Esiste forse qualcosa di peggio al mondo che creare
una nuova rubrica ogni volta che devo parlare di qualcosa per poi non portarla
avanti? No, Justin Bieber non è una risposta valida. Nemmeno Twilight o uno
qualsiasi dei suoi protagonisti/sceneggiatori/registi/personaqualunque.
Ebbene sì, sono riuscito a trovare per voi la
risposta e applicarla seduta stante: unirne due tra loro!
Non preoccupatevi, sono un simpatico burlone, o almeno mi sforzo a esserlo con risultati in tutta onestà contrastanti e incostanti. Ma questa è un’altra storia. Che prima o poi vi tocca. Baggianate a parte, le rubriche continueranno, non temete, mentre questo mix non lo farà, a meno che non si ripropongano altre ghiotte occasioni. Ma cercherò di non farlo accadere, prometto.
Scusate, ma è forse colpa mia se gli autori di un
board game hanno deciso di trasferirlo anche su iOS e Android? Certo che no.
Lasciamo perdere che io sia andato a beccare proprio uno di quei titoli, del
mio autolesionismo parlo già abbastanza sul lettino del mio medico
specializzato. Il dott. Menghiada, noto veterinario.
Partiamo dall’inizio: i Deckbuilding Game. Cosa
sono? Si tratta di quella categoria di board game che ha come padre il
plurinominato Dominion di Vaccarino. I giocatori si ritrovano solitamente con
uno scarno mazzetto iniziale e tante pile di carte sul tavolo; durante la
partita dovranno poi utilizzare le carte presenti nel proprio mazzo per
procurarsene di nuove, aggiungerle alle precedenti e continuare a totalizzare
il maggior numero di punti mediante, appunto, la costruzione del proprio mazzo,
da cui il nome della categoria.
Sono stati tanti gli autori e le case produttrici a
cimentarsi in quest’impresa, includendo anche marchi celebri come Resident Evil,
DC, Marvel Comics e World of Warcraft, non soddisfatto dall’avere già
il Gioco di Carte Collezionabili. Tra questi, annoveriamo Ascension: Chronicle
of the Godslayer.
Perché tra tutti menzioniamo proprio lui? Perché è
il migliore per confondervi le idee e mischiare le rubriche. Questo e il fatto
che è l’unico del quale posso dirmi certo di aver superato la partita numero cento,
cosa che per la cronaca non sarà requisito base per vedere un gioco su Repetita
Iuvant? altrimenti sarebbe destinato a durar ben poco come appuntamento!
Prima partita
Ho giocato per la prima volta in quattro giocatori, con tre esperti cartofili, vittime di svariati tipi di droghe legalizzate collezionabili.
Con loro ho fatto riabilitazione da sostanze come Vs System, Magic, World of
Warcraft e molte altre insospettabili quali Yu-Gi-Oh! Huntik e svariata altra
roba che affolla i miei incubi ancora oggi.
Consegnati i mazzetti iniziali a ogni giocatore, abbiamo
poi disposto le carte nei sei spazi resi disponibili dal gioco. Da subito è
sembrato molto carino, è scattata la domanda “facciamo la seconda?”,
sintomatica di un gioco potenzialmente di successo.
Seconda partita
Ancora divertente, ancora giocato in quattro. Qui ci era
già sorto un dubbio: ma sei spazi soltanto saranno sufficienti per dar un peso
maggiore alla strategia di gioco rispetto alla fortuna di cosa sarebbe stato
piazzato a carta conquistata? Abbiamo ignorato il “NO” tonante del giocatore
sconfitto e ci siamo addentrati nei giorni a ulteriori test e partite. Fino a
quando non abbiamo perso tutti. E si sa, un giocatore ritiene un gioco
bilanciato finché non ci perde. Almeno, la gente brutta che conosco io è spesso
così.
Quinta partita
A questo punto avevamo perso tutti. E tutti ci
siamo sentiti vicendevolmente frustrati. Ma ad una più attenta analisi abbiamo
concluso che non fosse solo colpa del demone del gioco: era oggettivamente
così. In una partita a quattro giocatori, numero massimo per inciso, la velocità con
cui venivano cambiate le carte in tavola era così ampia da non consentire un
granché in termini di pianificazione. Inoltre aggiungiamo che ci sono due
strade nettamente in contrapposizione da poter perseguire e rimane naturale
pensare a come uno possa specializzarsi in combattimento per poi non trovare
mai mostri e ridursi a fare pochi punticini coi cultisti, o viceversa andare
fortissimo sull’acquisizione carte per trovarsi dinnanzi ad un muro di
combattimento che lascia spazio solo a infiniti mistici. O a spostarsi sulla
milizia, rendendo così il proprio mazzo un’accozzaglia ibrida completamente
soggetta al caso.
Rimaneva d’altro canto un peccato, si vedeva che il
gioco aveva potenziale, che le fazioni erano ben strutturate e probabilmente
anche in un certo senso bilanciate. Tranne i costrutti Mechana; se li lasci
tutti a un giocatore, è come lasciar scegliere i giocatori NBA a un'altra squadra
se si cerca di comporre un dream team di Basket internazionale. I miei paragoni
diventano sempre più complessi e inefficaci. Devo ricordarmi di fissare il
prossimo appuntamento col dott. Menghiada.
Decima partita
Sono arrivato a giocarla solo dopo un’attenta
considerazione: divertente sì, ma molto meglio in due. Il ricambio carte è meno
incisivo, la specializzazione tematica è più fattibile e in generale il gioco
ne guadagna molto in termini di scelte strategiche attuabili. Ecco quindi che
le partite dalla sesta alla decima si son svolte sempre in uno contro uno e la
godibilità del gioco è rimasta alta. Da lì a poco però, avrei comunque abbandonato
il gioco. Dopotutto la copia non era mia, giocavo con quella acquistata da due
o tre amici che a loro volta si sono disinnamorati del tutto in breve tempo. Non
sospettavo minimamente cosa sarebbe accaduto dopo.
Cinquantesima partita
Il pathos creato con la precedente affermazione è pari
forse solo a quello di uno che si ritrova a guardare oggi per la prima volta Guerre
Stellari e vedendo Darth Fener far la sua prima comparsa sullo schermo commenta
«Ah, guarda: il padre di Luke».
Ebbene sì, ecco che arriva la parte dove coinvolgo Dat App.
Ebbene sì, ecco che arriva la parte dove coinvolgo Dat App.
Un bel giorno di discreta noia diffusa, scarico un
po’ scettico la versione per iPhone. Avvio una partita e la concludo in dieci minuti. Però, buono. In effetti tagliando i tempi di preparazione e
disallestimento, quelli di gioco rimangono molto brevi. Inoltre non dover
mescolare sono altri minuti guadagnati e giocare con una intelligenza
artificiale piuttosto che con un bradipo affetto da atrofia muscolare velocizza ulteriormente il tutto. Prendendoci
poi mano, la durata delle partite si avvicinava ai 5 minuti o anche meno a
seconda del setup iniziale. Non ci volle molto perché mi accorsi di essere
dipendente da un’altra droga. Giocato a quei ritmi era diventato il passatempo
ideale, il degno sostituto di Ratman durante i bisogni quotidiani (sì, sono
regolare, problemi?), o a Facebook finché aspetto che sia pronto il caffè,
insomma un riempitivo perfetto. Tanto da inventarsi i momenti in cui si necessita
realmente di un riempitivo. Attenzione: il semaforo rosso non è consigliabile.
Fidatevi.
Centesima partita
Non è cambiata una virgola dalla cinquantesima, né
l’ha fatto alla cinquecentesima, né alla millesima. Perché escludo di averne
giocate di meno. Giocabile offline, senza dover affannarsi a migliorare il
proprio mazzo con aggiunte costosissime o obbiettivi irraggiungibili, senza problematiche
di sorta.
Partita in cinque minuti, senza implicazioni, esperienza di gioco pulita, priva di esigenze. Quelle caratteristiche che ti portano a non staccarti mai dallo schermo.
Partita in cinque minuti, senza implicazioni, esperienza di gioco pulita, priva di esigenze. Quelle caratteristiche che ti portano a non staccarti mai dallo schermo.
Ora vi saluto che sono in sala d’aspetto. Chissà
perché tutti questi cani e gatti. Vabbe', finché non arriva il dottore mi faccio
quelle due, trecento partite ad Ascension…
Deo Divvi, non pago di bloggare a vanvera, è anche impegnato in 2 progetti largamente attinenti al mondo del fantastico: un serial book fantasy dal nome "Il Cubo di Enascentia" e Thy Shirt, un sito di magliette nerd.
Collabora inoltre con Cultura Ibrida, il blog della casa editrice Lettere Animate.
Collabora inoltre con Cultura Ibrida, il blog della casa editrice Lettere Animate.
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