati, furono tramutati in bestialità non morte, creature senza vita che vagavano per la terra alla ricerca di qualcosa che riempisse il vuoto nelle loro anime. 
Per i sacerdoti usciti indenni dal trauma, la situazione non era comunque delle migliori; avevano perso la propria ragione di vita e tutto ciò in cui credevano era stato cancellato da un momento all'altro. 
Ben pochi chierici mantennero le vesti sacerdotali e molti abbandonarono i loro templi e i loro monasteri per sfuggire ai dubbi che li attanagliavano. Senza la capacità di compiere miracoli, poi, persero la loro credibilità come guide spirituali di fronte alla popolazione, tanto che non furono pochi i sacerdoti uccisi dalle stesse folle che fino al giorno prima li pregavano per ottenere un po' della loro attenzione.
Furono i culti misterici a salvare la fede, unica entità davvero immortale. 
Mentre le chiese ufficiali si dedicavano direttamente alla divinità, i culti misterici vedevano in essa solo il tramite per un ideale e la morte degli dèi cambiò solo lievemente la loro visione: anche se un dio era morto, questo non significava che la terra non continuasse a dare frutti o che il sole non sorgesse più.
La fede nelle idee, che un tempo era una pratica poco accettata, uscì dal suo nucleo di segretezza e ben presto cominciò ad allargarsi nella popolazione normale, complice anche il fatto che i suoi credenti erano gli unici ancora in grado di compiere miracoli. Ben presto i culti misterici uscirono dall'ombra e iniziarono a insediarsi nei templi abbandonati, raccogliendo intorno a sé centinaia di fedeli.
Nuove fedi e nuove filosofie di vita completamente distaccate dalle vecchie tradizioni apparvero nelle strade e, nonostante fossero inequivocabilmente espressione umana, i praticanti più convinti riuscivano in qualche modo ad attingere all'energia divina. 
Nell'anno 598, sotto la spinta di diversi sacerdoti e filosofi che erano diventati nel tempo figure di riferimento nelle comunità, si tenne il Primo Concilio Ecumenico. I rappresentati di tutte le fedi si riunirono per discutere quale strada dovesse prendere il nuovo mondo, un mondo dove non ci sarebbe più stato il predominio di poche potenti chiese ma un dialogo tra diversi modi di vedere la realtà. 
La sede del Concilio era la città di Eridanis, che in pochi anni divenne il simbolo di quel progetto, una casa così sicura per ogni setta da diventare nota come "La città delle Mille Fedi". 
Il Concilio produsse un lungo trattato, il De Mysteri et Fedis e in uno dei suoi capitoli furono stilate delle regole per essere riconosciuti dal Concilio stesso come fede; tra queste, venne deciso che i "Nuovi Credenti" avrebbero dovuto abbandonare i titoli delle vecchie e inaffidabili fedi: i cosiddetti chierici d'ora in avanti si sarebbero chiamati Teosofi, i "sapienti del divino". 


Ma la morte di un interno pantheon che conseguenze potrebbe avere? Eh, qua la faccenda si fa più complicata, ma in linea di massima si può dire che un mondo dove gli dèi sono "tangibili" e reali non può che crollare nel caos alla loro dipartita. Pensate un attimo a quello che accade in un mondo dove a un tratto i chierici non hanno più poteri: le malattie andrebbero fuori controllo, la società stessa perderebbe uno dei suoi nuclei di aggregazione e uno dei punti di riferimento sulle questioni etiche.
Per fare un esempio, i nani, storicamente legali e legati alla tradizione, vedono tutte le loro certezze crollare e la loro cultura, estremamente rigida e granitica (sic), invece di piegarsi, si spezza sotto il peso del cambiamento. La loro società si riduce a una serie di bande caotiche prive di qualsiasi regola e dedite solo al caos (non quello di Warhammer, più "neutrale").
Ok, nel mio manuale la storia è un po’ più approfondita, ma se vi sto a spiegare tutto per filo e per segno non ne usciamo più.
...
Va bene, vi metto un piccolo riassunto, non fatemi la faccia triste!


La razza di superficie, o quasi, che venne più colpita dalla morte degli dèi fu di certo quella nanica; una civiltà così basata sul passato e la tradizione si rese conto all'improvviso che anche ciò che era considerato eterno e immutabile poteva morire, con effetti devastanti sulla loro psiche. 
Dopo la caduta delle divinità, apparve nelle città sotterranee una strana figura, un nano avvolto di stracci che viaggiava di comunità in comunità sfidando i chierici più potenti a compiere miracoli e che teorizzava, quando questi fallivano, la fine del "Vecchio Ordine" e la nascita della terra "della libertà". Di questo nano vi sono poche informazioni affidabili, nessuno sembra ricordarsi il suo volto, il tono della sua voce o il colore della barba, ma tutte le versioni sono concordanti su due punti: la sua voce aveva un grande magnetismo e i suoi piedi non toccavano mai terra. Nel giro di pochi anni, centinaia di ribellioni colpirono l'impero nanico che collassò sotto i colpi della sua stessa gente: i nobili vennero cacciati, privati del loro titolo o uccisi, le statue distrutte, le antiche tavole della legge deturpate. Sembrava che il piccolo popolo fosse in preda a una vera e propria ondata di follia collettiva, una rabbia incontrollabile che non permetteva mitigazioni da parte della ragione. 
Quando gli anni della follia terminarono, di quello che era stato un grande impero non rimaneva più niente. I nani erano diventati un popolo senza più fede nelle tradizioni o in qualsiasi forma di struttura sociale; fu così che essi iniziarono a viaggiare e abbandonarono il concetto di clan per quello più anarchico di kroso, ovvero un'insieme di individui, non necessariamente legati dal sangue, che condividono temporaneamente un periodo della loro vita in una condizione di totale libertà, dove nessuno è tenuto a obbedire a un altro in base a discriminanti quali l'età o lo status sociale. I nani non hanno più un'etica unitaria, non credono più che la tradizione sia il centro della civiltà e preferiscono aggregarsi temporaneamente a un'idea per poi abbandonarla quando non fa più loro comodo.  Ciò vale similmente nei rapporti interpersonali: un nano potrà essere un ottimo compagno di bevute per la sera, ma non ci si potrà aspettare che non ti tradisca prima che sorga il sole. 
Ciò non vuol dire che tutti i nani siano dei tagliagole o dei ladri e può anche capitare che un nano sia un alleato affidabile e un amico sincero; semplicemente saranno loro a dettare diritti e doveri del rapporto. L'unico aspetto che i nani moderni hanno in comune con i loro antenati è la passione per i piaceri della vita, portata nel loro caso all'eccesso: alcool, droghe, sesso e cibo a volontà sono tra le poche cose che rimangono fisse nella vita di un nano, oltre ad uno smisurato bisogno di accumulare ricchezze, magari per poi dilapidarle in una notte. I nani hanno un grande senso della proprietà privata, purché sia la loro, ovviamente.

Ecco qua, per oggi basta così, credo.
Vi ho descritto un paio di idee, malamente abbozzate e ancora soggette a revisione. Mi viene comunque da chiedere a voi tutti: che ne pensate? E voi come fareste un D&D a modo vostro?

martedì 23 aprile 2013

Apprezzare cose che si travestono

Probabilmente la maggior parte di chi legge questo blog è parecchio, parecchio nerd.
Nerd nel senso vero del termine, non il nerd (o la nerd) fighetto/a con i suoi bravi occhiali spessi (tipo… ehm… i miei) e la maglietta con scritto 1-UP. No, di quelli duri & puri che hanno giocato tutta una vita su pc e console, hanno speso più di qualche pomeriggio dietro a qualche Gdr cartaceo e sanno cosa è un Larp o cos'è il cosplay.

Ecco, io non mi sento pienamente nerd, e di molte realtà che vi gravitano intorno non ero a conoscenza, o ne avevo una visione distorta: signore e signori, il cosplay è uno di questi.
Ne ho sentito parlare dagli amici che vanno tutti gli anni al Lucca Comics & Games (di cui ho recentemente sentito il jingle; molto bello e ispirato quando dice: «Lucca comics and games / Lucca comics and games…») ma chissàperché la maggior parte delle volte si finisce a ridere dei cosplayers tirati via o a parlare, in tono da spogliatoio, di quanto… è importante la libertà di movimento nei personaggi femminili (ciao, Chun-Li!).

Sennò come fa a fare lo spinning-bird kick? 

Ebbene sì, questi aspetti persistono, eccome: per i primi si può dare un'occhiata a questa splendida gallery, per le seconde… credo basti cercare “cosplay” su un qualunque motore di ricerca.
Ma quello che ho realizzato recentemente, insieme a quei mattacchioni di Nerd Bloc al Play! di Modena, è che in realtà il mondo del cosplay è bello, ed è serio, e che la resa di un personaggio passa attraverso tanti di quegli aspetti (sartoria, trucco, pittura) che riassumerlo in “quelli che si sparano le pose con un parrucca bionda al grido di kamehameha!” è veramente, veramente riduttivo.

Molte volte è l'interpretazione, quello che conta.

Qui, signori, c'è una ricerca del dettaglio, uno studio della veste, del particolare, del trucco che sfiora il maniacale.
E questa roba è scomoda e ingombrante e delicata e costosa, ma gli intrepidi c.p. sopportano ben volentieri tacchi vertiginosi (hurra!), costumi da tartaruga ninja in gomma piuma con conseguente temperatura interna di quarantacinque gradi (doppio hurra!) e persino castellierrantidihowl in testa (applausi!).



E tutto per cosa? Per amore dell'arte, diciamo, tutto qui: beninteso che vi saranno eccezioni, è tutto a rimessa, ma loro, sorridenti e disponibili (vi dico: TUTTI) si fanno fotografare dal superfotografo con macchina professionale così come dal babbo che vuole fare una foto al figlio mentre viene circondato dagli Stormtroopers e costretto alla resa. Più tardi, lo stesso bambino si chiederà chi fossero quei signori…

Per cui sì: probabilmente vedrete qualche raccattato dell'ultimo secondo che vi farà ridere, qualcuno col costumino comprato su ebay che puzza ancora di plastica, ed è quasi sicuro che, dopo una giornata in un posto popolata da cosplayer, le vostre gonadi ne risentiranno notevolmente.
Ma dove altro potreste mai vedere una cosa come questa?

lunedì 22 aprile 2013

Sesso Sesso! Però nei fumetti













Il mondo sta cambiando e di questo non possiamo che esserne contenti: più diritti per le coppie LGTB, più dialogo sui temi della sessualità e, in generale, una più ampia disponibilità di materiali su internet capaci di riempire le nostre notti solitarie (ma non chiedetemi di mettere link che poi Nedo mi caccia).
Tutto questo di per sé va bene, siamo una generazione più libera da certi tabù, ma nel mondo del fumetto la sessualità certe volte è diventata, come nei peggiori reality show, un modo per attrarre dozzine di adolescenti arrapati o per dimostrare il “siamo tanto buoni, siamo tanto belli, comprateci”.  
I microcostumi delle eroine hanno sempre fatto parte della storia del fumetto, dai tempi dell’inutile Phantom Girl che attirò le ire di Fredric Wertham ne La seduzione dell’innocente (se non sapete cos’è, guardate su Wikipedia), passando per lo swimsuit di Wonder Woman e i primi striminziti costumi di Starfire, vere e proprie madri delle turbe adolescenziali , fino ad arrivare alla Wildstorm e agli anni Novanta, dove sembrava che meno tessuto una donna avesse addosso e più fosse potente.
Per non parlare poi dell’aspetto fisico delle eroine: avere una quinta di reggiseno, un paio di chiappe di marmo, labbra carnose e in generale un aspetto fisico che fosse in grado di fare invidia alle modelle di playboy, sono sempre stato considerati stilemi classici. A questo aggiungiamoci una promiscuità tipicamente adolescenziale e il mix è una perfetta fantasia erotica da quindicenne.


Per carità, nessuno vuol essere bigotto e promuovere qualche forma ottusa di censura, ma un conto è lo sdoganamento della sfera intima degli eroi, un altro è l’ostentazione eccessiva e autoalimentata, tipica di certe “cene eleganti” di alcuni politici italiani.
Insomma, si può essere sensuali anche senza necessariamente mostrarci “tutta la mercanzia” o bombardarci di scene che hanno chiari riferimenti sessuali.
Come non è necessario che ci venga fatto vedere una che sculetta per capire che ha un paio di chiappe, non serve che Starfire si vesta da spogliarellista o che soffra di una specie di Alzheimer sessuale per sottolineare come anche lei abbia dei desideri, parte stessa dell’essere umano (o alieno).  

Ma poi, un costume femminile deve essere proprio striminzito? Dobbiamo proprio avere tanta carne al fuoco? Ci serve veramente tutto questo sesso per raccontare una storia? In fondo non è quasi offensivo nel 2013 buttare tutta questa marea di curve, ovviamente femminili? Non dovrebbero gli eroi e le eroine raccontarci storie che ci aiutino a convivere con il mondo in cui viviamo?
Che messaggio (bigotto mode on) può dare un’eroina che combatte il crimine in tacchi alti e guêpière a una ragazzina di quattordici anni che magari si vede brutta e grassa? Che una donna per essere un supereroe debba essere una belloccia con la quinta, le chiappe di marmo, i capelli lunghi e tutto questo ben di dio sempre in bella mostra?
E poi, questi bambini che sono cresciuti guardando serie televisive della DC come i Teen Titans e decidono di avvicinarsi ai fumetti prendendo come spunto i loro eroi preferiti, trovandosi in un mondo di arrapati e microcostumi, che cosa dovrebbero pensare?

E non si venga a dire che anche per i maschietti è lo stesso: gli uomini dei fumetti sono muscolosi, potenti, invincibili, grandi seduttori.
Tutte fantasie maschili, mentre, come la storia ci insegna, attualmente uno dei grandi miti delle ragazzine è Justin Bieber: mettete il nanetto di fianco a Thor e noterete come l’ideale di ragazzo figo è assai diverso.
Noi maschi vogliamo essere come Thor (o come Fabrizio Corona, dipende dal grado di intelligenza), mentre non sono così convinto che tutte le donne vogliano essere come la Sue Richards degli anni  Novanta, una madre di famiglia con costumino scollato e autoreggenti. Insomma signore e signori, il dato è questo: ci stanno bombardando di sesso e violenza, soprattutto la DC dopo il reboot, perché pensano che sia quello che vogliamo, ma siamo sicuri che sia così?
Personalmente preferisco delle belle storie e meno carne in vista, ed infatti ringrazio tutti gli dei del cosmo che Carol Ferris almeno si sia salvata, perché, dopo il suo costume inguinale da Zaffiro Stellare, qualche autore ha pensato bene di dare una rinfrescata al guardaroba e coprirla, proprio perché,  usando parole dell’autore, “non si poteva pensare che una donna forte come Carol potesse andare in giro così”.
 

venerdì 19 aprile 2013

Real Life "Fucking" Super Heroes

Sono appariscenti. Sono eccentrici. Sono affascinanti, minacciosi, ridicoli. Sono coraggiosi, generosi, altruisti. Sono probabilmente pazzi e non del tutto stabili psico-emotivamente.

SONO DEI CAZZO DI SUPEREROI.

Per davvero.

The Real Life Super Heroes Project

L'altra mattina arrivo alla macchina, giulivo e spensierato, per prendere una cosa. Basito, mi ritrovo ad osservare un commando di Birilli in alta uniforme (non so se avete presente la divisa della municipale di Firenze), che dirigono le grandi manovre per portarmi via l'auto. Al pari di numerosi cittadini incolpevoli che condividevano il mio destino, testimonio ai vigili che il misfatto trae origine dallo spostamento di un divieto di sosta temporaneo operato nottetempo da un facinoroso.
Agli agenti della Forza Pubblica, però, sempre pronti a prestar orecchio alle necessità del cittadino, non gliene fotte una beneamata cippa di cazzo, e così, mentre attendo che la contravvenzione mi venga formalmente verbalizzata, il mio pensiero corre rapido e nostalgico ad Angle Grinder Man, (super)eroe dei nostri tempi, ormai pensionato, che ha probabilmente ispirato la nota canzone dei Meganoidi.
Il tempo passa, la multa resta, e con essa resta la curiosità di andare a spulciare sull'interwebs le vicende del buon Angle Grind-o per farmi due risate.
Da lì a venire risucchiato anima e mente (e cuore) nella insospettabilmente vasta realtà dei Real Life Super Heroes, il passo è stato assai breve.
Ho fatto un lungo viaggio virtuale in questa folle e strabiliante dimensione e, ora che sono tornato, voglio portarci anche voi.
Siccome quanto segue è fottutamente epico, ho pensato di selezionare per voi un'adeguata colonna sonora, attivabile di paragrafo in paragrafo. Mi raccomando: ogni paragrafo va letto con la giusta canzone, e se finite di leggere prima, aspettate. In ogni caso non tagliare le canzoni a metà: è una cosa che mi fa imbestialire!



Ci sono delle persone che sentono la necessità di passare all'azione. Persone che sentono il bisogno di aiutare gli altri, che vogliono dare un esempio, che hanno scelto di essere il cambiamento che vogliono vedere nel mondo. Sono persone che si assumono grandi responsabilità. Senza nessun cazzo di potere, né grande né piccolo, se non quello della loro determinazione.
Possono sembrare ridicoli, possono sembrare pazzi. Molti diranno di loro che sono dei sociopatici immaturi e con tare emozionali. Che queste buffonate mettono in pericolo la loro vita e quella degli altri, che c'è la polizia per questo, che si faranno ammazzare.
Ognuna di queste cose è indubbiamente vera, nel modo in cui lo sono tutte le assennate osservazioni borghesi fatte su gesti simbolici che non vengono capiti.
Queste persone non hanno particolari preparazioni, né patrimoni alla Bruce Wayne a cui attingere, né tanto meno super poteri.
Tanti di loro sono professionisti affermati, padri di famiglia, gente apparentemente comune. Spesso vittime di soprusi e violenze che hanno scelto di reagire, o persone per bene che si sono stufate di stare a guardare.
Escono la notte indossando dei costumi che hanno fatto con le loro mani, sfidano il giudizio della gente, la diffidenza, lo scherno, che spesso possono ferire, e le sprangate, le coltellate e le pallottole, che hanno la tendenza a ferire più o meno sempre.
Mettono le loro energie, il loro tempo, i loro soldi al servizio dei più deboli e indifesi. Non sono dei violenti vigilantes che cercano un pretesto per menare le mani, coperti da una maschera che li protegge dalla legge. Si aggirano per le zone più degradate e difficili delle loro città, distribuendo parole di conforto e generi di prima necessità, costituendo un simbolo di fermezza e di speranza per coloro a cui ne è rimasta poca. Fronteggiano saldamente i prepotenti e i criminali, parandosi loro contro, chiamando la polizia o, solo se necessario, ingaggiando la lotta.
Molti di loro sono volontari del primo soccorso o paramedici, altri esperti di arti marziali, qualcuno entrambe le cose e qualcun altro nessuna delle due.
Quel mai troppo incensato genio di Alan Moore aveva visto lungo quando scrisse quel capolavoro immortale che è Watchmen: quando quello che accade per le strade non è più accettabile, certe persone non possono aspettare di sviluppare dei superpoteri per mettersi un mantello e andare a combattere per i propri valori.
Il male prospera se gli uomini buoni non fanno nulla.
Questi sono sono i veri Supereroi.




Z

Z incarna l'archetipo classico del supereroe. Un passato di violenze subite lo ha colmato di rabbia fino al limite.
Ha iniziato la sua guerra privata contro il crimine nel 2001, pattugliando le strade in armatura completa, con una maschera minacciosa a coprirgli il volto e la ferrea volontà di dare una ripulita radicale alle strade.
Intossicato dalla propria rabbia, andava in cerca di malviventi da malmenare e crimini da evitare con violenza, notte dopo notte.
La profonda depressione di cui soffriva lo ha spinto a tentare il suicidio due volte. La seconda ci è andato giù pesante, ma è un tipo tosto che, come il Rorschach che un po' ci ricorda, ha il brutto viziaccio di restare vivo.
Risvegliatosi, ha avuto una sorta di epifania. Ha gettato via la maschera (che ha reindossato in via del tutto eccezionale per il fidato fotografo Peter Tangen) e ha compreso il valore della redenzione.
È un artista, scultore e designer affermato. Potrebbe mollare queste super-cazzate e darsi alla bella vita.
Ma non lo fa, perché là fuori c'è bisogno di lui e lui ha bisogno di stare là fuori, lungo le strade peggiori della città. Ora pattuglia a viso scoperto e, anche se continua a prevenire il crimine, non cerca lo scontro violento, ma adotta tecniche più creative, quali la distrazione e il dialogo con i criminali. Alle perse, tuttavia, è sempre ben allenato e pronto a difendere sé e gli altri. L'armatura, dopotutto, la porta ancora.

La sua attenzione va alla sicurezza delle famiglie e alla prevenzione dei reati sessuali.
www.FamilyWatchdog.us





Zimmer

L'incredibile storia di Zimmer ricorda quella di Barbara Gordon, e non certo perché lui sia una fighetta, perché, credeteci, non lo è!
Da ragazzino, in Texas, inizia a interessarsi alla comunità dei R.L.S.H., ma sebbene il suo inestinguibile senso di giustizia lo spinga a volerne accrescere le fila, la sua intelligenza fuori dal comune lo porta a constatare di non essere pronto.
Affina così le sue conoscenze tecnologiche e informatiche, già considerevoli, e le affianca a un intenso addestramento nelle arti marziali.
A diciotto anni si sente pronto e comincia a pattugliare le strade. Ma, come tutti i fumetti ci insegnano, la patria dei supereroi non è certo il Texas, bensì New York City, dove peraltro è operativa la maggioranza dei R.L.S.H., a cui lui sogna ardentemente di unirsi per poter combattere il crimine assieme e apprendere nuove tecniche e strategie.
Abbandonato l'anonimato dalla scuola superiore, è anche lui un supereroe a volto scoperto, in interessante e coerente parallelismo con la sua militanza nel movimento LGBT.
Trasferitosi dunque a NYC, diventa in breve un membro stimatissimo della super-comunità, sia per le sue preziose conoscenze di paramedico sia per le sue abilità che lo portano ben presto a diventare admin della super-comunità on-line. Nel giugno 2010 la svolta Oracolo-style. In un brutto incidente si sfracella la spalla, e dopo lunghe e dolorose operazioni riporta una paralisi parziale al braccio. Lontano dal darsi per vinto, diventa il coordinatore del sistema informatico dei supereroi. Ma la strada lo chiama e lui non potrà restare a lungo insensibile al suo richiamo. Poco male: ha quasi ultimato un guanto prostetico di sua realizzazione che dovrebbe restituirgli buona parte della mobilità, quindi presto sarà di nuovo a pattugliare le strade. Se il dottore gli darà il permesso.

La sua attenzione va all'integrazione e al sostegno della comunità LGBT.
www.outyouth.org/




Lion Heart

Ritratto di Lion Heart ad opera dell'artista Casey Callender
Lion Heart è speciale tra gli speciali. È un supereroe nato, cresciuto e operante in Liberia.
Separato dai genitori in tenera età, ha sviluppato i suoi "superpoteri" sopravvivendo giorno per giorno, nella maniera più dura. A quattordici anni ha intrapreso un arduo viaggio verso Monrovia, la capitale, per andare in cerca dei genitori. Durante questa esperienza ha convissuto faccia a faccia con gli orrori del costante stato di guerra, imparando a conoscere i suoi peggiori nemici: la scarsità di acqua, rigorosamente non potabile, e il contagio delle malattie.
Indossando una semplice maschera, che è il simbolo della sua missione e la sua unica difesa, porta avanti la sua crociata insegnando alla gente a bollire l'acqua, a non usare gli stessi piatti e posate, a coprirsi la bocca quando si tossisce. Tutti piccoli accorgimenti, scontati e ridicoli per noi, ma che fanno la differenza tra la vita e la morte in un paese dove dissenteria e tubercolosi ne ammazzano più della guerra e dell'AIDS.
Incurante dei mastini della guerra a cui potrebbe risultare antipatico, continua imperterrito il suo lavoro.

La sua attenzione va principalmente al procacciamento della risorsa più rara: l'acqua potabile.
https://mygenerositywater.org/rlsh




Vi piacciono questi fusi di testa? A me sì, un botto.
E sono davvero tanti, decine, alcuni più fighi, altri un po' ridicoli, alcuni prestanti uomini d'azione, altri empatici buoni samaritani.
Se vi interessa conoscere le storie di queste persone indubbiamente fuori dall'ordinario, potete visitare il sito ufficiale del Real Life Super Hero Project, oppure aspettare che ve le racconti io nelle prossime settimane.
Eroi guidati dalla fede, che sia cristiana o ebraica hassidica, avvocati umanitari ispirati alla mitologia greca, seguaci del wudù dall'inflessibile senso civico, indagatori dell'occulto e, sì, anche sexy-eroine.
E siccome, per l'appunto, oggi non ho ancora fatto il cafone ammaliandovi e irretendovi con la foto della femme fatale di turno, lo faccio ora, così ci leviamo il pensiero.
La prossima volta si parla anche di lei:








Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo...

giovedì 18 aprile 2013

I personaggi dei videogiochi più pezzenti, irritanti e sgradevoli che umanità abbia mai creato - Prima Parte


Parte oggi una simpatica rubrica sui personaggi più odiosi, insopportabili e irritanti del videoludo. Dalla prosa, come dire, corrosiva, capirete che parlerò soltanto di quelli che ho avuto la sfortuna di incontrare nella mia vita di giocatore. Se avete consigli su personaggi che credete debba trattare nelle prossime puntate, non dovete far altro che scrivere un commento e costringermi a soffrire con voi.

Adoring Fan - Oblivion


Chiunque abbia giocato Oblivion può sentirsi male soltanto osservando per un istante la sua bruttissima faccia da villico bosmer. È il male, il vero boss finale del gioco, l'avatar immortale del fastidio e della petulanza, il miglior sponsor possibile per l'eutanasia come metodo per porre fine alle inutili sofferenze di un essere vivente.

Hai avuto la pessima idea di diventare Campione dell'Arena a Imperial City? Troverai questa faccia di gabinetto ad aspettarti fuori, con quel sorriso da venditore di vibratori d'amianto. Ti chiederà se può seguirti nelle tue avventure. Non. Rispondere. Positivamente. Sul serio. Scappa. Chiudi il gioco. Disinstallalo e prenditi due giorni di ferie per disintossicarti. 
Se, per qualche motivo che mi sfugge, credi che sarebbe una buona idea avere come compagno fisso il sottoprodotto di una notte bollente fra Billy Idol e uno di quei folletti de dal film del Grinch, be', benvenuto in una valle di lacrime. Continuerà a ripetere le solite due frasi in croce, ti seguirà come un brutto caso di herpes e fuggirà a ogni combattimento, lasciandoti a prendere un sacco di mazzate per entrambi. Speri che ammazzandolo la cosa finisca? No, no che non finisce. L'animale resusciterà come un messia e tornerà a importunarti fino alla fine dei tempi.


Tails - Sonic 2


Il fatto che Miles Prower sia il miglior personaggio fra i comprimari dei giochi col porcospino blu, rende chiaro che diavolo di bestialità (sic!) siano state sparate direttamente in flebo ai fan Sega nel corso degli anni. Amy, il porcospino confetto? Vector, il coccodrillo con l'umorismo di Jerry Calà? Charmy Bee, l'ape detective? Ci manca giusto don Pasquale Roach, la blatta mafiosa, e abbiamo fatto il giro completo delle stranezze zoologiche (e anche un po' zoofile, temo).
Tails è davvero il migliore, certo, ma in Sonic 2 ho davvero meditato di comprarmi una stola di volpe. Ma che dico, un'intera pellicceria. È sbagliato, dite?
Dopo che il bicodato vi ha rovinato tutti i livelli bonus con la sua inossidabile imbecillità, è morto centoquarantasette volte nello stesso punto, è affogato tante di quelle volte da far sembrare l'Ophelia shakespeariana una nuotatrice olimpica e si è premurato di attivare più piattaforme instabili possibili prima che possiate salirci, vi assicuro che anche un antispecista prenderebbe una clava per percuotere cuccioli di foca, giusto per sfogarsi.

Roman Bellic - GTA IV



No, ora parliamo di questo grasso bastardo qua sopra. Prima di tutto è un cazzaro, e nemmeno di quelli divertenti. «Ehi, cugino, vieni in America! Sono ricchissimo! Possiamo rifarci una vita bellissima insieme! Sono un imprenditore! Detengo un potere impressionante! La città è piena di figa! La gente non cerca di portarmi via i testicoli con una fiamma ossidrica perché devo loro un sacco di soldi e sono meno affidabile di un'agenzia di rating!»
E quindi niente, Niko si beve tutte le balle del consanguineo, prende una nave per gli States e si ritrova a vivere in una latrina, a dormire in un letto che nella sua Serbia non avrebbero offerto nemmeno sotto i bombardamenti, con un lavoro sottopagato e un cugino che rischia ogni giorno di essere sgozzato per qualche nuovo, creativo e assolutamente imbecille colpo di testa. 
E non basta essere entrato in una giostra di crocche, pedate e sputi nei bulbi oculari dalla porta di servizio, no. Mentre giri per la città a farti sforacchiare le pudenda da qualche mafiosetto che ha un conto in sospeso con l'adorabile Roman, il pirla ti chiama ogni dieci secondi netti sul cellulare. Si sente solo, poverino. 
«Ehi, cugino! Andiamo al bowling! Ehi, cugino, dopo che ti è passata quell'ustione di quarto grado provocata dall'esplosione dell'orribile taxi che ti ho prestato, che ne pensi di una partita a freccette? Ehi, cugino! Ehi! Ehi! Rispondimi, cugino! Ehi!»
Nelle battute finali del gioco, viene data la possibilità di scegliere chi morirà fra una bellissima irlandese con le palle quadrate e un serbo sovrappeso con problemi di liquidità, capace ancora di respirare autonomamente solo per il vostro annacquato legame di sangue. Che sarebbe un po' come chiedere "meglio una pizza con il salame piccante o la castrazione chimica?". Addio, Roman, tante buone cose nell'Aldilà.

Ashley Graham - Resident Evil 4


Ci sono tre cose che non sopporto mai nei videogiochi. La prima sono i livelli acquatici, motivo per cui dai tempi di Ecco se vedo un delfino mi viene un attacco di panico. La seconda sono le sfide a tempo, ché se gioco ai videobalocchi è perché ho un sacco di tempo da buttare; non ho certo fretta. 
La terza, la più infingarda, sono le famigerate "Escort Mission"; tu, superfico capace di abbattere palazzi con una schicchera da Subbuteo, devi fare da tata a qualche mollaccione con l'istinto di sopravvivenza di un criceto, mentre l'Inferno stesso si riversa nelle strade e ti ha già prenotato un letto in terapia intensiva.
Resident Evil 4 è, per molti aspetti, il mio capitolo preferito. Non sarà un survival horror nel vero senso del termine, ma è riuscito a traghettare un concept che rischiava di diventare stantio in un universo in tre dimensioni reali. Vero, Leon sembra sempre Nick Carter dei Backstreet Boys, ma il gioco ha un gameplay freschissimo e tirar giù interi paesini ispanici è più divertente di quanto avrei mai immaginato (e vi assicuro che immaginavo grandi cose che implicavano copiose quantità di napalm e un quartiere qualsiasi di Malaga).
Insomma, per una decina d'ore era una delle robe più divertenti che avessi provato su Gamecube. Poi, a un certo punto, arriva la Figlia del Presidente. Ashley, 'sta bionda con le orecchie da Coppa Campioni e l'indipendenza di un mollusco di mare, deve essere tratta in salvo altrimenti chissà come si indispone il papà, maledetta sia sempre la sua genia.
Non solo da quel momento sei bloccato in una perenne missione di scorta, con un drone protocollare ossigenato che punta sempre verso il luogo più pericoloso della mappa, ma a un certo punto sei costretto anche a vestire i suoi panni, costringendoti a giocare a nascondino come facevi all'elementari, ma con meno bambini che mangiano vermi e più infetti rosicchiacrani.
Se non sei Yorda di Ico, per favore, vedi di startene a casina tua e lascia fare le cose ai grandi, ok?

Khalid - Baldur's Gate


Come ha giustamente affermato Deo Divvi nella sua retrospettiva sugli anni Novanta videoludici, Baldur's Gate è probabilmente uno dei titoli più importanti del suo tempo, specialmente per l'impatto che ha avuto nel genere.
Se c'è però un aspetto intrinsecamente sbagliato nel titolo Bioware, è questo cacasotto con le orecchie a punta che risponde al nome di Khalid, il mezzelfo guerriero dotato del talento "pannolone migliorato".
Tanto per iniziare, le sue statistiche sono orribili: più che un soldato corazzato e armato fino ai denti, pare il famoso tonno che si taglia con un grissino. Anche Edwin in mutande, con le magie giornaliere esaurite e armato con un mestolo di legno smussato è una presenza decisamente più minacciosa sul campo di battaglia. 
Come se non bastasse, il tapino ha il brutto vizio di fallire tutti i tiri sul morale, una roba che lo vedi fuggire alla prima scorreggia di un gibberling, urlando scuse con la sua vocetta nevrotica da Woody Allen sotto anfetamine.
«Be', ma non metterlo nel party!»
Certo, è una soluzione. Ma poi non puoi goderti l'abilità e il carisma della sua compagna di vita, Jaheria, visto che i due girano costantemente in coppia; mandi via uno dei due – chissà quale, si chiede nessuno – e l'altro lo seguirà.
L'unico metodo per trattenere soltanto la druida è far morire l'infame del marito (non ci vorrà molto) e cacciarlo dal party. Probabilmente è una delle cose più crudeli e psicotiche che uno possa fare. Voglio dire, una persona muore e tu gli dai un calcio nelle reni al grido di «Ha! Ora non sei più nostro amico! Finalmente, non ti sopportava nessuno! Se non fosse stato per quella figa di tua moglie, ti avevamo già sciolto nell'acido!». Però, oh, problemi estremi richiedono misure estreme.
Il personaggio è talmente odiato da tutti che gli sviluppatori hanno pensato bene nel secondo capitolo di fartelo trovare morto dopo terribili sevizie, giusto per evitare che i nuovi e vecchi giocatori dovessero ancora sopportare il suo grugno da mezzosangue e la sua vocina rotta.



Per oggi è tutto, miei cari. Vi lascio con una domanda: qual è il personaggio che più vi ha traumatizzato e vorreste che fosse reale solo per farlo a pezzi e darlo in pasto ai maiali?

mercoledì 17 aprile 2013

Mostrini e D&D

Capita a tutti di stufarsi del Manuale dei Mostri base e, diciamo la verità, quelli aggiuntivi propongono certe volte creature interessanti ma che non legano molto con la nostra campagna (sì, mostri orientali: parlo con voi) o magari abbiamo un’idea che ci piacerebbe mettere su carta ma non troviamo un mostro che ci sembri adatto.
Esempio: nella mia campagna di Pathfinder la maggior minaccia è un universo organico che ha occupato tutto lo spazio disponibile nella sua dimensione e ora si sta allargando verso quella abitata dai giocatori (qualcuno vuole citare il cancerverse della Marvel? Ebbene sì, è quella l'ispirazione). Il Groviglio, così si chiama, è la base di gran parte delle aberrazioni presenti nel mondo, che fungono da spina dorsale del suo esercito. Nei manuali purtroppo ve ne sono poche e le due mostruosità aliene più famose di D&D, Illithid e Beholder, non esistono in Pathfinder causa diritti d’autore, perciò è diventato necessario crearne da zero un bel po’. "
Premessa: di solito quando vado a fare un giro per negozi di giocattoli alla ricerca di qualche primizia da aggiungere alle mie collezioni, se vedo un’offerta di quelle bustine con i mostrini dentro (non parlo dei Gormiti) a tipo un euro me ne compro sempre una o due, così da vedere con che cosa giocano i bambini al giorno d’oggi. 
Così compro un Virus Attack, lo apro e mi viene una folgorazione! Cazzo! Il mostrillo che vedo è una perfetta aberrazione.

Guardate come... come aberra!


Come potete vedere, sembra un po’ un Beholder con tanti tentacolini e delle protuberanze artigliose. Bellissimo!
E così, colpito dallo spirito di Gary Gygax e dalla nascita del rugginofago, un mostrino di plastica trovato in una bustina di altri mostrini che aveva comprato, decido di introdurlo nella mia campagna.
Ma come introdurre un’aberrazione che fino al giorno prima non esisteva? Che poteri dovrebbe avere? Che cosa potrebbe essere in grado di fare? In fondo è solo un mostrino di plastica.
Così inizia il mio ragionamento a flusso di coscienza.
«Tentacoli. Mmmh, non sembrano quelli di un polpo, più quelli di una medusa. Mmmh, potrebbe usarli per nutrirsi dato che non ha una bocca? Certo!» E così i tentacoli possono tentare un attacco di lotta che succhia punti costituzione in caso di successo.
«Artigli? Mah, mi sembrano un po’ scomodi. Se invece fossero lame? Se avesse sei lame? Fichissime lame? Mi piace.» E così la creature ha sei attacchi da taglio.


Gettate le prime basi, bisogna decidere come introdurlo e identificare il ruolo che potrebbe ricoprire.
Dopo alcune riflessioni, ho pensato potesse diventare una specie di assassino silenzioso, una creatura che il Groviglio manda in giro per eliminare elementi particolarmente pericolosi – così potrebbe avere un’aura di silenzio intorno a sé (ciao ciao, caster) –, ché alla fine in un’invasione servono anche questi, no?
Alla fine è tempo di presentarlo alle sue future vittime: «Aroid: chiamate con un nome che è un pegno di ringraziamento, queste creature si muovono silenziose intorno alle zone dove il Groviglio effettua un’incursione. Il loro compito è eliminare eventuali minacce all’invasione dell’universo e per fare ciò sono anche disposte ad allontanarsi dalla loro zona di apparizione. Dispongono di un’elevata intelligenza e tra di loro comunicano con  un complicato sistema gestuale basato sui loro tentacoli, che sfruttano anche per nutrirsi delle loro vittime».
Ultimo punto, ma non meno importante: serve un’immagine! Così, tramite amici di amici, ho contattato un disegnatore, Dario Vecchio, che si è reso subito molto disponibile e ha accettato tutti i miei deliri. Vi posso perciò presentare l’Aroid (se sapete anagrammare capirete perché sia chiama così) [Si chiama Dario? NdNedo] in tutto il suo splendore!


PS: Che onore! Questo è il post numero 100!



martedì 16 aprile 2013

Scena del crimine - un caso prêt-à-porter




Settimana scorsa vi avevo parlato della scena del crimine, un gioco economico e affascinante per passare una serata con i propri amici.
Viste le richieste sulla nostra pagina Facebook, ho deciso di pubblicare oggi il caso che abbiamo preparato a Modena Play, giusto per darvi un'idea di come funzioni la cosa nel dettaglio.
Premetto ovviamente che si è trattata di poco più di una demo, dovendo far giocare il maggior numero di persone possibili senza costringerle a buttare un'ora al nostro stand; prendetelo perciò come un esempio semplificato di cosa potreste ideare voi con tempi e spazi più generosi.

Come potete notare da soli, il post è molto lungo, perciò se volete spulciarvelo offline o stamparlo per non perdere gli occhi, potete scaricare lo .zip che comprende il testo sottostante e tutti gli allegati necessari per ricreare nel dettaglio la scena a questo link.


LA MANO DEL DESTINO

John Hercule è stato ritrovato privo di vita nella sua stanza d'albergo a Podor, Senegal, con una pistola in mano e un buco in testa.
Per le autorità locali si tratta di un chiaro caso di suicidio, ma l'Interpol ha motivo di credere che ci sia qualcosa di strano nella morte del turista. Cosa nasconde monsieur Hercule e chi avrebbe voluto vederlo morto?


Durata prevista: dai venti ai trenta minuti
Difficoltà: facile
Numero di partecipanti consigliati: quattro persone

Materiali necessari

Allegato 1 stampato in un numero di copie pari ai partecipanti [link]
Allegato 2 [link]
Un letto
Un quadro appeso alla parete
Un comodino
Una bottiglia di cola
Un'aspirina o farmaco similare, purché solubile in acqua
Nastro adesivo di carta
Una pistola giocattolo
Due penne, una Bic nera col tappo mangiucchiato e una a inchiostro blu
Pennarello indelebile di colore blu
Una valigia
Indumenti vari, compresa la biancheria
Una camicia di colore chiaro
Un cavo d'alimentazione per pc, possibilmente senza alimentatore
Un foglio di carta bianco
Un libro usato
Un diario o un'agendina nuova


Preparazione della scena


  1. Svuotare la bottiglia di cola, lasciando soltanto un dito di liquido al suo interno.
  2. Sciogliere l'aspirina nella cola rimasta, scuotendo quanto basta per lasciare tracce di polvere sulla plastica.
  3. Con un ago riscaldato sul fuoco, praticare un foro di diametro modesto sul tappo della bottiglia.
  4. Appoggiare la bottiglia chiusa sul comodino.
  5. Posizionare il libro usato sul comodino, non prima di aver scritto qualche riga con la Bic nera in una delle sue pagine.
    Nel nostro caso il libro era un bignami di filosofia, perciò, sotto la spiegazione del Leviatano di Hobbes, abbiamo aggiunto un: «Se riesco a mandare il fascicolo all'agenzia prima che il SISMI mi prenda, potrebbe un domani non essere più così».
    Si può scrivere qualsiasi cosa sia attinente al volume scelto, purché si rammenti in qualche maniera la presenza del SISMI sulle tracce della vittima.
  6. Attaccare il cavo d'alimentazione a una presa di corrente, facendo in modo che sia visibile a chi si chini a guardare il libro o la bottiglia sul comodino.
  7. Ricopiare i testi dell'Allegato 2 nel diario/agenda, ricordandosi di alcuni accorgimenti:
    scrivere le prime due note con la penna a inchiostro blu;
    nella nota del 24/12/2012, passare un dito o un batuffolo di cotone umido sull'inchiostro ancora fresco per creare un effetto di sbavatura;
    se la penna contiene un inchiostro molto liquido, passare direttamente la manica sinistra della camicia bianca;
    utilizzare la penna Bic nera dalla nota del 28/01/2012;
    nel caso non si stia usando per la scena un libro di filosofia, modificare la nota del 27/03 di conseguenza.
  8. Posizionare il diario appena scritto dietro al quadro, in modo che cada appena venga spostato.
  9. Scrivere una lettera d'addio del “suicida” sul foglio di carta bianco con la Bic.
    La calligrafia deve essere completamente diversa da quella presente nel libro e nel diario, perciò è consigliato farla scrivere da qualcun altro.
    Il contenuto esatto non è importante, può limitarsi a un «Ho sbagliato tutto. Non ce la faccio a continuare così, spero che mi perdonerete. Vi amo, anche se non ve l'ho dimostrato abbastanza».
  10. Lasciare la nota sul letto, posando la bic alla sua destra.
  11. Sporcare d'inchiostro blu la manica sinistra della camicia.
    Nel caso la penna non sia sufficiente durante la stesura del diario, usare il pennarello indelebile blu su una superficie impermeabile per poi passare sopra la manica.
  12. Posizionare la valigia vicino al letto (o a un armadio, se presente nella stanza: è importante ricordarsi di svuotarlo, in questo caso, per non confondere i giocatori) e riempirlo di vestiti senza curarsi di piegarli. Deve dare l'impressione di una valigia preparata di fretta.
    La camicia bianca sporca di inchiostro deve trovarsi al suo interno.
  13. Creare la sagoma della vittima con il nastro adesivo di carta, cercando di ricostruire con la posizione la dinamica dello sparo; si trovava in piedi, dopo il colpo di pistola si è accasciato in posizione supina, obliqua al letto.
  14. Posizionare la pistola vicino alla sagoma, all'altezza della mano destra.

Walkthrough della scena


  • Gli investigatori leggono con attenzione l'allegato 1.
  • Registrano la posizione della pistola, chiaramente nella mano destra.
  • Leggono la lettera del “suicida” e vedono la posizione della penna rispetto al foglio.
  • Si avvicinano al tavolo e prendono in mano il libro. Aprendo la pagina sul segno, trovano una nota scritta a mano. La calligrafia non coincide; la lettera d'addio o la nota sul libro non sono scritte dalla vittima. Colgono il riferimento al SISMI; la vittima è ricercata, cosa che spiega il passaporto falso e offre un possibile movente, nel caso non sia un suicidio.
  • Analizzano la bottiglia; alla luce, il colore della cola è troppo chiaro. Scuotendola, si osservano tracce di una polvere bianca al suo interno. Il tappo ha un minuscolo foro al centro. Qualcuno ha drogato la bevanda, iniettando probabilmente un narcotico quando era ancora chiusa.
  • Notano il cavo d'alimentazione di un pc, ma non vi è traccia di un computer nella stanza. Chiunque lo abbia trafugato, aveva troppa fretta per accorgersi di aver preso l'alimentatore ma non il cavo, rimasto nella presa di corrente.
  • Aprono la valigia. I vestiti sono infilati alla rinfusa, molti non sono nemmeno piegati. La vittima si stava preparando per andarsene con una certa fretta; non esattamente il modus operandi di un aspirante suicida.
  • All'interno della valigia trovano una camicia bianca. C'è traccia di inchiostro blu sulla manica sinistra. Non ci sono documenti scritti con la penna blu nella stanza e tutti gli indizi portavano a un individuo destrorso. Ispezionando con attenzione la scena, recuperano il diario dietro il quadro.
  • La calligrafia del diario coincide con quella della nota sul libro. La lettera d'addio è un falso.
  • Dalla prima pagina del diario si evince che monsieur Hercule è un cittadino italiano.
  • Dalla seconda si scopre che François ha iniziato a lavorare da poco nella pensione, successivamente all'arrivo della vittima. È lui che gli porta la cola tutte le sere e gli rassetta la stanza ogni mattina.
  • Le prime due pagine sono scritte con una penna blu e presentano segni di sbavatura, come se qualcuno avesse passato una manica sul foglio. Alla luce della camicia bianca sporca, è chiaro che la vittima sia mancina e il finto suicidio sia stato orchestrato da qualcuno che non era al corrente di questo particolare.
  • Nella terza pagina si scopre come la camicia sia stata data al padrone della pensione, monsieur Ndoye, per farla smacchiare, purtroppo con scarso successo. 
  • Ndoye viene dipinto come una persona spregevole e avrebbe teoricamente potuto compiere l'omicidio, ma non avrebbe sbagliato a posizionare l'arma in mano alla vittima, sapendo del suo incidente con l'inchiostro.
  • Nella quarta pagina si parla di monsieur Ba. I suoi trascorsi italiani, alla luce delle prove trovate, sembrano poco più di una coincidenza. Hercule era sospettoso e non aveva un rapporto abbastanza intimo con il sospettato per permettergli di entrare e uscire tranquillamente dalla sua stanza.
  • Nella quinta pagina viene presentata Jacqueline, ma, come nel caso di monsieur Ba, non avrebbe avuto modo di entrare in stanza senza essere invitata. Nel caso ci sia comunque riuscita, non si spiega come avrebbe potuto drogare la bevanda senza conoscere le sue abitudini. C'è un riferimento a rivelazioni interessanti da parte di un contatto della vittima. Probabilmente sono legate alla fuga e alla sua falsa identità.
  • Nell'ultima pagina si scopre come abbia pronto un faldone di informazioni, quasi certamente sensibili, che lo rendano libero dall'inseguimento da parte dei servizi segreti. Le informazioni sono nel suo pc che non è più presente nella stanza. Si parla di un telegramma, non presente nella scena, a quanto pare probabilmente aperto da qualcuno prima della consegna. Gli unici che possono gestire la posta sono François e il padrone della pensione. Il secondo, come già detto, non avrebbe sbagliato mano se avesse simulato un suicidio.


Soluzione

Il colpevole è François Keita. Controllava Hercule dal suo arrivo nella pensione, probabilmente come agente del SISMI.
Leggendo il telegramma, si è accorto che il suo obiettivo era prossimo a fuggire con in mano informazioni sensibili dell'agenzia, capaci di ribaltare lo status quo all'interno dei suoi quadri dirigenziali e, forse, la stabilità del Paese.
Ha drogato la cola prima di portarla nella stanza e ha aspettato che il narcotico facesse effetto. È entrato nella stanza con le chiavi o il passepartout in suo possesso come dipendente della pensione e ha simulato il suicidio, scrivendo prima una lettera d'addio.
Ha portato via il telegramma e il pc, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Non sapere del diario o della mano usata dalla vittima si è rivelato fatale per un piano altresì perfetto.

lunedì 15 aprile 2013

Uno sfogo su quello che sta accadendo nel mondo del fumetto

Ok, oggi sono molto incazzato e quindi terrò un tono molto meno ironico del solito, ma certe cose vanno dette: che diavolo sta accadendo nel mondo del fumetto? 
Il fumetto è passione, divertimento, storie, ma ormai si sta svuotando di tutti questi contenuti, diventando uno strumento vuoto, privo di spessore.
Non parlo delle graphic novel, ma proprio del mainstream, capace un tempo di avere coraggio e portare nell’intrattenimento popolare storie che potevano colpire per la loro lontananza dalle classiche tematiche supereroistiche: non è un caso se una delle saghe più belle di Lanterna Verde sia ambientata non nello spazio, ma sulla Terra, dove insieme a Freccia Verde si scontra contro un’America socialmente egoista, quella degli anni Ottanta, dove ad un certo punto gli viene chiesto perché difende gli uomini dalla pelle verde ma non quelli dalla pelle nera.

Freccia Verde sempre in quel periodo ha toccato il tema dell’eroina. Più avanti quello dell’Aids. Era un eroe politico, per giunta dichiaratamente di sinistra. E ora cosa abbiamo davanti ai nostri occhi? Un ricco figlio di papà che affronta supercriminali grazie alla sue op op frecce gadget ultratecnologiche
È a questo che si è ridotto il fumetto popolare? Ci vogliamo accontentare delle elucubrazioni filosofiche di Grant Morrison, grande autore per carità, che lasciano il lettore entusiasta ma alla fine non hanno raccontato nulla? 
Probabilmente stiamo assistendo a una nuova età dopo quella dell'oro, dell'argento, del bronzo e del ferro. Quella del vuoto a rendere.

Ursula K. Le Guin, grandissima autrice di fantascienza, spiegava un tempo che il linguaggio dei cosiddetti generi di intrattenimento di serie B era quello dell’inconscio. Può essere che il nostro inconscio sia ormai svuotato da anni di reality show e programmi spazzatura, da anni di cinema che non racconta niente, di libri vuoti, utili solo a passare qualche ora, o per meglio dire, a farcele perdere
Ultimamente quando leggo qualcosa, non riesco più a trovare le emozioni di un tempo, ad analizzare quello che ho davanti come se avesse un senso simbolico o di critica verso la società. Quello che vedo sono solo ventiquattro pagine vuote, riempite di qualche battuta e di un po’ di tette e culi, che del resto funzionano sempre


Hanno svuotato ogni cosa che abbiamo davanti: la storia d’amore di Starfire e Nightwing? Troppo complicata, lei non si ricorda niente perché è un’aliena e il suo cervello è fatto così. 

La morte di Jason Todd che ha segnato Batman per anni? No, facciamolo tornare, però in cambio, dato che dobbiamo comunque stupire il pubblico, ammazziamo un altro Robin. 
Svuotiamo Freccia Verde, riportiamo umano Swamp Thing cancellando il tema dell’identità di Alan Moore, eliminiamo la JSA che combatteva contro i nazisti, ché ormai son passati anni e non son più di moda, facciamo divorziare l’Uomo Ragno che deve essere GGGiovane, ma siccome il divorzio è brutto alteriamo la realtà direttamente, riportiamo in vita Barry Allen che, si sa, i sacrifici ormai hanno stufato. 

E così il pubblico si avvicina per l’effetto sorpresa, si stupisce per dei petardi lanciati qua e là, in fondo nient'altro che rumore, e comprano, almeno per un po'. 
Vendere, rimanere in attivo, è l'unica mission culturale, non importa se snatura storie editoriali decennali (e non parlo di continuity), non importa se crea dei reality show cartacei privi di qualsivoglia spessore; quello che serve è solo mettere sul mercato, digitale o meno, un prodotto che la gente crede di volere, un prodotto che fa incassare. 
Microcostumi per le donne, che si sa l’occhio vuole la sua parte, qualche gay o transessuale buttato lì per non farci dire che siamo cattivi, uomini tosti per esaltare il pubblico adolescente e storie che non fanno pensare.


E chi se ne frega se Alan Scott, un uomo degli anni Cinquanta, aveva un figlio gay, di cui non sapeva niente e che ha conosciuto solo anni dopo. Ma poi, chi se ne frega del loro rapporto, meglio rendere direttamente Alan Scott gay e addirittura fargli chiedere al suo compagno di sposarlo, tanto poi il compagno lo ammazziamo che non si sa mai – non è mica semplice gestire una famiglia omosessuale – e, già che ci siamo, infiliamoci suo padre che non ha mai accettato lo stile di vita del figlio (accidenti che novità)… 
Esemplificativo il trattamento rivolto a Simon Baz, la quinta Lanterna Verde della Terra, un personaggio arabo e per questo accusato di terrorismo. L'idea è vecchia come l'11 settembre (in Occidente, da altre parti direi anche di più), ma si sarebbe potuto rivelare un buon metodo per parlare di una cultura tanto interessante quanto sconosciuta ai più. Rischioso. Difficile. I focus group non apprezzano. Meglio non renderlo un musulmano praticante. Si sa, una Lanterna Verde che deve pregare verso la mecca o che non mangia maiale o che si fa crescere la barba e mette il caftano quando è a casa non ci va tanto giù. Certo non è un terrorista, ma probabilmente perché è laico, integrato, atipico.

E così, mi ripeto, ci dobbiamo accontentare di petardi che fanno solo rumore, per giunta di quelli tarocchi che rischiano di far saltare qualche dito. Un tempo leggevo comics perché erano esplosivi veri, fumetti per tutti con il potere di scardinare, con le loro storie, il sistema.



venerdì 12 aprile 2013

Far Cry 3 Blood Dragon - Di luci fluo e parodie



Far Cry 3 è davvero strano. Non parlo del gameplay né dello stile, tutto sommato assai simile ad altre iterazioni della serie. Piuttosto la sua narrazione e il ritmo impartito alla storia mi sono sempre sembrati dissonanti e in contrasto con le parti giocate.
Hai venticinque anni, sei un cretino di Los Angeles che va in vacanza con gli amici colonizzando un posto pacifico con le solite puttanate ganassa da "cultura americana dominante". Eppure subito dopo il primo tutorial diventi una sorta di macchina da guerra, capace di maneggiare qualsiasi strumento di morte con una naturalezza assai sospetta, la tribù locale senza un motivo logico decide che sei un prescelto e stermini l'intera popolazione di pirati e tagliagole praticamente da solo. Tutto questo mentre veniamo investiti da una quantità incredibile di rimandi a film e libri che vedono un occidentale unirsi ai selvaggi (da Balla coi Lupi a L'ultimo samurai), decidendo di salvarli da ciò che lui stesso rappresenta, culturalmente e socialmente parlando.



All'inizio pensavo soffrisse di semplice disturbo bipolare, come spesso succede quando non si riesce a riprodurre in gioco l'atmosfera che si vuole ricreare nelle cutscene (vedasi Uncharted o il recente Tomb Raider, con due personaggi avventurosi, tutto sommato politicamente corretti, normali e buoni che compiono genocidi con la semplicità che ci si aspetterebbe da uno psicopatico imbottito di anfetamine).
Grattando la superficie però, la storia di Far Cry 3 è una parodia di proporzioni gargantuesche, imbottita di cliché con il solo scopo di far chiedere al giocatore se, tutto sommato, il protagonista non sia un narratore piuttosto bugiardo e infantile, affascinato dall'idea di entrare nella tana del Bianconiglio per una volta nella sua vita (non è un caso ci siano tantissimi riferimenti ad Alice nel Paese delle Meraviglie).
Il doppio finale (che non rivelerò, non vi preoccupate), poi, è un enorme vaffanculo al giocatore che ribalta tutte le sue aspettative e gli fa chiedere se non abbia sbagliato approccio sin dall'inizio.

Come ha riferito  in un'intervista su The Penny Arcade Report il lead writer del gioco, Jeffrey Yohalem, il problema è che non tutti hanno colto l'assurdità della storia. Siamo così abituati a narrazioni videoludiche esagerate, stupidamente enfatiche e inverosimili che moltissimi hanno preso Far Cry 3 maledettamente sul serio.

Non partirò però con una filippica su quanto il medium e chi ne fruisce siano ancora troppo immaturi per riuscire a riconoscere un prodotto satirico se non glielo sbatti in faccia con un trabucco. Almeno non oggi.
Piuttosto, vi presento Far Cry 3 - Blood Dragon, un'espansione stand alone che ha la caratteristica curiosa di non avere praticamente niente in comune con il gioco base, se non per la voglia matta di Ubisoft Montreal di continuare con la tradizione di prendere per il culo giochi e giocatori.
Questa volta con il 170% in più di anni Ottanta e luci fluo.
Momento del trailer? Momento del trailer.



Vi do qualche secondo per riprendervi.
Ci siete?
Bene.
Blood Dragon è una sorta di ode sconclusionata all'estetica Eighties, alle sue (brutte) serie d'animazione, ai suoi film d'azione fascisti e pieni di steroidi e, ovviamente, ai suoi improbabili videogiochi, partoriti in uno dei periodi più creativi, caotici e amatoriali del nostro hobby preferito.


Come Far Cry 3, anche Blood Dragon gioca con le aspettative del giocatore e smonta gli archetipi classici degli sparacchini treddì. Per essere certi che il messaggio passi, però, questa volta la partita è a carte scoperte e si passa al trabucco menzionato qualche riga più sopra.
Il protagonista è esagerato, sboccato, over the top e capace di parlare solo con one liner da filmaccio con Steven Seagal. Dal tutorial in poi, Blood Dragon ti ricorda sempre di essere un'enorme presa in giro, una sorta di pesce d'Aprile in formato digitale. Per distrarre le guardie, per esempio, si lanciano d20 al suolo (negli States il primo boom di D&D è coinciso proprio con l'era reaganiana), le armi hanno suoni da Laser Tag sperduto nell'Arizona e i nemici si esprimono in beep boop che li disumanizzano ancor di più di come vengano già presentati.
Per non parlare degli screen del menu. Cioè.





















Il gioco è in uscita il primo maggio su Steam, XBL e PSN, anche se i soliti russi sono riusciti a mettere le mani sulla versione completa per pc da qualche giorno (no, non vi sto consigliando di cercare il torrent, persone brutte che non siete altro, è solo per informazione).



Da notare l'inizio e il tutorial da sopracciglio alzato. Quanto tempo abbiamo buttato via, nevvero?

Io vi consiglio di comprarlo, poi fate un po' voi.