mercoledì 6 marzo 2013

Retrogaming: i fantastici anni Novanta

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Se usate bazzicare blog videoludici, disquisire con videogiocatori incalliti, quali probabilmente voi stessi siete, o in generale avete anche altri siti sulla barra dei preferiti oltre a Lokee, il fatto che gli anni Novanta siano considerati da molti la Golden Age dell’intrattenimento digitale non dovrebbe stupirvi più di tanto. Si parla sempre più spesso delle gioie del retrogaming, di come fosse fantastico questo o quel titolo e di quanto tempo sia passato dall’ultimo gioco che ne presentasse la stessa profondità/storia/sfida/sbiringuderia.

L’altro giorno sostavo in standby davanti allo schermo del pc, originando dei simpatici loop di screensaver tra la mia espressione vuota, anche più del solito, e l’elegante nero più totale che ghermisce il mio portatile più spesso di quanto vorrei. Entra mio fratello nella stanza e, cercando di distinguere quale dei due hardware fosse imparentato con lui, getta nel mezzo una frase attendendo una qualsiasi risposta da parte nostra: «Che fai?». 
Vedendo che il pc non rispondeva, decisi di prendere l’iniziativa: «Sto pensando al prossimo argomento per il blog. Magari una cosa nella quale sono ferrato, di cui possiedo anche svariati esempi, però di giochi di ruolo s’è già parlato molto e…».
«… e andare a scavare tra le montagne di cartucce [pronunciatelo ad alta voce car-tuc-ce; è un suono così dolce…] che abbiamo in cantina, dal Nes al N64 passando per ogni singola piattaforma rilasciata in Europa?» era decisamente il momento di attivare il mio sguardo vuoto da screensaver. 
Dopo aver riavviato il sistema abbiamo effettivamente scavato nel ludicumulo, inizio di un processo d’amarcord che consiglio a tutti, dove la ritrovata voglia di giocare offre una birra alla malinconia.

Ma non mi è bastato, nossignore. Ora vi ci faccio pure un articolo, così imparate. Vi porto per mano nei miei anni Novanta videoludici, ripercorrendo anno per anno il titolo più significativo nella mia carriera di gamer. No, non il titolo più significativo nella storia del videogioco, nemmeno il più bello e neanche il più venduto.
Dovrete accontentarvi della mia classifica personale, con l’accortezza però di indicarvi, laddove possibile, un titolo che reputo divertente da rigiocare anche oggi, ottenendo di più di un semplice “ah, questo lo conosco/non lo conosco”, ma un effettiva lista di possibili download/acquisti consigliati. Per non diventare eccessivamente prolisso mi limiterò a un titolo per anno, aggiungendo al massimo una menzione d’onore speciale. 
Inoltre mi limiterò all’ambito del fantastico, dal fantasy (molto) al fantascientifico (poco), ma senza passare per titoli sportivi o simulatori d’appuntamenti. Niente Leisure Suit Larry per voi quest’oggi, me ne rammarico. Concludo l’inutile sfilza di regole autoimposte dichiarandovi che l’anno indicato rappresenta l’uscita europea e/o, nel primo caso in particolar modo, l’uscita su una piattaforma umanamente accessibile nonché nota a più di una manciata di persone nel mondo.

And now, on with the show:

1990 - PRINCE OF PERSIA


Iniziamo subito con una bella eccezione alle regole. Sì, le ho fatte io e sì, nessuno mi ha obbligato a farle così; ma è più forte di me, c’è un gusto tutto suo a imporsi delle regole e romperle a piacimento. 
Questo è un titolo che NON vi consiglio di rigiocare. Davvero, non lo fate. Avete forse dimenticato i salti da calibrare al millimetro, gli spuntoni (che platform sarebbe senza spuntoni?) improvvisi in caselle dove non sarebbero dovuti essere, il beffardo topino bianco da rincorrere, il vostro doppio nato dallo specchio e tutto il resto? Difficile, anni di terapia spesso non hanno portato ad alcun risultato in tal senso. Ve lo dico per esperienza personale. Ma tutto questo è niente. Niente in confronto alla sensazione provata dal me bambino di otto anni quando si accorse che tutto il lavoro svolto fino a quel momento era perfettamente inutile non avendo sufficiente tempo per completare gli X livelli che lo separavano dalla fine del gioco. 
Esatto, X o N se preferite o qualsiasi altra lettera a significare che non sapevo quanti fossero, né vi era modo di scoprirlo se non parlando con un amico già arrivato a finirlo. Ma questo avrebbe significato ammettere di essere inferiore a lui nell’immaginaria scala di tostaggine videogiochesca: giammai! La soluzione su internet non era neanche tra le mie fantasie erotiche più spinte, e tutto sommato si sarebbe rivelata decisamente deludente, come la realizzazione della maggior parte di esse del resto, togliendo de facto gusto alla sfida. 
In sostanza ci siamo passati tutti, inutile mentire tu che stai per postare sul commento che “no, tu l’hai finito al primo tentativo nel 1989 giocandolo su Apple”, abbiamo giocato un numero di ore indefinite per poi renderci conto che non ce l’avremmo mai fatta e ricominciavamo da capo. Ancora. E ancora. Pausa caffè. E ancora. 

Questo gioco si trova qui perché è una pietra miliare e non menzionarlo sarebbe mancare di rispetto a tutto ciò che c’è di sacro nel mondo dello schermo nero.
Certo, ho scritto non rigiocatelo. Se non l’avete mai giocato il discorso cambia radicalmente. In tal caso avete l’obbligo morale di procurarvene una copia e apprendere anche voi il vero significato di frustrazione. Lo dovete a tutti noi pionieri di quell’atroce sofferenza chiamata platform, lo dovete a chi ha visto nascere e crescere il concetto stesso di videogioco; fatevene una ragione.
Ah no, non riponete speranza nella trama: principessa rapita, voi fate il principe, dovete salvarla. Fine.

1991 - GAIN GROUND


Se c’è una cosa che adoro in un gioco è poter scegliere il personaggio. Si, caratterizzarlo e definirne ogni dettaglio è appagante, ma volete mettere la soddisfazione di controllarne più di uno? Avere un numero di personaggi tra cui scegliere di missione in missione, ognuno con le sue caratteristiche e attacchi speciali differenti sembra un sogno anche al giorno d’oggi. Bene signore e signori, questo capolavoro per Sega Mega Drive ci ha deliziato nel lontano 1991 con un parco totale di venti (VENTI) personaggi selezionabili. Tra l’altro c’era da sudarsi ognuno di loro recuperandolo nei vari stage man mano che si avanzava nel gioco.
Sostanzialmente il tutto consisteva nel visualizzare la masnada di nemici che si frapponeva tra voi e la scritta gigante EXIT ben riconoscibile a ogni livello, spesso piazzata nell’estremità nord, selezionare il vostro eroe, ucciderli tutti o quanti ne bastava per fargli attraversare suddetta scritta, portandolo così in salvo. Se si subivano perdite, era sempre possibile portarseli a spasso, ma mai più di uno alla volta, puntando sempre l’uscita come obbiettivo. Notevoli doti tattiche richieste unite ad ambientazione militaresca ben riuscita portano questo agglomerato di pixel semoventi nell’Olimpo dei 16 bit.
Stavolta le regole si applicano alla grande: giocatelo anche oggi stesso per la prima volta e non ve ne pentirete. Certo, dovrete risvegliare la vostra immaginazione, sopita sotto cumuli di grafiche da urlo, ma ne vale decisamente la pena.

1991 - Menzione d’onore: Street Fighter II

Nello stesso anno usciva anche per Super Nintendo quello che è universalmente noto come il vero padre dei picchiaduro. Sì, lo so, non è il primo del genere. Uff, come siete noiosi oggi. D’altro canto quel “2” in numeri romani accanto al titolo era un suggerimento notevole in questa direzione. Ma il successo vero è arrivato con questo seguito, inserendo anche altri personaggi giocabili oltre a Ryu e Ken, tra i lottatori più carismatici, ben riusciti e piacevolmente ricordati di sempre. 
Prove lampanti della sacralità del titolo ci vengono anche da continue citazioni ai celeberrimi fondali, grassissime risate nei titoli di coda di Ralph Spaccatutto col bonus stage della macchina da sfasciare, e dalle colonne sonore, diventante in alcuni casi vere internet star. Non ci credete? Eccovene un esempio:




1992 - SUPER MARIO WORLD

Che dire di questa meraviglia? Semplicemente Mario, non poteva mancare in una rubrica sul retrogaming, anche se ovviamente l’idraulico italiano più amato al mondo trova i natali in un decennio precedente. Mi sento comunque in dovere di citare questo capitolo di una delle saghe più longeve e rappresentative in quanto indice di svolta. Svolta verso il 16 bit, nuova veste grafica all'epoca strabiliante per un gameplay riconfermatosi più che vincente; svolta verso i livelli di difficoltà troppopiùdifficile dello Special World; ma la svolta decisiva si ha con lui, il mio personaggio preferito del Mario-mondo: Yoshi!
Oltre a rallegrare il sottoscritto ogni volta che lo vede o ne sente il verso, il draghetto nipponico sblocca tutta una serie di meccaniche nuove legate al suo utilizzo capaci di ridonare nuova linfa alla serie tutta, se mai ce ne fosse stato bisogno.


Se vi state arrovellando sulla mappa indicata qui sopra pensando che “ehi, eppure io me la ricordavo diversa” ho per voi una notizia bella e una brutta. La bella è che siete dei nerd da competizione. La brutta è che conoscete il mondo di Mario meglio del vostro. Auch!


Purtroppo per voi la rubrica non si conclude qui ma tornerà a tormentarvi di tanto in tanto con i rimanenti anni fino a giungere al 1999. 




Deo Divvi, non pago di bloggare a vanvera, è anche impegnato in 2 progetti largamente attinenti al mondo del fantastico: un serial book fantasy dal nome "Il Cubo di Enascentia" e Thy Shirt, un sito di magliette nerd.

Collabora inoltre con Cultura Ibrida, il blog della casa editrice Lettere Animate, sul quale potete trovare anche questo articolo.

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