martedì 18 giugno 2013

La storia di Ted - Cinque aspetti dell'ultimo E3 assolutamente aberranti

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Vi presento Ted. Per comodità espositiva e per mantenere il suo anonimato, verrà rappresentato come una scimmia rasata.

«Ciao, Ted!»
Ted è un director of development. Ted guadagna un sacco di soldi perché il suo è un ruolo di responsabilità. Decide per le grandi case di produzione quali progetti valgano la pena di essere finanziati. Studia i trend, legge i risultati di vendita con attenzione, è in costante contatto con gli azionisti. Da solo, può fare la differenza.
La cosa bella di Ted è che non videogioca. No, non ha tempo da perdere, lui. E poi è business, e il business è fatto di numeri. Mica serve esperienza come utenti, per saper interpretare e gestire i numeri. Serve la laurea, e lui ce l'ha. Il sorriso da venditore, e lui ce l'ha. L'istinto, e lui ce l'ha.

Ted è una delle menti dietro ai tanti prodotti presentati per la prima volta all'E3. Abbiamo visto cose egregie, vero, ma anche titoli e scelte di marketing a dir poco discutibili.
Vediamo insieme i cinque punti che mostrano come Ted, dall'alto della sua intelligenza, non abbia capito un'assoluta mazza di noi videogiocatori.

5 Vi mancavano gli shooter? No? Peccato

Ted, con la sua capacità d'osservazione straordinaria, ha notato come uno dei successi assoluti su console sia il franchise Call of Duty. Ted ha anche notato come i cloni dello sparatutto Activision vendano spesso quanto le tute da sci nella savana e, negli ultimi due anni, ha per questo tentato di non aggiungerne molti alla libreria del proprio publisher. Non è l'unico, cosa che un po' lo sorprende, visto che Ted è brillantissimo.
Il genere, dopo lustri di predominio, sembra insomma essere caduto un po' nel dimenticatoio.

Ted sa che, con la nuova generazione di macchine, è il momento di colpire con un CoD killer mentre gli altri producer, sicuramente meno svegli di lui, ancora non si sono accorti della cosa. Un piano eccezionale che, per funzionare alla perfezione, richiede milioni, ma che dico, trilioni di milioni di budget. Crepi l'avarizia: sia messo un grafico per ogni texture. Di più! Un grafico per ogni pixel. Di più! Un programmatore per ogni riga di codice. Di più! Una segretaria per ogni caffè. Di più! Un idraulico per ogni tubo. Di più! Un direttore esecutivo per ogni direttore. Di più! Un collega esecutivo per ogni collega, due camion a testa di bibite energetiche, dodici ore giornaliere di straordinari (lavorare su un pixel quando prendi ordini da due direttori, un collega esecutivo, tre executive producer, gli azionisti e pure il circo Barnum è incredibilmente complicato) e chiudiamola qua, ok?



E poi Ted arriva all'E3 2013 con il suo Sanguemmerda 2 - Boring Warfare e si accorge che altri duecento Ted, laureati, sorridenti, istintivi e ignoranti in materia come lui, hanno avuto la stessa idea. Probabilmente quelle ricerche di mercato e quei risultati di focus test, comprati a suon di dollaroni paperoni, non erano così esclusivi come pensava.

Et voilà, nella vana ricerca del trend e del colpaccio, Ted, uno qualsiasi dei Ted, si trova con un gioco vergognosamente costoso e tristemente identico a tutti gli altri.

«Cosa pensi dell'fps futuristico, con robottoni, armature fantascienze, punti esperienza e il multiplayer competitivo?»
«Che sono, un indovino? Sii più specifico!»



E intanto, la parte più piccola ma comunque consistente del mercato a cui non frega niente di sparare virtualmente, si trova quasi a non sapere dove spendere i propri soldi all'uscita delle nuove console.
C'è del poetico in tutto questo, a suo modo.

4 Dal pad all'i-pad (e similiari)

Lo studio dei trend e l'ossessiva analisi delle ricerche di mercato non ha partorito soltanto il nuovo e morboso amore per gli sparaspara, no. Figurarsi, mica uno spende il PIL del Lussemburgo in file .pdf per una tale quisquilia di modeste dimensioni; devi scovare nei documenti qualche spunto interessante che permetta di espandere il mercato, affascinando torme di potenziali nuovi clienti. Il fatto che questi misteriosi nuovi clienti probabilmente neanche esistano viste le attuali dimensioni del mercato, tutt'altro che modeste, è un punto che magari tratteremo un altro giorno.

Ciò detto, Ted ha notato una cosa durante la sue ricerca dell'illuminazione: la gente ama i tablet e gli smartphone, c'è un'altissima propensione all'installazione di app gratuite e anche il giro d'affari per quelle a pagamento sta crescendo esponenzialmente ogni semestre.

La nuova incomprensibile fissazione del mercato consumer. Visto che la gente negli anni Settanta faceva la fila per comprare SASSI, direi che c'è andata di lusso.


Uno di noi stupidi ignoranti penserebbe: «Be', fossi in Ted differenzierei gli investimenti, aprendomi al mercato del mobile, ché se vendono i rip-off della Gameloft, chissà cosa si potrebbe fare con qualche spiccio in più».
Ma non siamo Ted. Ci manca la laurea, il sorriso eccetera eccetera. Lui è un passo avanti e ha già visto il futuro: le persone compreranno nuove console dotate di una potenza grafica non indifferente, le collegheranno a enormi pannelli in alta definizione treddì per poi infine concentrare il proprio sguardo su schermi da sette pollici di un tablet.
Perché non visualizzare l'inventario, la mappa o parti dell'HUD su dispositivi portatili? Ciò permette di piazzare un numero vergognoso di app, la gente si sente più coinvolta e abbiamo un'opzione a dir poco marginale in più su cui costruire una nuova strategia di marketing.



Se lo dice Ted, perché non fidarsi?
Certo, ci hanno parlato di immersione per dieci E3 di fila e ora vogliono distogliere la nostra attenzione da ciò che succede sullo schermo principale.
Certo, il multitasking va bene quando si sta lavorando, ma è piuttosto curioso pensare che una persona quando si rilassa desideri farsi incrociare gli occhi gestendo più di uno strumento elettronico per volta.
Certo, vendere macchine da 500 euro per poi trovarsi a guardare uno schermo dalle dimensioni di una caccola sembra un po' sconfortante.

Non credo vi sia bisogno di nessuna didascalia; si spiega tristemente da sé
Certo, gran parte delle funzioni per tablet e smartphone mostrate nella tre giorni losangelina oscillavano fra il dimenticabile (puoi controllare i tuoi progressi nella campagna di Ryse? Aspetta, ho finito la confezione di sticazzi, vado alla Pam due secondi e poi finisci di parlarmene, ok?) e l'imbarazzante (tipo l'attacco orbitale di Dead Rising 3, che, insomma, quale meccanico ispanico non possiede il numero di telefono del ministro della Difesa americano?).

Ma questi sono dubbi da non addetti ai lavori. Voglio dire, l'idea del doppio schermo per una console casalinga ha funzionato così bene su Wii U, perché preoccuparsi?

3 «Ti piace quel titolo là?» «Be', ha un bel font.»

Facciamo finta di niente, ci mettiamo addosso la maschera da cinici veterani di guerra, ma sarebbe abbastanza sciocco non ammettere che siamo un po' tutti eccitati per quello che il futuro porterà sui nostri schermi (piccoli o grandi che siano).
Arriva la nuova Playstation, la nuova Xbox. Di fronte a noi si aprono strade ludiche inesplorate, territori vergini che aspettano di essere scovati, coltivati e i cui frutti maturi non potranno che essere deliziosi.
Quindi hai aspettato le conferenze con un leggero filo di bava, i pantaloni gonfi e il sorriso ebete, ché dopo anni di pippozzi su kinect, move, dividendi degli azionisti, servizi social qui e social là, veder parlare finalmente di videogiochi, praticamente solo di videogiochi, è incredibilmente rinfrancante.

Poi ti spari i due giorni di annunci e video, rimanendo un po' perplesso. Confuso, anche. Ti parlano di nuovi mondi, nuove storie, nuove tecnologie, nuove frontiere dell'intrattenimento. Ne parlano, appunto, perché di mostrare qualcosa di ciò che promettono, anche soltanto due minuti stitici di gameplay, non se ne parla nemmeno. In alcuni casi, non si prendono la briga neanche di fingere di aver qualcosa da far vedere alle masse sognanti davanti allo streaming dell'evento, accontentandosi del semplice annuncio del nome.
Caspita, ora che so quale forma grafica abbia il "due" di Peggle 2, la mia vita ha assunto una piega estremamente emozionante.



Perché, Ted? Fa spallucce, il nostro eroe. Sorride. «Ci abbiamo provato, ma i nostri novecento artisti nell'ultimo anno sono riusciti a produrre soltanto settanta pixel, finendo per giunta tutte le bibite energetiche. Le nostre segretarie sono intossicate per l'eccessiva quantità di caffè sniffata e i colleghi esecutivi sono un po' confusi sulle loro mansioni. Glielo dicevo, mentre facevo pilates estremo su una spiaggia dell'Indonesia, che era necessario concentrarsi di più sul lavoro, ma niente.»

Visto che alla conferenza non puoi mica invitare soltanto figure sportive americane (si sa come il videogiocatore medio sia estremamente attratto dai giocatori professionisti di basket) per riempire il vuoto pneumatico una volta chiamato "line-up", i Ted hanno fatto preparare costosissimi teaser trailer di titoli che, a dir bene, vedranno la luce nel duemilacredici.

Video farlocchi, come quello del nuovo Star Wars Battlefront, che più o meno producono questa reazione:


No, non è un jpg. È una gif. Controllate.

Esagero? Be', facciamo un gioco: ora vi elenco solo un paio di titoli presentati settimana scorsa e mi spiegate nel dettaglio di cosa trattino davvero.
Cosa vogliono venderci? Quali sono i loro punti forti? Non si capisce nemmeno a quale genere appartengano.
Ted sorride ancora, probabilmente è colpa del botox o della troppa tintura bionda, e vi dice che non c'è nulla di cui preoccuparsi. Avranno la grafica e saranno, uh, esperienze ricche.

2 La pubblicità ingannevole va benissimo, anzi.

Bello Battlefield 4, vero? Una roba tecnicamente eccelsa. A un certo punto vedete squagliarsi un grattacielo dove vi eravate sparati nella ghigna fino a un attimo prima, con grande eccitazione della sala gremita.
Ted, sempre con il sorriso da muscoli facciali paralizzati, vi dà una pacca sulla spalla e afferma tronfio: «Visto che roba? Tutto in-game, bello mio».
E quindi gli fai una domanda innocente, tipo se la versione presentata sulle console girasse, ecco, davvero sulle console. Ted farfuglia qualcosa su "target" e "devkit ancora instabili",  trincerandosi dietro al vecchio "work in progress" prima di andare a spostare l'elicottero presidenziale parcheggiato in doppia fila.





Perché sì, Battlefield 4, oltre a una manciata di altri giochi di cui hanno mostrato davvero un po' di gameplay, giravano su pc. E non su un netbook del 2008 di vostra madre, no, ma su bestie da 1700 euro il cui hardware è di almeno due generazioni avanti rispetto a quello che monteranno le nuove console.
La cosa mi fa un po' imbestialire, lo ammetto. Sarà che dalle mie parti siamo persone semplici, ma spacciare una cosa per un'altra qui è ancora considerata una brutta cosa.

Sulla stessa falsariga, stanno aumentando esponenzialmente giochi presentati con video "in-engine".
Ted riappare dal nulla, con nuovo vigore: «Ah! Ora non hai di che lamentarti, vero? Questa roba gira sulle console, in tempo reale. Un sacco di miei dipendenti di cui nemmeno conosco il nome sono certi che il prodotto finale sarà ancora migliore».
Tu lo guardi con gli occhi pieni di pena perché un po' ti ci sei affezionato, a Ted. Non gli dici che mostrare qualcosa "in-engine" non indica assolutamente come sarà il risultato "in-game", in cui la macchinetta si deve spremere a fare il triplo dei calcoli. Quello che hanno mostrato sono poco più di demo tecniche che, al massimo, possono indicare come saranno le cutscene.


«Sarà questo il risultato finale?» «Certo.» «In gioco?» «Certo.» «Stai per caso incrociando le dita?» «Nooo.»

O i giochi, nel caso siano alla fine delle vere e proprie cutscene continue. Ne parliamo nel prossimo punto.

1 Tanto video, poco gioco

Come abbiamo detto all'inizio, Ted non è uno che gioca molto. Be', diciamo che non gioca affatto. Però, quando è stato deciso un progetto, ha il buon costume di provare i prodotti della concorrenza per analizzarne i punti di forza e le possibili debolezze.
Un comportamento assolutamente intelligente, da par suo.

Ted si siede, ancora in giacca e cravatta, e avvia il titolo che ha venduto di più. Si diverte un sacco e quasi pensa di annullare la seduta giornaliera di sbiancamento anale per continuare a giocare, ma poi arriva a un punto in cui si blocca, schiacciato dalla difficoltà e dai troppi comandi richiesti per superare le sfide propostegli.
«Dannazione, questo livello, come si chiama?, tutorial, è davvero difficile. Non c'è da stupirsi che l'ultimo pdf che c'è costato diecimila dollari affermi che la gente non finisca i giochi. Chiamate il mio collega esecutivo, ho bisogno di spiegargli perché stanno sbagliando tutto.»

Il nostro prossimo gioco, pensa Ted, deve piacere a tutti, anche a chi non ha mai giocato. Non deve essere difficile, no, ma emozionante. Cinematografico. Pieno di cose che esplodono. Anche persone, se possibile. Deve essere un'esperienza ricca, sì, magari anche un po' social.

Una standista scioccata dalla quantità di esperienze ricche dei laser game di ultima generazione



E quindi ci troviamo con comandi semplificati, scene non interattive a profusione (quanti personaggi dovremo ancora vedere cadere per terra, con la visione tremolante e sfuocata, durante un'esplosione prima che passi di moda?), gradi di sfida da età prescolare e numerosi, sgradevoli e concettualmente sbagliati QTE (Quick Time Events o, come li chiamo io, Quanto Tedio Evacuatore).
Roba tipo Ryse, insomma, in cui è richiesto di premere due bottoni ogni tanto, con molta calma, fra urla beduine, un po' di ormoni macho e qualche roba che prende fuoco senza un motivo.



A quanto pare, così dicono i pdf, noi non vogliamo giocare davvero. Ci piace l'aspetto estetico, la forma del medium, ma poi vogliamo esplorare nuovi universi con la minor fatica possibile.
Non so cosa pensate voi, ma io certamente non condivido il punto di vista del signor pdf. Credo che stia gettando via tante opportunità per seguire la gonnella della Massa, che non è esattamente un target privo di fluttuazioni (ricordate il Pet Rock che vi ho linkato sopra? ecco).


Sospiro e prendo a braccetto Ted. Lo porto a giocare, giocare davvero. Con quelli che giocano, giocano davvero. Deve rinnovare il contratto al circo Barnum, dice, ma non mi interessa.
Se questo mondo deve crescere, ha bisogno di grandi titoli. E ancor più grandi dirigenti.

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4 Response to La storia di Ted - Cinque aspetti dell'ultimo E3 assolutamente aberranti

Lokeebot
19 giugno 2013 alle ore 02:01

In realtà, fuori dal carrozzone dell'E3, si intravedono cose molto interessanti nel medium, sebbene inizi ad aver poca fiducia di trovare la "vera" qualità all'interno dei titoli mainstream.
Al massimo prodotti rifiniti, tecnicamente deliziosi, ma svuotati di ogni scintilla di passione e artigianato.

Mec
19 giugno 2013 alle ore 16:56

uno legge e pensa: Dio benedica i giochi Indi

Lokeebot
19 giugno 2013 alle ore 19:00

Semper!

Mec
19 giugno 2013 alle ore 20:43

altro che MW 2 3 etc. Unepic è un capolavoro assoluto!

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