lunedì 19 novembre 2012

Abramo Lincoln, il percussore di non morti

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In un moto di sincerità, ammetto pubblicamente che avrei voluto vedere in sala Abraham Lincoln, Vampire Hunter (rinominato nello Stivale La leggenda del cacciatore di vampiri. Mi stupisce che The Dark Knight in Italia non sia uscito come Se mi lasci ti batarango). Sì, a prezzo pieno. Sì, sono pazzo.
Che ci posso fare, mi intrigava. Forse perché è basato sull'omonimo romanzo di Seth Grahame-Smith, autore reso famoso da Orgoglio e Pregiudizio e Zombie, un'opera subdola (e meravigliosa) capace di far leggere ai maschietti il libro di Jane Austen senza che sentano la propria virilità in pericolo. E poi, insomma, l'idea di un allampanato presidente degli Stati Uniti che passa le nottate a mutilare figli della notte è una roba che travalica lo scemo e si avvicina con passo imperioso alla genialità.
Purtroppo non ho fatto in tempo a godermelo su grande schermo – complice la sua permanenza nei cinema inferiore alla durata del coito di un coniglio – e ho dovuto attendere in fibrillazione l'arrivo di un copia da Blockbu dal mio videonoleggiatore di fiducia.
L'attesa è valsa la pena? Non rispondo, altrimenti non leggete il resto e poi piango.

Il piccolo Abe (posso chiamarti "Abe"? Dài, sei fra amici della Libertà e delle barbe buffe!) già da piccolo sopportava mal volentieri le vessazioni degli schiavisti, gente maleducata che frusta altra gente perché sì.
Un giorno, stanco di questi figuri tristi da romanzo di Dickens, reagisce violentemente alle scudisciate inferte a un proprio amico di colore, scatenando una serie di eventi che porta la sua famiglia a perdere prima il lavoro, poi la vita.

Che belle le spensierate attività comuni a tutti i bambini, come giocare alla guerra, scambiarsi le figu dei calciatori e rincorrere schiavisti con un'accetta.

Essendo il protagonista di un film di menare, Abe è OVVIAMENTE spinto dalla sete di vendetta a scovare l'assassino della madre e porre fine alla sua miserabile esistenza. Ce ne fosse uno che apra pacificamente un negozio di articoli per la pesca alle Hawaii, senza complicarsi troppo la vita. Figurarsi.
Che poi si impegna pure nella sua missione, il povero Lincoln, riuscendo anche a rintracciare il manigoldo e a sparargli in faccia. C'è soltanto il piccolo contrattempo che 'sto schiavista è in realtà un vampiro immortale dalla castagna facile. Seguono le ovvie mazzate in cui Abe viene umiliato come una sceneggiatura dei fratelli Vanzina.

Volevano usare i classici vampiri belli e dannati, ma poi su Groupon per cinque euro potevi prenotare questi cessi e una messa in piega gratis dalla Signora dei Bigodini a Bussolengo, Verona.

Un uomo, il misterioso Henry Sturges, arriva però in suo soccorso prima che Abe venga ulteriormente pestato e bevuto come un succhino alla pera da discount. Dopo un siparietto ridicolo che ha il solo scopo di presentarcelo come un viveur d'altri tempi (sic), il signor Sturges spiega ad Abe come i vampiri siano gli effettivi padroni del Sud del Paese, usino gli schiavi come fonte economica di cibo, abbiano mire espansionistiche nel continente e stiano progettando di aprire attività commerciali a Malindi per evadere le tasse. Gente poco raccomandabile, insomma.

Henry nei suoi primi minuti su schermo riesce a spazzarsi una, bersi un goccetto, accendersi un narghilè e spaccare varie cose nel suo studio. Già che c'era voleva finire le registrazioni di Exile on Main St., ma Keith c'aveva ancora la botta.

In un momento molto anni Ottanta, molto dailacera-toglilacera, Lincoln viene addestrato da Henry nella sacra arte della caccia al non morto, con riprese degli allenamenti e accompagnamento musicale suggestivi come il codino di Steven Seagal.
E uno attento si potrebbe chiedere: «Come fa un comune umano con un'arma bianca a combattere alla pari contro vampiri dalla velocità, forza e resistenza sovrannaturali?». Acuta osservazione. Quel che viene reso noto allo spettatore è che Abe sblocca il suo potenziale fisico usando l'odio e la verità (parole di Henry, mica mie), riuscendo addirittura a tagliare un tronco spesso trenta centimetri con un sol colpo d'accetta. Io affermo da anni che Giuliano Ferrara sia notevolmente e colpevolmente sovrappeso, eppure ancora fatico a portare le confezioni d'acqua su per le scale di casa. L'ingiustizie della vita, proprio.

Dopo aver imparato tutti i trucchi del mestiere in quella che sembra una manciata scarsa di giorni, Abe parte per Springfield, Illinois, con l'intento di studiare giurisprudenza e liquidare su commissione i vampiri locali, così tanti da far provincia anche dopo la spending review (sembra l'effetto descritto in un nostro post della settimana scorsa, sputato sputato).
Prima di partire, però, Henry è stato chiaro: Lincoln non deve farsi amici.
Ed Abe quindi diventa pappa e ciccia con il droghiere che lo assume come garzone e riallaccia i rapporti con Will Johnson, il suo amico d'infanzia abbronzato.
Henry allora si raccomanda di non creare alcun legame familiare.
E perciò Abe si innamora e si sposa con Mary Todd, la bellissima Ramona di Scott Pilgrim vs. the World.
Henry lo scongiura perlomeno di tenere un basso profilo.
E in risposta Abe inizia una carriera politica basando il suo programma sull'emancipazione degli schiavi e sulle tube come nuovo capo d'abbigliamento imprescindibile per un vero gentleman.
Va detto che Lincoln, con all'attivo reati di vandalismo, aggressione, furto, detenzione abusiva di armi, omicidio doloso plurimo e occultamento di cadavere, in Italia finirebbe sulle monete da due Euro per direttissima, altro che carriera politica.


Il primo discorso in pubblico di Lincoln. Notare i soldatini di piombo in scala 1:1 alle spalle della folla per far numero.

Henry, in un momento di lucidità, capisce che forse c'è una differenza d'approccio fra i due e lascia Abe libero di combattere la minaccia dei dannati con la parola, chiudendo nel cassetto il comune e letale strumento da disboscamento.
Il film omette l'ascesa politica di Lincoln e ce lo ritroviamo di colpo presidentissimo e cinquantenne, nel bel mezzo della sanguinosa guerra civile americana: Sud contro Nord, bene contro male, schiavisti contro uomini liberi, vampiri contro gente perbene che preferisce una dieta più povera di ferro.
Un Abe piegato dalle responsabilità e dal tempo ingeneroso si scontra per l'ultima volta contro i dannati, in uno duello di nervi e muscoli che fa costantemente oscillare il conflitto fra il personale e il pubblico, fra la vendetta e la preservazione della specie; ce la farà il nostro eroe eccetera eccetera?
E qui mi fermo, onde evitare di svelare quei pochi colpi di scena che il film offre (poi, se qualcuno ha dubbi sugli esiti della crociata di Lincoln, è evidente abbia visto pochi film hollywoodiani) e rischiare di omettere la parte più importante di questo articolo.


Il momento "NUOOO" della pellicola, così telefonato che la Telecom ha già mandato al regista le bollette 2013-2014.
E sì, l'Abraham Lincoln di Benjamin Walker ha spesso queste espressioni sobrie e per niente caricate.

Senza voler entrare nel merito della qualità intrinseca della pellicola, come avrete intuito piuttosto bassa, la domanda più importante da porsi è se meriti di essere guardato.
Il russo Timur Bekmambetov, dopo quel Wanted per cui sotto regime sovietico sarebbe finito a raccogliere mirtilli a mani nude in Siberia, offre questa volta una prova registica tutto sommato onesta, a tratti addirittura gradevole quando immortala sganassoni e piroette. Certo, soffre ogni tanto di ipercineticità e l'uso compulsivo di slo-mo ormai puzza di stantio, ma le ottime coreografie e certe scelte felici nella messa in scena riescono a mantenere sempre alta l'attenzione dello spettatore. 
I problemi appaiono piuttosto evidenti quando si passa dall'accetta alla parola; la sceneggiatura lacunosa, con singhiozzi preoccupanti nelle sequenze descrittive, e alcune performance attoriali da Alvaro Vitali in pensione mandano spesso a peripatetiche ogni tentativo di mantenere credibile la storia nonostante le premesse bislacche. 
Il film ha sì il merito di provare a far coesistere un'anima sobria e misurata a un'esposizione eccessiva e caciarona, ma fallisce nel risolvere felicemente questo contrasto, lasciando alcune volte lo spettatore spiazzato, confuso e incapace di decidere se debba ridere o annuire pensoso alle trovate di Grahame-Smith.

Un porcaio inguardabile, quindi? No, per niente. Rimane certamente l'amarezza per un'occasione sprecata e la consapevolezza che in mani più coraggiose il soggetto avrebbe maggiormente brillato, ma credo meriti una visione, specialmente se preso come il puro intrattenimento senza pretese qual è.
Del resto, se ci accontentassimo di visionare soltanto film totalmente riusciti, avremmo troppo tempo libero e ci sarebbe il concreto rischio di sfruttarlo per attività vergognosamente produttive. Brrr.

Dategli una possibilità e fatemi sapere. Aspettando Mahatma Gandhi, sobillatore di banshee.

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