Fino a pochissimo fa, il sottoscritto era considerato un addetto ai lavori dell'editoria italiana. Probabilmente l'avevo già detto, ma sapete, l'età. Curavo una collana di narrativa, mi occupavo di editing e selezione dei manoscritti. Sì, potete mostrarmi un bel cartello con su scritto "chissenefrega", ma la cosa più importante, oltre a giustificare questo cappello introduttivo, è che avevo le mie meravigliose mani da pianista ben immerse nel fangoso reame della piccola editoria. Un mondo al contrario, à la Bizzarro della DC Comics, in cui sono gli autori a investire su se stessi e gli editori sono poco più di agenti redazionali che lavorano a pagamento, azzerando il rischio d'impresa e, soprattutto, qualsivoglia forma di merito culturale.
Chiunque scriva per passione sa cosa significa: se non hai un manoscritto di un genere che tira quel semestre o non sei un ex alcolizzato finito in galera per omicidio plurimo, difficilmente vedrai il tuo lavoro pubblicato senza scucire ennemila euro. E c'è chi ti chiede anche di ringraziarlo per aver creduto in te, poi.
Vero, non sembra una bella situazione. Non lo è, del resto. Però sono una persona ottimista e ho una fiducia immensa nella mia generazione e in ciò che può fare, a dispetto di tutto. I nostri padri, per quanti danni possano aver fatto e continuino a farne con la loro miopia e inadeguatezza al cambiamento, non potranno fermare la passione di persone che hanno ancora il coraggio di cambiare, nel loro piccolo, le regole del gioco.
Fra queste persone ci sono Lorenzo Vargas, Matteo Stella e Annamaria Dassori. Stanno preparando un libro. Una cosa apparentemente semplice, un romanzo. Pierre non esiste, per l'appunto. Il primo scrive, il secondo illustra e la terza si occupa della grafica editoriale e del progetto di copertina.
Anche soltanto cinque anni fa avrebbero dovuto chinare il capo e spedire il loro lavoro in giro per l'Italia, sperando che qualcuno avesse almeno la decenza di rispondere, anche soltanto come pura forma di educazione. Solo cinque anni fa si sarebbero impuntati sull'importanza di avere il marchio di una casa editrice sul piatto e sul dorso della coperta, di avvalersi di una distribuzione libraria attraverso canali canonici, con il suo bel codice ISBN in quarta. Cinque anni fa si sarebbero tuffati nel tritacarne del publishing tricolore e chissà come ne sarebbero usciti fuori.
Ma siamo nel 2013 e i tre se ne sono accorti, fortunatamente. Mentre certi soloni che hanno il coraggio di parlare di cultura continuano a pubblicizzarsi in televisione con il sol scopo di spillare soldi a scrittori ingenui, loro hanno deciso di percorrere un'altra via, quella del self-publishing attraverso indiegogo, una delle più importanti piattaforme di crowd funding al mondo.
Se tutto andrà secondo i piani, a maggio presenteranno il loro progetto ai potenziali lettori e lasceranno che siano loro, con il loro denaro, a decidere se il manoscritto meriti di essere pubblicato o meno. Niente contratti con percentuali di ricavo sul venduto ridicole, niente anticipi di tasca propria, niente SIAE, niente gestione quasi decennale dei diritti da parte di terzi, in genere troppo scemi per saperne cosa fare; se abbastanza persone saranno interessate all'opera riceveranno una copia fisica, altrimenti pazienza, si vede che non era cosa.
Detto così sembra poco, ma trovo sia un'approccio onesto, democratico ed economicamente sostenibile alla soluzione del problema di cui parlavo nel primo paragrafo. Sembrerà una frase da collettivo politico universitario, ma è ora di mostrare che un altro mondo editoriale è possibile.
Sono stato troppo enfatico? Probabile. Ma ho toccato un argomento che mi sta molto a cuore e, comunque, state tranquilli che ora segue l'intervista di rito, in cui mi sono reso più ridicolo del solito.
Les damoiselles de l'Indiegogo, A. "Mepheesto" Dassori, Pierre su Tela. |
Nedo: Eccoti le domande, più o meno scritte alla brasiliana. No, non nel senso che giocano a pallone bene per sei anni e poi vengono beccate sovrappeso, strafatte di cocaina in compagnia di trans, ma, diciamo, con ordine fantasioso.
Lorenzo: E io che pensavo che le domande alla brasiliana fossero scritte dopo l'epilazione integrale.
Per quanto tu ci tenga a sottolineare come il romanzo sia farina del tuo sacco e chi prova a toccarlo sono botte fortissime e calci e sputi sonici nei bulbi oculari, apprezzo l'idea del progetto come uno sforzo collettivo di anime dal background culturale (pardon, rigurgito milanese da brunch la domenica mattina, non lo faccio più) eterogeneo. Come vi siete incontrati e, soprattutto, da cosa è nata l'idea di mettervi in gioco come team?
Improvvisazione, in realtà. A seguito della sciagurata notte in cui è stata partorita l'idea per l'intero bailamme, mi sono chiesto semplicemente se conoscevo delle persone adatte al mestiere e sono stato estremamente fortunato a beccare due così bravi artisti. Di fatto questo manoscritto ha almeno un paio d'anni in più di quanti ne dimostri e originariamente copertina e illustrazioni le avevo fatte da me. Nel momento in cui, però, ci si affida al pubblico, con un'opera che si sovvenziona quasi sulla fiducia, non me la sentivo di dare, a fianco al testo, un lavoro grafico non altrettanto degno. In soldoni, ripeto, è stata una questione di culo. Matteo è il mio coinquilino e Annamaria un'amica. Il fatto che loro siano dell'Accademia e io di Giurisprudenza si spiega facilmente coll'irrefrenabile istinto della fuga nei confronti della mia facoltà.
Pierre non esiste è stato riassunto da qualcuno come «La Coscienza di Zeno sotto acidi». A parte mecojoni, ché veder paragonare una propria creatura al capolavoro di Svevo non è mica roba da pizzicagnolo che si segna il sommerso su carta oleata, vorresti spiegarci un po' più nel dettaglio di cosa tratti il romanzo? O anche le sue tematiche, per dire. O i personaggi. Boh, vedi tu. Hai però l'obbligo di utilizzare le seguenti parole all'interno della tua risposta, dando loro un senso compiuto: salice, trivella, Zagabria, curcuma. Hai dieci minuti, poi passo a ritirare il foglio.
In realtà la definizione non era intesa riguardo la statura qualitativa del romanzo. Ok, è figo, ma dopo certe soglie di considerazione tocca attendere il giudizio dei posteri. Il fatto è che La Coscienza di Zeno è caratterizzata da questi lunghi svarioni di filosofia più o meno pratica che accompagnano la narrazione fattuale. Solo che lì è Zeno che si ammazza di pippe mentali, qui si tratta di vere e proprie allucinazioni alla A beautiful mind o ancora meglio alla scena del trippone lisergico ne Il Grande Lebowski, magari un po' più tragica. La storia in sé parla di un uomo che dall'infanzia soffre di una grave allucinazione paranoide che si autoidentifica col nome Rho. Attraverso tutta una serie di quesiti (*cough Accademia della Crusca*) escatologici, l'allucinazione se lo porterà per la manina in un percorso conoscitivo che avrà poi conseguenze piuttosto gravi sulla realtà stessa. Anche il personaggio del resto, ha un che dell'inetto di Svevo, ma così sto facendo lo sborone. Lasciamo un po' di suspance.
Non vedo le parole che avevo richiesto. Ti darò un tre sulla fiducia.
A differenza dei nostri ospiti della scorsa settimana, avete deciso di saltare direttamente la strada della pubblicazione "canonica", sfruttando un canale di crowd funding per racimolare i fondi necessari alla stampa. Siete arrivati a questa soluzione dopo aver preso una notevole musata contro l'ottuso mercato editoriale italiano o è una scelta etica con un ragionamento a monte? Ci tengo a sottolineare che, qualsiasi sia la risposta, gradirei che ripetessi anche tu "ottuso mercato editoriale italiano". Grazie.
Premetto che Annamaria e Matteo sono subentrati di recente, quando ancora non c'era l'idea del crowd funding. Sì, ho sbattuto a mo' di mosca sul vetro contro l'ottuso mercato editoriale italiANO, più e più volte. Reiteratamente. Fino al masochismo borderline. Alla fine mi sono (mi si perdoni il francesismo) fracassato le palle. La questione è che il sistema in realtà ha regole molto più chiare di quanto si voglia far pensare, ma non si possono tarpare le ali a un potenziale capolavoro (non necessariamente il mio) solo perché non si vogliono rischiare i due pippi della stampa del volume. È una cazzata. San Internet ci fornisce questo magggico magggico strumento di democrazia e allora tanto di guadagnato. Non stiam mica qui a condire i salici di Zagabria con la curcuma usando impratiche trivelle. Eh. Tocca combattere con ciò che si ha per le mani.
Certo, lo sbattone è immenso, ma sai come ci spariamo le pose dopo?
Con tutti i migliori auguri a Nerdheim, per altro, se tutto andrà bene, l'esperienza della pubblicazione per crowdfunding si rifarà col mio prossimo libro e sarei onorato se gente di belle intenzioni come quella partecipasse come uno dei romanzi da pubblicare.
Ah, vedo che hai provato un salvataggio in extremis. Le darò allora un sei, ma si prepari prima la prossima volta.
Posso affermare che sei un giovane scrittore, per giunta senza sembrare Scalfari che dà di pischello anche al mio bisnonno morto nel Sessantuno. Non so se posso rivelare quanto giovane, ma diciamo che alla tua età avevo ventun'anni. Non molti under venticinque hanno un intero manoscritto pronto per la pubblicazione, ancor meno sono quelli con una tale fiducia nel proprio lavoro da volerne fare un libro, a dispetto di tutti. Quand'è stato il momento in cui ti sei guardato allo specchio (possibilmente nudo) e hai capito che, forse, avevi qualcosa di tuo da dire al mondo? E quali sono stati i tuoi zii putativi, per quanto riguarda la letteratura? Ah, Bukowski non vale. Occhei essere hipster, ma insomma.
Secondo me non è vero. Ho ventun'anni e sto al mio quarto romanzo, ma non sono mica Superman. Sono sicuro che se ne cade lì fuori di ottimi autori italiani, che però non possono pubblicare perché eh, ti avevamo lasciato un posto in scaffale ma è arrivato l'ultimo di Pippo Franco, disdetta!
Credo molto in questo libro. Quello che tento di fare è raccontare qualcosa senza scrivere libracci pieni di significati ma poco comunicativi. Scrivo perché la gente mi legga e non per far vedere quanto enorme sia il mio sapere (leggasi: "Pene", leggasi: "salve, sono Umberto Eco"). In senso meramente cronologico, l'idea di questo progetto è arrivata a un anno e mezzo dal completamento dell'ultima correzione del romanzo dopo un'orrenda notte insonne.
I miei zii putativi. Ti dirò, Bukowski mi piace, per carità, lo trovo molto poetico, ma preferisco García Márquez (Dell'amore e d'altri demoni), Emmanuel Schmitt (Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano) e sopra a tutti, con tanto di aureola, c'è Neil Gaiman, un uomo che riesce a fare di tutto, dai fumetti (Sandman), ai romanzi (American Gods), ai posaceneri di terracotta e viene sempre una mostruosa figata. Tanto sborone che pure sua moglie è la mia musicista preferita. Bah.
Ultima domanda, la più importante: ti chiami Lorenzo Vargas davvero o è uno pseudonimo? Nel primo caso, posso provare dell'invidia per la naturale attinenza del tuo cognome a un lavoro estremamente artistico?
Sì, mi chiamo davvero Lorenzo Vargas. Invidia pure, del resto non ti sei sentito mai chiamare all'appello di un'esame di diritto con un nome da pornoattore tipo Vergas. Da un grande potere derivano grandi responsabilità!
Se volete seguire il progetto da vicino e sapere quando partirà la campagna di crowd funding, potete iscrivervi alla loro pagina ufficiale.
Se volete un sunto della trama, il blog di Lorenzo contiene una scheda del romanzo e il primo capitolo integrale di Pierre non esiste.
Se avete letto da giovani un sacco di libri game, avete scelto di acquistare la mazza splendente di Krog-Hamar e volete usarla contro il Meta-Drago Krakrakrikrekr, andate a pagina 78 (SPOILER: morirete).
Ricordatevi che l'iniziativa "Spam per amore" è sempre disposta ad accettare le vostre proposte. Se non vi ricordate o non sapete come funziona, seguite questo link.
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