lunedì 18 febbraio 2013

La trilogia di Nolan, un Batman mancato

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La trasposizione filmografica di Nolan del famoso personaggio della DC comics è stata un successo dal punto di vista di incassi e dal punto di vista registico, ma si può parlare di un film di Batman?
Se analizziamo la mitologia e i punti fermi di settantacinque anni di storia editoriale (il primo numero di Detective Comics in cui appare il crociato scappucciato è del 1938), soprattutto con riferimento al periodo che va dagli anni Ottanta in poi, non si può che ammettere che qualcosa non torni, soprattutto nell’ultimo film della trilogia.
La figura del Batman di Nolan riesce sì a essere affascinante per il pubblico, ma sposta l’attenzione sulla figura di Bruce Wayne, sui suoi sentimenti e i suoi dubbi  cancellando così di fatto una gran parte del fascino mitologico dell’uomo pipistrello.
Tanto Superman, che vede i suoi poteri derivare dal sole, funge da simbolo della speranza, della giustizia, della verità, tanto Batman incarna perfettamente l’archetipo dell’angelo vendicatore: il suo marchio è la paura, i suoi modi sono violenti, la sua missione è la vendetta contro una generica “criminalità”.


E qua arriviamo al nodo gordiano che rende Il cavaliere oscuro – Il ritorno un successo mancato: la rinuncia al mantello. La missione di Batman è infinita e non può avere termine se non con la morte del protagonista, come giustamente sottolineato da Neil Gaiman nel suo Cos’è successo al crociato incappuciato?, poiché non è un uomo ma un simbolo, egli rappresenta la vendetta, la notte, la razionalità contrapposta alla follia di un mondo che sembra non avere regole (pensiamo ad esempio al Joker e al suo violento nonsense).
Le stesse origini di Batman, nel fumetto, fanno parte di tutto questo: nessuna grande cospirazione, solo un patetico criminale che uccide un uomo e una donna per avere una collana di perle. Non si sta parlando dell’epica di Superman, unico sopravvissuto di un pianeta che addirittura esplode, ma di una storia comune come tante altre; quello che la rende diversa è il desiderio patologico di vendetta del bambino che assiste alla scena, un desiderio che trasformerà un comune mortale in una figura in grado addirittura di rivaleggiare, in termini di carisma, con lo straniero di Krypton.
La conclusione di Nolan toglie fascino a tutto questo: finita la grande guerra civile di Gotham City, Bruce Wayne decide di ritirarsi con la donna della sua vita, di abbandonare tutto quello per cui si è così duramente addestrato, in nome dell’amore e della pace, togliendo così il fascino al personaggio.
La migliore conclusione, tanto che per anni è stata considerata il vero e proprio finale della serie a fumetti, ci viene data da Frank Miller nel 1986 nel suo Il ritorno del Cavaliere Oscuro dove assistiamo a un Bruce Wayne ormai in là con gli anni che ha rinunciato al suo ruolo, alla ricerca di emozioni. Ricerca che lo porterà a rimettere il mantello e a continuare la sua missione, dopo aver perso tutto e aver inscenato la morte della sua identità “mortale”, concludendo così la sua metamorfosi da umano ad archetipo.

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