mercoledì 6 febbraio 2013

Ruzzle - una malattia autoimmune, anche un po' scaramellozzi catramino

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Catramino?
Stavolta ti ho beccato, Ruzzle di mer… cioè, Ruzzle, amore mio!
Però catramino non esiste. Guarda, lo gùgolo (cerco su internet, più o meno), già che siamo a inventar parole, ecco.
Catrame. Catramare. Oh. Mio. Dio.
(che) essi catràmino!

Ecco, è proprio di cose, o meglio giochi, nei quali rimanere incatramati che parlerò stavolta.
Perché innocentemente il buon sodale Ripperjack mi ha chiesto, qualche giorno fa, «Ma tu ci giochi a Ruzzle?».
Ruzzle (Rumble+Puzzle, ma dài!) è un infernale giochillo per iOs e Android o, come direbbe una persona normale, per cellulare. Si tratta di comporre il maggior numero possibile di parole unendo le lettere, ogni volta diverse chiaramente, presenti su di una griglia 4x4, la stessa con la quale giocherà il vostro avversario. Il gioco si svolge su tre round, e alla fine chi ha fatto più punti ti umilia silenziosamente, dimostrando di conoscere più vocaboli di te o di avere molta più reattività e creatività vince.

E sì, aderisco anche stavolta al buon vecchio parallelismo gioco-droga, di quelli che smetti di rispondere al telefono e lasci morire di fame il pesce rosso e puoi sempre cenare più tardi, mica ti è così necessario mangiare!
Non abbisogni di alimentarti immantinente!
Non necessiti in tal guisa… è questo il problema.
O meglio, uno dei problemi.

Ogni frase, ogni parola letta su di un giornale (letta senz'altro mentre aspettate che quei maledetti lentoni si spiccino a finire il loro round) viene immagazzinata in un angolo del vostro cervello che prima magari si chiamava semplicemente magazzino delle parole: l'anziano gestore del magazzino, quando nel bel mezzo di una conversazione avevate bisogno di una specifica dotta parola (di quelle che le sapete ovviamente, le sapete nei momenti in cui non servono!), ecco, si sarebbe allungato un po' sulla sedia, avrebbe giocherellato un attimo con la biro rigorosamente sull'orecchio e avrebbe tirato fuori il faldone con scritto a lapis “vocaboli per fare bella figura” e, leccatosi l'indice, o meglio umettatoselo, avrebbe cominciato a borbottare «manifestare… maniglia… uhm… ecco, guardi, ho un manigoldo semi-nuovo, usato sì e no tre volte» e voi, nella realtà al di fuori della vostra mente, avreste sparato un bel «Altolà, manigoldo!», magari in un contesto Gdr, e qualcuno avrebbe pure fatto un sorrisetto di approvazione.

Con Ruzzle, no.

Il bonario vegliardo (bonario e vegliardo le riuserete contro di me, lo so) è stato licenziato senza spiegazioni, i nuovi padroni dello stabile hanno ristrutturato & modernizzato, assunto manodopera asiatica che lavora 24 ore su 24 e la vecchia insegna è stata scalzata dalla nuova, “Vocaboli Improbabili S.r.l - Consegna in un quarto di secondo”.

Striscia gentilmente concessa da Andrea Turel Caccese e Simone Bianchini

Per cui eccoci qui, non un momento di pace, non più teglia ma tegliata, tegnenza, tegenaria.
Potete farvi un bel giretto al parco, ma quelli che prima chiamavate sassi evocano, nel vostro cervello superattivo, sassanide e sassarese e sassaiola e sassaiUola, ché ci metto anche la U che magari fa pure da moltiplicatore.

Ci consoli il fatto che l'Accademia della Crusca (un nome che non ho mai capito) si è espressa favorevolmente riguardo a Ruzzle, dacché per la prima volta dall'invenzione della stampa, una mania collettiva arricchisce il nostro linguaggio, già massacrato da xchè e sxo e cmq e xò, anziché impoverirlo.

Non impoverirà (anzi, esautorerà che vale un sacco) il nostro linguaggio (terminologiaFraseologia? Dannazione, ho bisogno di punti!), certo, ma il mio pesce è morto di fame. Mh. Deceduto. Inedia. Meglio.

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