giovedì 25 luglio 2013

Lone Ranger, la (non) recensione

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Ok, gente, sarò di parte e lo ammetto, ma per me il western d’avventura ha un fascino tutto suo: indiani, misteri, deserti infiniti, sparatorie e, se poi ci aggiungiamo un pizzico di umorismo, il mix è perfetto.
Va bene, fan di Ford, Leone e affini: lì parliamo di capolavori della storia del cinema, ma ogni tanto serve anche qualcosa di più leggero, non si può mangiare brasato tutti i giorni, ogni tanto ci vuole anche l’insalatina per depurarsi e digerire meglio.
Quindi spegnete la testa, cercate di non vedere gli errori, le incongruenze e partiamo in un viaggio verso il relax, accompagnati da un pistolero mascherato, da un indiano dal nome ridicolo e da un cavallo che più strano non si può.

«Al Galoppo, Silver!»
Questa semplice frase ha segnato la vita di tanti giovini americani, ormai più che adulti, che hanno avuto la fortuna di seguire dal 1933 Lone Ranger, lo show radio della stazione WXYZ.
Il protagonista di quello show era un texas ranger mascherato in cerca di vendetta – o per meglio dire di giustizia – per le pianure del West americano, armato solo dei suoi fidi proiettili d’argento (perché ogni vita è preziosa e non va quindi tolta alla leggera), in compagnia del fido Tonto e dell’ormai mitologico Silver, il suo destriero.

Il successo del personaggio è stato subito enorme, potendo vantare nella sua storia bene 2956 episodi radio, due film seriali, The Lone Ranger (1938) e The Lone Ranger Rides Again (1939), entrambi formati da 15 episodi, e una serie televisiva di 5 stagioni per un totale di 221 episodi, andata in onda dal 1949 al 1957. Per non parlare dei libri, dei fumetti, dei giocattoli e dei gadget griffati, materiale ormai da collezionisti.
Dopo anni di silenzio, la Disney ha deciso di proporci un nuovo lungometraggio e, personalmente, non ne sono rimasto per niente deluso.


Orbene (dio quanto amo usare questa parola), so che molti di voi mi odieranno e diranno che non capisco niente di cinema, ma il ritorno del nostro sul grande schermo personalmente mi ha gasato. Sapete perché? Perché guardandolo mi sono sentito di nuovo un bambino! Sì, signore e signori, Lone Ranger è un gran bel film perché semplicemente ci riporta a quell’età in cui non stavamo a guardare le incongruenze, non ci preoccupavamo del rispetto del canone, non controllavamo se questo o quell’altro attore ricordavano perfettamente il personaggio originale, ma ci godevano una storia di avventura soltanto per quello che era, cioè un momento di distrazione dalla grigia e noiosa realtà.

Dopo tutte le premesse obbligatorie onde evitare folle con i forconi inferociti, parliamo del film: siamo nel 1933 e la storia si apre con un bambino, vestito come il noto eroe, che ha la fortuna di incontrare un vecchio indiano in uno show sul West. Quest’ultimo, colpito dalla maschera del piccolino, inizierà a raccontare la vera storia del pistolero solitario, ben presto rendendo chiara l'identità dell'anziano, che altri non è che Tonto, la fida spalla dell’eroe (oddio, tanto spalla non è).
Le origini del pistolero solitario vengono in parte riviste, da texas ranger diviene un avvocato pacifista, ma il giochino comunque funziona e anche Tonto e Silver guadagnano maggiore importanza e una certa attenzione alla loro storia personale, fino a salire al rango di veri e propri protagonisti in alcune parti del film, garantendo sia la risoluzione di alcuni momenti critici sia la nascita di alcune scenette comiche che strappano più di un sorriso (o di una risata se siete come me, quindi un po’ stupidi).

Anche i cattivi sono ben delineati e seguono una delle regole base della serie radio (gli autori originali crearono un vero e proprio decalogo di istruzioni da seguire per scrivere un episodio), mostrandoci il classico bandito del West portato all’estremo (e per estremo intendo proprio estremo; mangia cuori umani, il gentiluomo) e il capitalista senza scrupoli, amante del cavallo di ferro (per chi non lo sapesse è il treno), disposto a qualsiasi cosa pur di avere potere.


Ebbene sì, nella migliore tradizione di Lone Ranger, i cattivi non sono indiani o minoranze, ma americani brutti e cattivi, e il nostro eroe, che tutto è fuorché un duro cowboy, si troverà in un vero e proprio conflitto morale che lo porterà a dover scegliere tra la legge e il vigilantismo. Ovviamente non vi sto a dire cosa scelga, ma credo che siate in grado di capirlo da soli.

Come noterete, non vi ho messo né nomi, né spoiler né nient'altro. Del resto è una (non) recensione. Sapete perché? Perché voglio che lo andiate a vedere, senza preconcetti né analisi approfondite della messa in scena, della regia, della sceneggiatura e della caratura recitativa degli attori. Per una pellicola del genere, non sono questi i punti che vi devono interessare. Affatto.

Per chiudere il mio intervento senza farvi sentire fregati dalla voluta pochezza della mia analisi, vi sparo tre curiosità interessanti sul personaggio.

  • Il nome di Lone Ranger nello show radiofonico del 1933 è John Reid. Nel 1936 gli stessi autori creeranno, sempre per la radio, un altro vigilante, un tale Green Hornet, che di cognome fa proprio Reid! L’avventuriero mascherato è infatti il nipote del figlio di Dan, fratello del pistolero solitario morto proprio durante le origini di quest'ultimo. [A proposito di Green Hornet, vi consiglio la visione del film omonimo uscito nelle sale qualche anno fa. La regia è semplicemente meravigliosa e, per motivi che mi sfuggono, ho da sempre un debole per i dialoghi scritti da Seth Rogen. NdNedo]
  • In una storia della Justice League in cui la realtà veniva per l’ennesima volta alterata, il piccolo Bruce Wayne è testimone della morte dei propri genitori dopo la visione di un film su un pistolero del west (chissà chi potrebbe essere!), al contrario del classico Zorro delle origini canoniche. Batman diventa quindi un vigilante armato di due pistole. Fichissimo.
  • Se avete avuto la fortuna di leggere Planetary di Warren Ellis, saprete benissimo che uno dei cattivi, William Leather, è il discendente di un tale Dead Ranger, nome reale John Leather (mmmmmh), un vigilante che usa proiettili d’argento, con la sola differenza che la punta è coperta di mercurio per intossicare il nemico. John è il padre di un century baby: Bret Leather (Green Hornet di nome fa Britt) che diventerà noto alle cronache come il vigilante The Spider. Planetary è zeppo di citazioni e certo non stupisce.

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