lunedì 3 dicembre 2012

Iron Man e l'etilometro

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Un giorno qualcuno ti chiederà: «Può soffiare qua dentro?» e tu, dopo un aperitivo lungo, una cena all’agriturismo e un fine serata al pub (in discoteca non ci vado, credo che se pesi più di novanta chili ti dovrebbe essere vietato per legge di ballare), pregherai san Bitter, patrono degli etilisti, che quella cicca che hai masticato un minuto prima abbia avuto l’incredibile capacità di cancellare una serata di abuso dal tuo alito (spoiler: non succede mai, neanche se ti ingolli un Arbre Magique).
Dopo che hai visualizzato un etilometro esploso, la patente ritirata, la macchina confiscata e i mesi al SerT per dimostrare che quella sera in fondo era un’eccezione, ecco, a quel punto ti prego di porti una domanda: perché io sì e Tony Stark no?

Se stiamo a guardare tutta l'epopea di Iron Man, dai suoi esordi con l’indimenticabile Mark I, l’equivalente di una Duna, fino ai più moderni modelli Extremis, veri capolavori della tecnologia, poche sono le storie riconosciute delle vere e proprie perle del fumetto. Tra queste Il demone nella bottiglia, la saga che più ha segnato il mondo dell’eroe d’acciaio dandogli una nuova e chiara identificazione: quella dello sbronzone.

Tony Stark è ricco e bello, non ha problemi con le donne e non si deve candidare al parlamento per farsi delle leggi ad personam, insomma tutti vorremmo essere come lui. Ma la cara vecchia Marvel ha una regola d’oro: “super eroi con superproblemi” e quindi lo obbligano a portare una piastra di metallo magnetica per tenere sotto controllo le schegge di metallo che gli opprimevano il cuore. Ma quando viene eliminata e con lui la supersfiga, il nostro eccentrico miliardario esce da tutti gli schemi classici della Casa delle Idee.
Che fare? Bam! Facciamo una storia di stampo sociale e diamogli il vizietto dell’alcool, trasformiamolo da simpatico playboy a trincone di periferia e creiamo una saga sulla sua redenzione. Per carità, tutto bene, gli anni Ottanta erano il periodo per storie di questo tipo, del resto si passava dall’ingenua Silver Age del fumetto alla più cupa Bronze Age, ma una domanda ci rimane: era proprio necessario trasformare un tipo che guida un macchinario capace di radere al suolo città in un simpatico beone?
Cioè, posto presupponendo che anche per prendere un Malaguti Fifty adesso hai bisogno della patente, nessuno si è posto il dubbio che forse l’armatura in mano a uno così è un pericolo? Certo, Tony si è pulito, fa le sue sedute degli alcolisti anonimi, ha promesso davanti alla statua di san Gennaro che non toccherà più un goccio, ma ciò non toglie che il tipo in questione può sparare raggi laser!
La redenzione piace a tutti, per carità, ma la Marvel sembra avere proprio una passione per il nostro miliardario preferito, tanto che dopo la Guerra civile in cui si è messo contro tutto il mondo dei supereroi causando lutti, clonando Thor, imprigionando i suoi colleghi di un tempo nella Zona Negativa e comportandosi da fascistello di periferia, basta farsi rebootare il cervello e tutto torna come prima (Civil War è stata una grande saga, il vero problema sono stati i metodi con cui si è tornati allo status quo: Spider Man che fa un patto con Mephisto, ad esempio), della serie che se Hitler avesse avuto l’Alzheimer gli avremmo dato una pacca sulle spalle e detto «Vabbe', Adolf, fa niente».



Dobbiamo proprio salvare Tony Stark? Non gli basterebbe comprarsi una villa alle Maldive, schiantarsi il fegato di Martini, fare sesso selvaggio con modelle da tutto il mondo e lasciarci vivere senza il terrore che a una cena di lavoro si faccia qualche bicchiere e spari un raudo atomico sulla scuola di mio figlio perché è convinto che sia la tana del Teschio Rosso?
Nella saga estiva dell’anno scorso, Fear Itself (soprannominata: tutti vogliono un martello), il nostro Tony un qualche goccetto se lo fa, successivamente il governo americano chiede i dati biometrici della sua armatura e, una volta scoperto il fattaccio, decidono di impedirgli di usarla. Giusto, no? È recidivo, del resto. Ma in realtà è un piano del malvagio Mandarino per eliminarlo, con il prezzolato generale USA come complice. Complice?!? Cioè questo torna a bere, lo sgamano, gli vietano l’armatura perché è un pericolo pubblico nonché un alcolista reticente e, alla fine di tutto, battuto il mandarino, torna di nuovo tutto come prima. Anzi, il buon Stark si fa una nuova armatura ancora più potente (anche se su questo potremmo parlare per delle ore) e torna a volare.
Ok, adesso so che mi direte che in fondo una possibilità di redenzione deve pure esistere e che uno non va stigmatizzato per un momento di debolezza, e magari che parliamo pur sempre di un fumetto, ma qua stiamo sfiorando il ridicolo! Che valore di insegnamento hanno queste storie? Che alla fine con la forza di volontà usciamo dai problemi e che in fondo tutti possiamo essere eroi? O che alla fine della fiera se hai un’armatura da due miliardi di dollari, un’azienda e amici nel Governo puoi cavartela come più ti pare?
Un consiglio, quindi: se avete intenzione di andarci giù pesante una sera, lasciate pure a casa la vostra Panda, procuratevi un mezzo d’assalto, armatevi fino ai denti e poi scoppiatevi di amari; quando la polizia vi fermerà per l’odioso controllo della patente, mostrate loro il vostro equipaggiamento e ditele: «Non potete fermarmi, sono un supereroe, devo salvare il mondo!».
Di sicuro avrete delle belle sorprese o forse verrete crivellati di colpi, ma sempre meglio che farsi ritirare la patente, credetemi!


Stay hungry, stay foolish, stay nerd!

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