mercoledì 5 giugno 2013

Dat App - Tekken Card Tournament

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Mi sto convincendo, ogni giorno di più, che scrivere sui blog mi fa male. Parecchio male. Tira fuori il lato incostante, contraddittorio, irriverente e dispotico di me. Forse anche meno a dire il vero, ma rimane quel gusto da Dr Jekyll e Mr Hyde in bocca.
Deo Jekyll ha provato a proporvi qualcosa con costanza, ci ha tentato davvero: siamo già alla terza puntata di Dat App, addirittura quarta se contiamo la commistione con Repetita Iuvant?, rubrica peraltro destinata a perire a meno che non firmiate in almeno dieci una petizione contraria, in tal caso dovrò dar retta al maggior numero di miei lettori mai palesatosi.
Ma no, niente da fare, Divvi Hyde prende il sopravvento e cambia le carte in tavola. Ve li ricordate i parametri, sì, anch’essi arbitrari e incredibilmente soggettivi, usati finora per valutare le applicazioni giocose? Ve li riporto per gentilezza, e per aumentare il computo dei caratteri scritti nell’articolo.
«ma vedi che sei proprio rintronato: ti chiedono di diminuirli ogni volta, non di aumentarli!»
Zitto Deo Jekyll, sto scrivendo!
  • Indicato come Gioco di Ruolo e/o Strategico;
  • non obbliga l’interazione con altre persone;
  • mi riserva un minimo di potere decisionale;
  • non avvantaggia sfacciatamente l’uso di Paper-Dollari;
  • non mi richiede una laurea specialistica per carpirne le dinamiche base;
  • possibilmente offline;
  • possibilmente fantasy.


Letti tutti? Procediamo con ordine. Tekken Card Tournament è rispettivamente:
  • indicato come gioco di carte, al massimo una simulazione di picchiaduro più che altro.
  • Obbliga ferocemente l’interazione con altre persone: si basa quasi interamente su tornei nei quali vanno sfidati altri utenti in carne ed ossa, con una simpatica classifica a punti nella quale cadi rovinosamente in caso di sconfitta; sai, di quelle che se non giocavi facevi meglio.
  • Be' sì, il potere decisionale in fondo c’è, quasi me ne dolgo. A mia difesa la componente fortuna ha un suo ruolo, lo vedremo in seguito.
  • Avvantaggia senza vergogna una spesa di denaro reale; se ne può fare anche a meno ma la strada è mooooolto più spianata per chi dovesse cedere al demone del vil denaro, invocato con una certa insistenza, ad ogni modo.
  • Effettivamente non richiede una laurea specialistica, è piuttosto intuitivo; diamine, son già due punti in comune: che mi prende? Zitto Deo!
  • Squisitamente online; nel caso ve lo steste domandando si, trovo squisitamente delizioso alzarmi presto la mattina di un lunedì di tempesta senza ombrello e la macchina dal meccanico.
  • Rigorosamente contemporaneo; di fantasy c’è al massimo la spada di Yoshimitsu.

Eh sì, son soddisfazioni. Non rispettare cinque parametri su sette non è da tutti. D’altro canto la premessa generale è anche quella di recensire i balocchi tecnologici in base all’indice di gradimento del sottoscritto. E in barba a tutti i miei ordinati criteri, Tekken Card Tournament è entrato nelle mie partite quotidiane, quelle fatte in fila alle poste o alla cassa, quelle fatte al bagno, uno dei luoghi ludici più usati nel nuovo millennio (se non altro da me), o anche quelle fatte sul divano quando dovrei essere impegnato in ben altro. Tipo a giocare alla Playstation 3 piuttosto, visto che è lì a un metro e promette prospettive ludiche ben più invitanti. E invece no, via di cellulare… bravo Deo, no, complimenti davvero.
«Ma ci vuoi parlare un po’ anche del dannato giochino o hai intenzione di finire l’ennesimo articolo in maniera autobiografica? Guarda che non se ne può più, eh!»


Ok, ok, arrivo, arrivo. Il primo fattore di appeal è sicuramente il brand. Sì, dài, in quanti non hanno giocato almeno una volta a Tekken? Forse l'avete chiamato con una sequela di pseudonimi più o meno attendibili, come l'intramontabile "il gioco-di-botte" o l'eufemistico "scoppioni". Ad ogni modo avete imparato a conoscere King, Lei Wulong, Jin Kazama ecc...
Ecco bene, peccato: non c'è nessuno di loro. Santiddio quanto sono simpatico. Confesso che non vedere alcuni dei miei personaggi preferiti è stato frustrante all'inizio, ma tutto sommato la rosa dei combattenti è degnamente rappresentata, ecco gli esponenti selezionati: Law, Paul, Kazuya, Xiayou, Panda, Nina, Yoshimitsu, Lili.
Nell’elenco puntato indicavo il gioco come semplice e immediato; niente di più vero. Si tratta fondamentalmente di un’evoluzione dell’atavico sasso-carta-forbice. Si inizia la partita senza carte, con un potenziale massimo di cinque spazi su cui accumularle, e tre mosse a disposizione che tanto ricordano quelle della morra cinese: Focus, Strike e Block.


Focus serve ad accumulare una carta nel primo spazio libero, da sinistra verso destra; questa mossa è vulnerabile a un attacco, chiamato Strike, ma permette di prendere vantaggio su un avversario che ha sprecato il proprio turno a parare, Block, aspettandosi invece un attacco.
Strike permette di colpire l’avversario, infliggendogli i danni indicati nelle carte accumulate sino a quel momento; se questi ha scelto focus perderà inoltre la prima carta accumulata in precedenza, se invece aveva optato per un più lungimirante Block le vostre prime due carte non arriveranno a segno.
Come già visto negli esempi precedenti, un Block può essere provvidenziale quando ci si aspetta un attacco o rivelarsi una perdita di tempo se dall’altra parte dello schermo non viene fatto il nostro gioco. Nelle situazioni di stallo in cui non cambiano per tre volte né le carte in gioco né i punti vita, come in caso di tre block scelti da entrambi i giocatori consecutivamente, questi dovranno scartare tutte le carte in loro possesso e ricominciare ad accumularle dal primo focus.
Posso assicurarvi che nel caso in cui non abbiate capito è dovuto unicamente alle mie scarse capacità espressive, ma fidatevi: regole essere semplici. Una sola partita, giocata anche distrattamente finché farmate Px su un GdR ben più degno, e capirete le dinamiche base al volo.


Quindi dove sta il bello? Se è tutto così facile da imparare sarà anche facile da giocare giusto? Be', no. Qui entra in gioco un fattore più e più volte usato, soprattutto nei sempre più in voga giochi di carte online, quello che simpaticamente chiamo “iosochetusaicheioso”, allungabile a piacimento nella sua formulazione. E qui si entra in un giro di schiaffi virtuali non indifferente.
Inizialmente si potrà pensare che accumulare cinque carte per sferrare l’attacco troppo più potente sia un’ovvia strada per la vittoria. Ben presto si capirà, per esempio, che un avversario sveglio non ci lascerà arrivare facilmente a cinque, interrompendo ben prima con continui ripetersi di Focus + Strike il nostro accumulo, togliendoci una carta ogni volta e rallentandoci così nell’ascesa. Una volta arrivati a cinque poi, abbiamo la quasi totale garanzia che l’altro opterà per un Block, andando a segno con soli tre colpi su cinque. E via così.


Dopodiché nell’equazione prendono posto gli svariati effetti delle carte, come infliggere danni al controllore in caso di Block avversario, scartare la prima carta in caso di focus e mille altre ancora. Ecco perché “iosochetusaicheioso”. Io so che tu sai che dovrò scartare una carta in caso di Focus, quindi faccio Strike. Ma tu sai che io so che tu sai che dovrò scartare una carta in caso di Focus, quindi ti aspetti che faccia Strike, ergo opterò per Block. Qui entriamo nel limbo dell’eterna indecisione, luogo in cui l’azzardo spesso fa da padrone, quell’ambito in cui si genera il sopra citato elemento fortuna. Perché per quanto siano sensati i ragionamenti del giocatore professionale, questi non potrà mai sapere in che piolo della scala dell’ iosochetusaicheioso si sia fermato il novellino. Magari ingenuamente sceglie la mossa più sbagliata, quella a cui però ti sei esposto, sporgendoti baldanzoso dal piolo più alto della scala.
E perdi. Perdi ennemila punti faticosamente sudati, entrando in un vortice vizioso, tendenzialmente in grado di risucchiarti se fallisci il tiro volontà. Il sottoscritto ha miseramente fallito, tanto per fare un palese esempio. Nerd avvisato… tendenzialmente condannato…

Dr Deo

Mr Divvi



Deo Divvi, non pago di bloggare a vanvera, è anche impegnato in 2 progetti largamente attinenti al mondo del fantastico: un serial book fantasy dal nome "Il Cubo di Enascentia" e Thy Shirt, un sito di magliette nerd.
Collabora inoltre con Cultura Ibrida, il blog della casa editrice Lettere Animate.

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1 Response to Dat App - Tekken Card Tournament

sno
5 giugno 2013 alle ore 23:49

io voto contro l'interruzione della rubrica!
mi sono comprato uno smartphone per giocare a knights of pen and paper che ho conosciuto grazie a questa rubrica!

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