giovedì 2 maggio 2013

Repetita Iuvant + Dat App = Ascension

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Esiste forse qualcosa di peggio al mondo che creare una nuova rubrica ogni volta che devo parlare di qualcosa per poi non portarla avanti? No, Justin Bieber non è una risposta valida. Nemmeno Twilight o uno qualsiasi dei suoi protagonisti/sceneggiatori/registi/personaqualunque.
Ebbene sì, sono riuscito a trovare per voi la risposta e applicarla seduta stante: unirne due tra loro!


Non preoccupatevi, sono un simpatico burlone, o almeno mi sforzo a esserlo con risultati in tutta onestà  contrastanti e incostanti. Ma questa è un’altra storia. Che prima o poi vi tocca. Baggianate a parte, le rubriche continueranno, non temete, mentre questo mix non lo farà, a meno che non si ripropongano altre ghiotte occasioni. Ma cercherò di non farlo accadere, prometto.
Scusate, ma è forse colpa mia se gli autori di un board game hanno deciso di trasferirlo anche su iOS e Android? Certo che no. Lasciamo perdere che io sia andato a beccare proprio uno di quei titoli, del mio autolesionismo parlo già abbastanza sul lettino del mio medico specializzato. Il dott. Menghiada, noto veterinario.

Partiamo dall’inizio: i Deckbuilding Game. Cosa sono? Si tratta di quella categoria di board game che ha come padre il plurinominato Dominion di Vaccarino. I giocatori si ritrovano solitamente con uno scarno mazzetto iniziale e tante pile di carte sul tavolo; durante la partita dovranno poi utilizzare le carte presenti nel proprio mazzo per procurarsene di nuove, aggiungerle alle precedenti e continuare a totalizzare il maggior numero di punti mediante, appunto, la costruzione del proprio mazzo, da cui il nome della categoria.
Sono stati tanti gli autori e le case produttrici a cimentarsi in quest’impresa, includendo anche marchi celebri come Resident Evil, DC, Marvel Comics e World of Warcraft, non soddisfatto dall’avere già il Gioco di Carte Collezionabili. Tra questi, annoveriamo Ascension: Chronicle of the Godslayer.

Perché tra tutti menzioniamo proprio lui? Perché è il migliore per confondervi le idee e mischiare le rubriche. Questo e il fatto che è l’unico del quale posso dirmi certo di aver superato la partita numero cento, cosa che per la cronaca non sarà requisito base per vedere un gioco su Repetita Iuvant? altrimenti sarebbe destinato a durar ben poco come appuntamento!

Prima partita


Ho giocato per la prima volta in quattro giocatori, con tre esperti cartofili, vittime di svariati tipi di droghe legalizzate collezionabili. Con loro ho fatto riabilitazione da sostanze come Vs System, Magic, World of Warcraft e molte altre insospettabili quali Yu-Gi-Oh! Huntik e svariata altra roba che affolla i miei incubi ancora oggi.
Consegnati i mazzetti iniziali a ogni giocatore, abbiamo poi disposto le carte nei sei spazi resi disponibili dal gioco. Da subito è sembrato molto carino, è scattata la domanda “facciamo la seconda?”, sintomatica di un gioco potenzialmente di successo.


Seconda partita


Ancora divertente, ancora giocato in quattro. Qui ci era già sorto un dubbio: ma sei spazi soltanto saranno sufficienti per dar un peso maggiore alla strategia di gioco rispetto alla fortuna di cosa sarebbe stato piazzato a carta conquistata? Abbiamo ignorato il “NO” tonante del giocatore sconfitto e ci siamo addentrati nei giorni a ulteriori test e partite. Fino a quando non abbiamo perso tutti. E si sa, un giocatore ritiene un gioco bilanciato finché non ci perde. Almeno, la gente brutta che conosco io è spesso così.

Quinta partita


A questo punto avevamo perso tutti. E tutti ci siamo sentiti vicendevolmente frustrati. Ma ad una più attenta analisi abbiamo concluso che non fosse solo colpa del demone del gioco: era oggettivamente così. In una partita a quattro giocatori, numero massimo per inciso, la velocità con cui venivano cambiate le carte in tavola era così ampia da non consentire un granché in termini di pianificazione. Inoltre aggiungiamo che ci sono due strade nettamente in contrapposizione da poter perseguire e rimane naturale pensare a come uno possa specializzarsi in combattimento per poi non trovare mai mostri e ridursi a fare pochi punticini coi cultisti, o viceversa andare fortissimo sull’acquisizione carte per trovarsi dinnanzi ad un muro di combattimento che lascia spazio solo a infiniti mistici. O a spostarsi sulla milizia, rendendo così il proprio mazzo un’accozzaglia ibrida completamente soggetta al caso.
Rimaneva d’altro canto un peccato, si vedeva che il gioco aveva potenziale, che le fazioni erano ben strutturate e probabilmente anche in un certo senso bilanciate. Tranne i costrutti Mechana; se li lasci tutti a un giocatore, è come lasciar scegliere i giocatori NBA a un'altra squadra se si cerca di comporre un dream team di Basket internazionale. I miei paragoni diventano sempre più complessi e inefficaci. Devo ricordarmi di fissare il prossimo appuntamento col dott. Menghiada.

Decima partita


Sono arrivato a giocarla solo dopo un’attenta considerazione: divertente sì, ma molto meglio in due. Il ricambio carte è meno incisivo, la specializzazione tematica è più fattibile e in generale il gioco ne guadagna molto in termini di scelte strategiche attuabili. Ecco quindi che le partite dalla sesta alla decima si son svolte sempre in uno contro uno e la godibilità del gioco è rimasta alta. Da lì a poco però, avrei comunque abbandonato il gioco. Dopotutto la copia non era mia, giocavo con quella acquistata da due o tre amici che a loro volta si sono disinnamorati del tutto in breve tempo. Non sospettavo minimamente cosa sarebbe accaduto dopo.


Cinquantesima partita


Il pathos creato con la precedente affermazione è pari forse solo a quello di uno che si ritrova a guardare oggi per la prima volta Guerre Stellari e vedendo Darth Fener far la sua prima comparsa sullo schermo commenta «Ah, guarda: il padre di Luke».
Ebbene sì, ecco che arriva la parte dove coinvolgo Dat App.
Un bel giorno di discreta noia diffusa, scarico un po’ scettico la versione per iPhone. Avvio una partita e la concludo in dieci minuti. Però, buono. In effetti tagliando i tempi di preparazione e disallestimento, quelli di gioco rimangono molto brevi. Inoltre non dover mescolare sono altri minuti guadagnati e giocare con una intelligenza artificiale piuttosto che con un bradipo affetto da atrofia muscolare velocizza ulteriormente il tutto. Prendendoci poi mano, la durata delle partite si avvicinava ai 5 minuti o anche meno a seconda del setup iniziale. Non ci volle molto perché mi accorsi di essere dipendente da un’altra droga. Giocato a quei ritmi era diventato il passatempo ideale, il degno sostituto di Ratman durante i bisogni quotidiani (sì, sono regolare, problemi?), o a Facebook finché aspetto che sia pronto il caffè, insomma un riempitivo perfetto. Tanto da inventarsi i momenti in cui si necessita realmente di un riempitivo. Attenzione: il semaforo rosso non è consigliabile. Fidatevi.

Centesima partita


Non è cambiata una virgola dalla cinquantesima, né l’ha fatto alla cinquecentesima, né alla millesima. Perché escludo di averne giocate di meno. Giocabile offline, senza dover affannarsi a migliorare il proprio mazzo con aggiunte costosissime o obbiettivi irraggiungibili, senza problematiche di sorta.
Partita in cinque minuti, senza implicazioni, esperienza di gioco pulita, priva di esigenze. Quelle caratteristiche che ti portano a non staccarti mai dallo schermo.   
Ora vi saluto che sono in sala d’aspetto. Chissà perché tutti questi cani e gatti. Vabbe', finché non arriva il dottore mi faccio quelle due, trecento partite ad Ascension




Deo Divvi, non pago di bloggare a vanvera, è anche impegnato in 2 progetti largamente attinenti al mondo del fantastico: un serial book fantasy dal nome "Il Cubo di Enascentia" e Thy Shirt, un sito di magliette nerd.
Collabora inoltre con Cultura Ibrida, il blog della casa editrice Lettere Animate.

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