«Ehi, Deo, che fai sto week end?»
«Mah, nulla, le solite cose: provo a scrivere e mi ritrovo a giocare a
qualcosa, dimenticandomi come sono arrivato a farlo. Perché?»
«Ci sarebbero i nazionali dei Living Card Game a Spilamberto.»
“Ah figo. Cos’è uno Spilamberto?”
«Amena località in provincia di Modena. Dài che si gioca a Netrunner!»
«Ok, mi avete convinto. Cos’è un Netrunner?»
«Ok, mi avete convinto. Cos’è un Netrunner?»
E così la settimana prima dei nazionali, o forse
eran due ma sappiamo benissimo che non interessa realmente a nessuno, imparo a
giocare a suddetto giochino.
C’è un modo molto semplice per capire se mi è
piaciuto o meno un gioco di carte: in caso affermativo comincio a pensare al
deckbuilding. In questa specifica circostanza non ho fatto in tempo a tornare a
casa che avevo già compilato due liste da far montare al mio paziente amico Leo,
spacciatore ufficiale di giochini di carte alternativi.
Due liste non solo perché sono avido nonché goloso, ma
anche perché qui di mazzi non ne basta uno, sarebbe troppo facile: ne servono
due. Stringendo all’osso, in sostanza l’ambientazione fantascientifica/cyberpunk
vede dei capaci hacker, i Runner, confrontarsi coi sistemi di sicurezza all’avanguardia
delle grandi Corporazioni, per infilarsi nei loro database e carpirne i segreti.
Il primo di una lunga serie di fattori innovativi è la modalità in cui viene
disputata una partita: ad ogni sessione o match di un torneo, ogni giocatore si
cimenterà sia nel ruolo della Corp che del Runner, usando un mazzo differente
per ciascuno di essi. Ecco quindi spiegata la doppia lista.
Alcune carte. Cosa fareste senza le mie didascalie, eh? Festa?! Bastardi! |
Poco sopra parlavo di innovazione. Be', sì: in un certo senso distorto. Parlo di innovazione perché abituato a tutte altre tipologie di giochi e set di regole, ma in realtà il LCG di Netrunner, come spesso accade, è una nuova incarnazione di un gioco già esistito in precedenza. Da notare, già che si siamo, anche altre finezze come la differenza di azioni eseguibili dalla corp e dal runner; la possibilità di scegliere se pescare, guadagnare risorse (crediti), giocar carte o partire per una “run”: la cosa più vicina ad un attacco che esista nel gioco; avere i propri “punti vita” rappresentati dalle carte attualmente in mano ecc…
Ma torniamo a Spilamberto. Cioè col discorso
intendo. Spegni la macchina, Hodor!
«Hodor?»
Sì, molto in effetti. Non a caso la
manifestazione ha un nome preciso, scelto con tutta probabilità basandosi
attentamente sul luogo, un palazzetto sportivo blindato, e al periodo, metà
Giugno, appena dopo l’arrivo dell’ondata di caldo simpaticamente chiamata Ade.
"Dadi e sudore". Non ho controllato ma probabilmente
poco più in basso nella locandina veniva specificato “Da quest’anno anche senza
dadi!”.
Sì, lo so, la locandina è del 2011, ma è troppo più bella! |
E insomma arriviamo là tutti belli e convinti, ma
più che altro convinti, ma più che altro arriviamo là. I tavoli dedicati a
WH40K aprivano la sala a una serie di tornei dedicati sì ai giochi di miniature
in cui i dadi imperano, ma anche a quelli di carte per l’appunto.
Menzione d’onore
al Trono di Spade, veramente tanti tavoli per un gioco che non sospettavo
avesse un così ampio seguito a livello competitivo. Sì, ok, cavalca l’onda della
serie HBO, però giocare il mazzo Lannister contro lo Stark del vostro miglior
amico non è la stessa cosa di partecipare a un nazionale. O forse sì, non ne
ho idea.
Fatto sta che arriviamo all’area dedicata appunto a
Netrunner. Un numero contenuto di giocatori per un nazionale in generale, 22 se
la memoria non m’inganna, ma decisamente dignitoso per un gioco non
collezionabile e soprattutto difficilmente reperibile. Ma a breve arriva l’edizione
italiana, non temete!
Attendiamo gli ultimi due ritardatari, direttamente
dalla lontanissima Bologna, e ci sediamo ai tavoli. E qui accade la magia. Una
partita dopo l’altra trovo avversari di una simpatia e di una tranquillità che
non sapevo esistere. Ogni mossa effettuata con chiarezza, nessuna applicazione
di regole cavillose al limite della vendetta personale, avversari che arrivano
a dirti “ma sei sicuro che non vuoi prendere quel [inserire vantaggio random]
in più? Guarda che puoi farlo solo a inizio turno”: per chi, come me, arriva
dal mondo competitivo di altri giochi di carte, per lo più collezionabili, il
paradiso.
Chiunque legga queste righe senza aver mai partecipato a un grosso
torneo di Magic, per fare l’ovvio esempio più diffuso, non saprà di cosa io
stia parlando e forse nemmeno si capacita di come io possa anche solo pensare a
dover giocare in maniera cavillosa e stressante: è pur sempre un gioco
dopotutto. Niente di più vero. E niente di più irrealistico.
La foto del primo turno ritrae bene la situazione Netrunner, ma rende decisamente poca giustizia alla sala, molto più gremita di così, ve lo garantisco. |
La scoperta di questo nuovo ambiente di gioco meraviglioso ha esercitato su di me l’effetto rilassante di una Spa. O almeno credo, un’altra esperienza a me ignota.
Una cosa è sicura, dopo tanti anni
spesi a girovagare di torneo in torneo, ho ritrovato un caro vecchio amico
perduto. Non sei tu sarcasmo, tornatene nei commenti di quell’altro articolo!
Bentornato, Fair Play, era veramente troppo tempo che non ti vedevo a un tavolo
da gioco. Per essere del tutto sinceri non è esattamente così. Però ti
assentavi sempre, almeno una o due volte a torneo, io poi m’innervosivo quando
non c’eri e mi rovinavo anche i bei momenti trascorsi insieme. È stato bello,
per un volta, non perderti di vista mai, dall’inizio alla fine.
Che il futuro del gioco di carte sia davvero in
mano ai LCG? Giocarli con gli amici mi ha portato a pensarlo, giocare un
nazionale me ne ha dato la conferma: non so se sia il futuro dei giochi di
carte, sicuramente è il mio futuro nei giochi di carte, quantomeno il futuro più
prossimo.
Deo Divvi, non pago di bloggare a vanvera, è anche impegnato in 2 progetti largamente attinenti al mondo del fantastico: un serial book fantasy dal nome "Il Cubo di Enascentia" e Thy Shirt, un sito di magliette nerd.
Collabora inoltre con Cultura Ibrida, il blog della casa editrice Lettere Animate.
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