sabato 6 luglio 2013

Queste cose accadono solo nei fumetti (anche nell'antico Egitto)

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Qualche giorno fa la mia onniscienza è stata richiesta da Nedo Blocchi per dirimere una vexata quaestio se il primo fumetto risalisse o meno al dodicesimo secolo anno domini vox: un ameno estratto dalla Bibbia di Stephan Harding dove è descritta la vita di re Davide a strisce con didascalie. 

Il testo c’era, le immagini pure e si svolgeva anche la temporalità delle gesta. Se questo è un fumetto, be'… lo stesso si potrebbe dire delle vetrate istoriate delle cattedrali gotiche, o dei codici miniati medievali ma perfino greci e latini, ma anche i cartelloni dei cantastorie che gironzolavano fino a qualche decennio fa per le fiere. 
Allora tutto ciò ha un antesignano più blasonato nel Paese che ha dato origine a tutto, secondo i libri di storia, fisica, chimica, informatica, di Roberto Giacobbo: l’antico Egitto
Sono proprio i nostri amici egizi che hanno creato il fumetto nelle rappresentazioni all’interno delle tombe del terzo millennio a.C.: scene di vita quotidiana, caccia, pesca, allevamento, accompagnate dalle parole dei singoli protagonisti, talvolta anche con qualche battuta! 
Sì, perché, una volta che lo scriba si era appropriato del nuovo mezzo di comunicazione, per quanto esso fosse rigidamente sotto il controllo dello stato, controllo che si esemplificava nella ripetizione di formule e di tipologie che non sembravano ammettere eccezioni, ecco che lo stesso scriba si lasciava scappare qualche battuta.


Le scene in questo modo prendono realmente vita anche se la scelta stilistica dell’arte egizia sembra, agli occhi più sprovveduti, rinunciare a un qualsivoglia accenno di movimento. Ma non è così in realtà. Se nelle scene principali, quelle che sicuramente dovevano passare al vaglio del committente (e sottolineo committente perché gli operai venivano pagati per il loro lavoro!), ogni tanto in qualche registro si notano accenni che debordano l’ortodossia voluta dalla corte: animali che si accoppiano, scambio di male parole tra giovani e vecchi operai, accenni a un tentativo di dinamismo nella scena, tutto un “rituale” quotidiano che essendo considerato caotico doveva essere taciuto o ben celato. E quale miglior modo di nascondere una cosa che metterla sotto gli occhi di tutti? Uno spirito da crime story e già la moderna intuizione che per quanto lo stato possa effettuare un controllo sulla popolazione, con l’ironia figurata si poteva, non scardinare, ma dare una salutare spallata a un sistema granitico. Ed è ugualmente straordinario che i primi esempi di favole (per tacer del fantastico) in Egitto e sempre nell’ambiente scribale, dimostrando ancora una volta che l’erudizione non sterile produce le migliori forme di arte e letteratura (tra cui il fumetto): animali che parodiano occupazioni e attività umane, il mondo alla rovescia…siamo di nuovo alla satira!

Ma anche alla favola! E dai pochi documenti sopravvissuti si nota che i canoni moderni della definizione di favola sembrano essere tutti rispettati: animali con comportamenti e difetti degli uomini, presenza di una “morale”, benché sottintesa e forse nemmeno così centrale nella storia.
Ieri come oggi, a seconda del target che si voleva raggiungere il disegno e il sottinteso si facevano più complessi. Si tratta dello stesso passaggio a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni nel mondo del fumetto contemporaneo: tra il «Corriere dei piccoli» e le ultime rivisitazioni Marvel o DC Comics il divario è enorme.


La discriminante ieri come oggi è stata quella di aver finalmente concepito il fumetto non come opera ma come linguaggio comunicativo a trecentosessanta gradi, un percorso reso possibile dalla stessa evoluzione culturale degli stessi lettori. 
Se ancora in Italia il fumetto è considerato settore di nicchia o infantile, in altri Paesi siamo anni luce avanti. Prova di questo paradosso fu l’arrivo in Italia delle opere di E.P. Jacobs. 
Come podromo alla pubblicazione nei classici dell’audacia del “Mistero della grande piramide”, il maestro fece un’introduzione di due tavole sulla scoperta della tomba di Tutankhamon cercando di far comprendere come il fumetto non fosse solo un passatempo infantile (sì, lo so; ho scelto un esempio da un fumetto che parla dell’Egitto, perdonatemi… potrebbe essere la scusa per scrivere un articolo sull’Egitto nel fumetto, che ne dite?). 
E ovviamente si trascende anche nell’erotico, esacerbando le capacità amatoriali e sottolineando il ridicolo dell’uomo rispetto alla donna.


È lo stesso taglio ironico di alcuni classici italiani del fumetto erotico, dove il protagonista rispetto ad altri comprimari spesso e volentieri non raggiunge il traguardo prefissato, oppure ne vengono raccontate le imprese in maniera del tutto ironica (si pensi al divertente Lando), esagerando gli attributi dei personaggi fino ad una vera e propria esasperazione, come è possibile ritrovare in alcuni capitoli dei manga stile Hentai con la connotazione europea del significato. 
Interessante fatto che il materiale egizio di questa tipologia ci è giunto da un ambiente di cultura elevata: vuoi vedere che gli antichi abitanti della terra del Nilo avevano scoperto che del sesso si può anche ridere? Oppure, possiamo aggiungere guardando il personaggio, che il potente di turno, vecchio satiro, poteva utilizzare il suo potere per godere di giovani fanciulle ma nella realtà le scene che si verificavano erano di un “contemporaneo” ridicolo e il saggio scriba decise di metterlo alla berlina?
Ma forse gli egiziani fecero qualcosa di più (e già non sembra poco tutto questo). 
Inventarono il concetto di narrazione visiva in sequenza, potremmo dire strisce e tavole. Ne è prova ben conosciuta da tanti il cosiddetto Libro dei Morti (ma in realtà qualsiasi rituale egizio è rappresentato in sequenza con fumetti e testi esplicatori). Si tratta di quel lunghissimo rotolo di papiro con centinaia di formule che dovevano garantire la sopravvivenza delle diverse anime del defunto, che aveva una delle sue scene centrali nella famosa psicostasia o pesatura del cuore (che tutti dovremmo ricordare).

E anche se si chiama psicostasia, si tratta della pesatura del cuore, per gli antichi egizi la fonte dell’energia e del giudizio, dove albergava il libero arbitrio dell’uomo: e per questo motivo è il cuore, nella bilancia del giudizio dei morti, a contrapporsi alla piuma della Maat, la verità, la giustizia. 
Era talmente importante in questa fase di giudizio che sullo scarabeo, detto del cuore perché posto sopra di esso durante la mummificazione, si scriveva questa formula: «Cuore mio di mia madre, cuore mio della  mia esistenza sulla terra. Non levarti contro di me come testimone, non ti opporre a me nel tribunale, non agire contro di me davanti agli dei, non mostrarmi ostilità davanti al grande dio, signore dell’Occidente… cosicché io possa essere durevole sulla terra, possa non morire nell’Occidente, possa essere là uno spirito glorioso per l’eternità».

Questa scena è preceduta da tutta la coreografia del funerale, fino al momento i cui il corpo del defunto abbandona il mondo dei vivi e tra le braccia di Anubi entra nel mondo dei morti, della sopravvivenza ai pericoli dell’aldilà; ed è seguita dal raggiungimento del cosiddetto paradiso.



Ogni formula del testo è quindi preceduta da un disegno che la esplica, ma che messo in sequenza con gli altri ne è un valido sostituto: quindi una storia con morti, demoni, divinità, dove l’uomo deve lottare per la sua salvezza, usando anche la magia, fino al lieto fine. 
Siamo in piena definizione del fumetto di McCloud che descrive il medium come «immagini e altre figure giustapposte in una deliberata sequenza, con lo scopo di comunicare informazioni e/o produrre una reazione estetica nel lettore»
E difatti il proprietario del Libro dei Morti poteva capire ciò che lo aspettava dopo la morte guardando le vignette (anche se analfabeta), mettendo a fuoco le delizie di una vita postuma assieme alla certezza della morte definitiva nel caso il suo comportamento in vita fosse stato esecrabile. Chissà quanti spin off a livello di favola nacquero nelle case egizie, raccontati dai padri ai figli, che andavano oltre rispetto all’originale testo, e chissà quante varianti grafiche furono create (una di sicuro è La veglia di Sandman del nostro Neil Gaiman). Purtroppo l’archeologia ad oggi non ci ha reso niente che possa rispondere concretamente a questa domanda.



Nell’ultima parte della storia egizia opere di questo genere sono testimoni della lenta morte della cultura egiziana. 
Nel corso del primo millennio a.C., quando l’Egitto è ormai un paese sotto controllo di faraoni stranieri (persiani, greci, romani), i sacerdoti e gli scribi, portatori della cultura, scelgono di salvare questa riempiendo i muri dei templi con tutta una serie di testi, rituali, immagini. 

Il tempio diviene libro, ma essendo esso precluso alla maggioranza della popolazione, la cultura implode in se stessa decretando la morte della civiltà egizia. Le sole figure, i fumetti a mo’ di glossa ormai non bastano più a far comprendere un testo, anche perché la stessa lingua si è evoluta e documenti vecchi ormai di tre millenni sono difficilmente intellegibili. 

Esplode la simbologia egizia e il mito dell’Egitto esoterico che ancora oggi arricchisce scrittori poco etici, associazioni più o meno in ombra, e programmi tv di bassa lega. E un saggio egizio nel III secolo fece questa profezia: «[…] O forse non sai, o Asclepio, che l’Egitto è un’immagine del cielo, o, il che è più vero un trasferimento e una discesa di tutto quel che è governato ed esercitato nel cielo? E se bisogna dire con più verità, il nostro paese è il tempio del mondo intero. Eppure, poiché bisogna che il saggio tutto preveda, non vi è lecito ignorare questo: tempo verrà in cui apparirà che invano l’Egitto abbia con instancabile religiosità onorato piamente la divinità; e tutta la santa venerazione degli dèi cadrà vanificata. Dalla terra, infatti, la divinità si ritirerà al cielo, ed abbandonerà l’Egitto: e quella terra che era stata la sede della religione perderà la sua gloria, vedovata della presenza degli dèi… Allora questa terra santissima sede di sacrari e di templi sarà piena di sepolcri e di morti. O Egitto, Egitto! Della tua religione solo sopravvivranno le favole, ed anche quelle incredibili ai tuoi posteri, e solo avanzeranno le parole incise sulle pietre che narreranno le tue pie imprese».

Ma siamo arrivati alla fine e quindi, possiamo ribaltare tutto questo pedante discorso di mummificata erudizione e dire che il fumetto è nato nel secolo scorso con Yellow Kid, o le opere di Barks o degli autori Marvel e DC o Bonelli, e perché Gaiman no?!?!? O le vignette sui giocatori di Magicche della ragazza di ciccioriccio?!?! 
Gli antichi egizi inventarono un nuovo linguaggio, dopo secoli di letteratura orale: alle immagini sublimarono il testo scritto, delle quali non fu solo un supporto, ma unendosi insieme portarono l’uomo a fare un passo in un mondo più vasto.

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