giovedì 7 marzo 2013

Dress Code? Ma vaffanculo!

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Stereotipo
Prototipo








VS












Schiere di omini in completi pressoché identici sotto cappotti pressoché identici se ne vanno anonimamente a lavoro.
Giovinotti di età indefinita bighellonano in assortimenti variegati eppur impersonali di felpe e jeans.
Ho ispezionato a tappeto i negozi per tre fottutissimi anni prima che i cicli della moda mi rimettessero a disposizione un paio di stivali da uomo che soddisfacessero due semplici requisiti: non costare millemila euri e non farmi sembrare Billy il cowboy che va in città.
E non è che per le donne cambi troppo: molte più forme e colori, sì, ma sempre la solita storia, tailleurino per i lavori d'ufficio, minigonna per il localino, e poi leggins, ballerine, giubbottini, tubini, eccheppalle!

Che.
Palle.

I punk hanno la cresta, gli emo il ciuffo (che dà meno cinque a osservare), i dark sono neri e scarmigliati, le goth hanno rapinato un negozio di bomboniere e indossato tutta la refurtiva.
Anche gli alternativi sono tutti uguali.
Sarà pur vero che l'apparenza è effimera e superficiale, che i vestiti servono per coprirsi dal freddo e che bla bla bla. Ma siccome sappiamo tutti che sono solo belle parole con cui riempirsi la bocca, che l'abito fa il monaco, il businessman, il ribelle e, ahimè, la zoccola, allora non posso esimermi dal sollevare una vibrante protesta, perché oggigiorno l'abbigliamento è imprigionato in una gabbia di vuoti stilemi e ciò che indossi non dice assolutamente una ceppa di nulla di chi sei. Si limita a indicare a chi appartieni.
E questo è irrimediabilmente noioso.

Lasciamo perdere quanto sia irraggiungibilmente figo Hugo Weaving e concentriamoci sull'orrore dell'essere sempre e comunque tutti uguali, ok?























Immagina una realtà in cui ognuno ha l'aspetto che desidera, frutto di estro, fantasia, dedizione e sforzo.
Immagina, ad esempio, un raduno di cospalyers. Di quelli fighi però, non di cosplay di cui non avremmo sentito il bisogno.

Miglior gruppo cosplay Luccacomics 2012 Assassins's Creed Brotherhood

Ok, fatto. Sto immaginando degli idioti con i costumi, fighissimi, dei personaggi con cui sono morbosamente fissati. Sono fighi, è vero. Anche quello ciccione ha indubbiamente il suo carisma. Però, insomma, sono le copie incarnate dei personaggi… che ci sarebbe di così intimo e personale?

Non è questo il punto!
Posto che già la scelta di impersonare un dato personaggio è ben più intima e rivelatrice della personalità di un blazer o una tuta dell'Adidas, di questo si potrebbe discutere per ore… La cosa sarebbe assai inquietante di per sé, visto che è una discussione che avviene tutta all'interno della mia testa con due vocine diverse, ma il problema principale è che stiamo vistosamente divagando.
Allora, prova piuttosto a immaginare gente vestita e accessoriata in stile, che ne so, cyberpunk.


Giovinotto vestito ed accessoriato cyberpunk
Giovinotta vestita
(poco, ma non ce ne crucciamo)
e accessoriata cyberpunk

Ok…

O, ancora meglio, gente vestita e super-accessoriata in stile cyberpunk, della serie che la guardi e ti chiedi "ma quegli aggeggi funzioneranno davvero? No, perché a me sembra che possano funzionare davvero…", tipo lei:


ok…
… forse…

… esagerando.
… stiamo…






















Ok, sto immaginando. Immagino un sacco di gente figa, e, per la verità, ti confesso che più immagino più mi sposto verso il genere femminile ed il continente asiatico…

Non ti preoccupare, lo fa. È tutto regolare.

Mi fa piacere saperlo. Ok, immagino la gente figa e super-accessoriata cyberpunk. Quindi mi stai dicendo che sarebbe meglio se prendesse piede la moda cyberpunk? In effetti non è niente male, sono d'accordo. Non colgo il nesso ma sono d'accordo.

No, neanche questo è il punto. Non si tratta di un genere, né di un personaggio. Proviamo così, mischiamo le carte. Immagina, per esempio di fondere il cyberpunk, o il post-apocalittico con lo stile nativo americano. Ci sei?


Fiera, graziosa e succinta
tecno-squaw
Fiero, non troppo grazioso
né troppo succinto
tecno-capotribù





























Esserci ci sono, ma non sono sicuro di capire il collegamento tra le lamentele sulla moda sterotipata,  
i raduni di cosplay, la gente, più o meno accessoriata e/o contaminata vestita cyberpunk e il fatto che, a quanto pare, continuo a non cogliere il punto.
Non sarà che mi fai pensare tutte queste cose solo come pretesto per sciorinare ai lettori una serie di foto di donnine (e giusto un paio di omini per rispettare le pari opportunità) molto graziose, molto succinte e molto fantasiose?

Certo che sì.
Ed è proprio questo il punto: saranno succinte e graziose (o succinti e graziosi, per le pari opportunità), ma sono fantasiose (idem, sempre per le pari opportunità)!
Non sto parlando di personaggi di manga o viggì, e non sto parlando di cyberpynk, steampunk o fantasy. Mi riferisco a una condizione, a un'atmosfera. Mi riferisco al camminare per strada e vedere un insieme di sogni, incubi e deliri ovunque poso lo sguardo, anziché avere la sensazione di essere finito dentro una rivista di «Postalmarket».
Quello di cui sto parlando è una piccola utopia sovrapposta al nostro mondo quotidiano in cui la gente si lascia guidare dalla fantasia, in cui impegnarsi e sforzarsi per far coincidere sempre di più la propria immagine interiore di sé con il proprio aspetto reale è considerato un valore, un principio importante.
In una tale realtà, basta guardarsi intorno per trarre continua ispirazione. Ci si può meravigliare a ogni passo, ci si può innamorare almeno tre o quattro volte a ogni stramaledetto passo! E non per via di generose esposizioni di cosce e vertiginose scollature, o, almeno, non solo.
L'apparenza, l'aspetto, è solo superficiale esteriorità, è vero. Ma è anche il biglietto da visita dell'individuo, il primo insieme codificato di informazioni su di lui che giunge ai sensi di chi con lui entra in contatto.
In una realtà in cui dominasse la propensione a darsi l'aspetto che si vuole avere, e non a essere manichini su cui esporre campionari completi di status symbol, le idee stesse presto fluirebbero liberamente.

Una chiesa, un tempio, che uno creda o no, trasmettono un senso di sacro. E non è certo la consacrazione episcopale ad attivarlo: sono le volte alte, le luci scarse e ondeggianti delle candele, l'odore di cera e incenso.
Così un cimitero, specialmente di notte, genera un'aura di paura e mistero, nonostante sia con tutta probabilità, specialmente di notte, il posto più tranquillo e noioso del paese!
L'atmosfera crea la realtà. L'atmosfera evoca il pensiero e il pensiero dà forma alla realtà.

Questo ameno pippardone di alta filosofia è finalizzato a motivare perché, se non si fosse ancora capito, auspico davvero, ma davvero tanto che ci si inizi a vestire ognuno come cazzo gli pare, ma proprio del tutto!
C'è già, ogni tanto, chi lo fa… per dirne una, in Giappone c'è chi in bicicletta ci va così:

Serafico ciclista cyberpunk nipponico (detentore della mia più profonda stima)


Oggi la gente, vedendo questo stilosissimo ed ecologico individuo che inforca il velocipede per la città, nel migliore dei casi si perplimerebbe, più probabilmente lo scherzerebbe e se ne burlerebbe. E questa è una brutta cosa.
Non occorre che approfondisca pedantemente le molteplici e gioconde implicazione della piccola, eppur cogente, utopia che ho descritto finora, tipo zero giudizi, zero stereotipi, un sacco di gente che pensa con la propria testa, confronti, crescita, divertimento e stimoli a profusione, e via così. Si è capito per bene, ritengo.
Per cui non resta che guidare con l'esempio e assumere da ora l'aspetto che vogliamo avere. Per un mondo libero e migliore!

Ok. Ora ho capito!

Bene, ne sono felice. E levati quell'affare dalla testa, che sembri un deficiente!

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2 Response to Dress Code? Ma vaffanculo!

8 marzo 2013 alle ore 09:15

Nel mio piccolo (budget, più che altro) è quello che cerco di fare! ma gli accessori figo-cyber/steampunk costano un botto...

V.D.
8 marzo 2013 alle ore 12:19

Creali da te! Qualche motherboard vecchia, qualche circuito stampato, cavi, jack, ventoline, quando sarai pratico (o anche subito) una batteria, due contatti e qualche led. O se vuoi andare sullo steam, sfonda la pendola del nonno, dai la colpa ai ladri introdottisi nottetempo, e sbizzarrisciti con i pregevoli ingranaggi in essa contenuti. Scherzi a parte, prodursi i propri accessori è assai meno inaccessibile di quanto sembri: una prova o due e già ci prenderai la mano. Un po' più complesso è con la sartoria, ma anche quella è una bella sfida, che diverte e che si può superare. Fatto? Bbeeene... Muciaccia si complimenta e ti manda i suoi saluti.

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